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Bambinate

Letteratura italiana

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La ferocia dell'infanzia non conosce tempo, né confini. Ogni giorno è pronta a esplodere. Anche se a tutti fa comodo pensare sia per gioco, altro non è che il primo irrompere della violenza nella vita degli uomini. In questo romanzo asciutto e teso, Piergiorgio Paterlini torna ad affrontare le passioni dei ragazzi, nel loro tratto più oscuro e inquietante. Metà anni Sessanta. È il Venerdì Santo in un paesino della Bassa Padana e, come da tradizione, si rappresenta la Via Crucis. Anche i personaggi sono quelli della tradizione: le Pie Donne, il Sommo Sacerdote, il Cireneo, la soldataglia. E Pilato. I protagonisti, però, sono tutti bambini e nessuno di loro sta recitando, nemmeno il piccolo Cristo che viene trascinato sul Golgota. Gli adulti guardano, ma non vedono. Cinquant'anni dopo, il ragazzo che allora era Pilato ritorna in paese. Tutto è rimasto come quel giorno, i cambiamenti hanno intaccato soltanto la superficie. I bambini feroci di un tempo sono ora uomini sconfitti e rancorosi, e quel povero Cristo invecchiato ha imparato a portare la sua croce. La resa dei conti sarà crudele come allora fu spietato il gioco. Anche oggi è il giorno della Passione.



Recensione della Redazione QLibri

 
Bambinate 2017-09-24 06:56:20 Antonella76
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Antonella76 Opinione inserita da Antonella76    24 Settembre, 2017
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La ferocia del branco...



La ferocia del branco.
Il branco che usa il suo potere contro chi non ha strumenti per difendersi, ma nonostante questo non chiede, non supplica, non implora...
Sopporta l'umiliazione, trascina in silenzio la sua croce.
E gli adulti dove sono? Non ci sono...e se ci sono non guardano...e se guardano non capiscono...e se capiscono ignorano.
Ciechi..."ciechi che, pur vedendo, non vedono".
Oppure semplicemente scelgono di non parlare, di non fare, di non agire.
..."bambinate", dicono...
Bambinate che possono distruggere una vita, più vite, procurare ferite che non guariranno mai.
Ma per qualcuno il passato non vuole proprio saperne di passare.
E quindi torna.
Torna dove tutto è cominciato.
Passato e presente si sovrappongono in una via crucis che rivive, a distanza di cinquant'anni, la crocefissione di chi aveva solo lampi di paura negli occhi, e sgomento, e rabbia, e impotenza, e umiliazione, e rassegnazione...e neanche una madre a piangere ai piedi della croce.
Il Golgota dell'innocenza.
Ma questa volta, dopo cinque decenni, colui che si comportò come Ponzio Pilato sceglie di non lavarsene le mani.
Partecipa a quell'ultima cena, ma c'è un grande assente: quel Gesù che, dimenticato, ha scelto di dimenticare lui stesso, sempre più intelligente di tutti, ma sempre solo...
Quelli che erano stati i persecutori sono diventati degli adulti infelici, rancorosi, insoddisfatti, fintamente inconsapevoli del male perpetrato.
Si sono autoassolti all'interno di quella maledetta parola...bambinate.

Pasolini diceva che i bambini sanno "raffinatamente" far soffrire i loro coetanei, perché la loro volontà di far del male è gratuita, è una violenza allo stato puro.
Paterlini ha avuto il coraggio di togliere tutto lo strato zuccherino che riveste l'infanzia nell'immaginario collettivo e di restituire ad ognuno il giusto ruolo e ad ogni cosa il termine esatto.

Io ho sofferto, ho sofferto tanto, ad ogni pagina (soprattutto nella prima metà), una volta finito ho fatto fatica a trovare le parole da scrivere...mi morivano tutte in gola.
Un argomento che "sento" molto...e che Paterlini ha trattato senza mezze misure, con un linguaggio terso, efficace, duro.
Come dura è la realtà di chi questo inferno lo sta attraversando o l'ha già passato...e magari continua silenziosamente a portare la sua croce.

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Bambinate 2018-09-11 05:02:00 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    11 Settembre, 2018
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Sei ossessionato da quella vecchia storia

Bambinate di Piergiorgio Paterlini sfata il mito dell’infanzia concepita come età della purezza e dell’innocenza.
Nossignori, i bambini non sono innocenti, sanno essere davvero cattivi, lo aveva già sostenuto Pasolini: “Il conformismo degli adulti è tra i ragazzi già maturo, feroce, completo. Essi sanno raffinatamente come far soffrire i loro coetanei: e lo fanno meglio degli adulti perché la loro volontà di far soffrire è gratuita. È una violenza allo stato puro” (Pasolini, Lettera a Gennariello),

Dopo cinquant’anni
(Venerdì santo 3 aprile 2015
16 aprile 1965 venerdì santo via crucis)
il narratore – ormai divenuto ricercatore affermato ed espatriato - torna al suo paese natale e viene tempestato dai ricordi (“Quando la Processione, terminato il suo lungo giro, ritorna sbucando da una via laterale, sono ancora lì, paralizzato da questo viaggio nel tempo”) nel venerdì santo (“Un altro Venerdì Santo, cinquant’anni fa esatti”). L’occasione del ritorno è una rimpatriata: la classica cena di classe (“La quinta elementare Marconi del 1965 si ritrova a festeggiare i cinquant’anni”). Proprio lì, nel paesino, tanti anni prima si è consumato un atto crudele di bullismo nei confronti di Dennis detto Semo, il compagno più debole. Lui aveva assistito all’infamia, ma non aveva avuto la forza di contrastare la violenza del branco e si era comportato come Ponzio Pilato…

Ma Ponzio Pilato oggi è risoluto: vuole affrontare Ermes, il responsabile (“Sei ossessionato da quella vecchia storia”), reagire a scoppio ritardato e sfogare un dolore covato per tanti anni…

Giudizio finale: vindice, atroce, punitivo.

Bruno Elpis

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Bambinate 2018-02-17 18:16:01 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    17 Febbraio, 2018
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Una "via Crucis" adolescenziale

Piergiorgio Paterlini edita con Einaudi Bambinate. Splendida ed angosciante è la storia di un gruppo di adolescenti negli anni Sessanta nella Bassa Padana, che si accaniscono con crudeltà contro il soggetto più fragile. L’io narrante è connivente, non interviene ed assiste.
Il povero ragazzo (Semo), Denis è un piccolo Cristo trascinato nel Golgota. Emerge la ferocia del branco, così come l’assenza degli adulti che ritengono il comportamento dei ragazzi, “bambinate, appunto, mentre possono invece distruggere una vita. In una sovrapposizione tra passato e presente, rivive per l’io narrante una via crucis a distanza di cinquant’anni. Con un linguaggio duro, terso, particolarmente efficace, l’autore smaschera l’immagine zuccherosa dell’infanzia, così come fece Golding ne Il signore delle mosche esprimendo nell’imbarbarimento dei ragazzi sull’isola il ritorno ad uno stato di natura che abbatte ogni morale: quel male atavico che sgorga dall’indifferenza nei confronti del dolore prodotto dalle proprie atrocità. I bambini crudeli sono divenuti uomini indifferenti. Quando il ragazzo che nel Venerdì Santo insieme ai personaggi della tradizione aveva rappresentato Pilato, torna al paese scopre che tutto è rimasto come quel giorno. Semo incarna ancora quel Golgota dell’innocenza, i cambiamenti hanno intaccato solo la superficie e i bambini feroci sono uomini rancorosi e sconfitti. La resa dei conti è crudele come un tempo fu spietato il gioco. Il protagonista riporta a galla il dolore annidato al fondo di infanzie perfette dove si è vittime o carnefici. La chiave narrativa è proprio la via crucis e la passione di Cristo. La metafora religiosa e un complesso rapporto con il Dio cattolico innervano il libro, inquietante e profondo.

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