Anime scalze
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Bello ma esageratamente lento
“Papà è rimasto fermo e silenzioso a studiare l’armadio per un tempo infinito. Lo ricordo perché a me scappava la pipí, ma non volevo andare a farla perché a quel punto, a furia di vedere sparire la gente, avevo paura che uscito dal bagno non avrei trovato più nessuno”.
Ercole è un ragazzino torinese di quattordici anni, la vita gli ha fatto mancare tanto ma gli ha anche donato una sorella, Asia, su cui poter contare. Un’infanzia costellata da delusioni lo porta a fare scelte che condizioneranno la sua vita. Un amore che nasce, uno che ricompare, un padre a cui badare e la vita che cambia e spesso noi, non siamo pronti a seguirne tutte le sue evoluzioni.
Fabio Geda racconta una storia che può essere simile a molte altre “In fondo, l’unico vero problema che io e Asia abbiamo mai avuto, quand’eravamo piccoli, erano gli agguati delle persone che cercavano di aiutarci; perché di fatto la nostra vita era così polverosa e irregolare che fare in modo che non se ne accorgesse nessuno era impossibile”, quello che lo contraddistingue è lo stile e il punto di vista che l’autore decide di seguire.
“Se penso a quante cose avevamo da dirci e a come evitavamo accuratamente di dirle c’è da non crederci. È straordinaria la nostra capacità di fare finta di niente, di soffocare le domande; perché per quanto non sapere possa farci stare male, c’è sempre la possibilità che la risposta possa farci stare peggio”.
Una storia davvero molto triste e dura che però vista con gli occhi di un adolescente fa un effetto diverso. Gli escamotage per non farsi trovare e vedere dalle “persone di cuore” mettono in luce come spesso il bene che gli altri vorrebbero per “noi” non è poi quello che “i più piccoli” cercano.
Ho apprezzato il protagonista anche se la sensazione di "lentezza" accompagna tutta la lettura. Altra cosa che personalmente non ho apprezzato è la scelta di non evidenziare la differenza fra un discorso diretto e uno indiretto, Geda non fa distinzione e se questo all’inizio può contraddistinguere il suo stile alla fine stanca il lettore o almeno me.
Il testo, a parte queste cose che ho evidenziato, è comunque piacevole e interessante. Ricordo che il protagonista è un adolescente e come tale il linguaggio scelto dall’autore fa riferimento a quell’età.
Vi lascio con questa frase:
“Sapevo di avere Viola alle spalle, le sentivo il fiato e intravedevo gli spruzzi del remo nell’acqua. E sapevo che non mi sarei dovuto voltare a cercarla. Procedevamo allo stesso ritmo, negli occhi la partenza, che quella la si conosce sempre, e nel respiro una quieta fiducia, come quella di certe anime scalze mentre risalgono i fiumi in cerca della sorgente”.
Buona lettura!
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Prendersi cura
Romanzo delicato sul disagio giovanile visto da dentro, dalla parte dei protagonisti, mentre al di là del vetro, a guardarli, ci siamo noi, “le persone di buon cuore”, quelle che vedono solo la punta dell’iceberg e si preoccupano delle cose in fondo meno importanti, provocando anche qualche danno nel tentativo di fare del bene e ferendo sensibilità tramite la pietà e la compassione.
Il disagio in questi romanzo ci appare meno crudo eppure più profondo perché non è rappresentato nelle difficoltà pratiche e materiali (per quelle ci sono le persone di buon cuore), ma soprattutto nei sentimenti. E’ un romanzo tutto sul prendersi cura e sull’abbandono. Quanto amore c’è nel prendersi cura e anche quanto ce ne può essere nel non riuscirci , e persino quanto se ne può nascondere nell’abbandono, nella fuga dagli affetti e dalle proprie responsabilità.
L’amore può prendere strade strane, contorte, perché si mescola alle nostre paure, debolezze, insicurezze, inadeguatezze. La differenza è data dalla forza (che la Forza sia con te!), e dunque distinguiamo chi riesce a vincere le proprie paure e a respingere i mostri al di là del muro e chi non ci riesce, non sempre almeno, e dunque fugge, o si rifugia in vizi e dolori che rinchiudono il proprio amore in spazi angusti di solitudine e smarrimento.
Fabio Geda, che prima di fare lo scrittore ha lavorato nei servizi sociali occupandosi di disagio giovanile, ci descrive adolescenti e persino preadolescenti che le necessità della vita fanno maturare prima del tempo, tanto da diventare più forti dei loro smarriti genitori: adulti prigionieri delle proprie debolezze, della difficoltà di comunicare, incapaci di incanalare il loro amore dentro argini sicuri e protettivi. Dimenticano purtroppo che di questo amore, anche se fragile, inespresso, o espresso malamente, seppellito o soffocato dalle abitudini e dalle tonnellate di orpelli che gravano sulla vita adulta, i figli hanno un disperato bisogno, lo richiedono più e prima di ogni altra cosa, tanto da farsi loro stessi argine contro le avversità, pur di ristabilire un contatto autentico con chi li ha messi al mondo.
La forza deriva frequentemente dal coraggio e in Anime Scalze conosciamo due ragazzi davvero coraggiosi, ognuno a suo modo. Il modo paziente e silenzioso di Asia, che a dodici anni si trova a supplire il ruolo di una mamma improvvisamente scomparsa, e il modo più appariscente di Ercole, che già nel nome contiene un destino di gesti ed imprese sopra le righe.
Nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza c’è un altro elemento imprescindibile: la ricerca della verità. Quando papà e mamma cessano di essere due maghi onnipotenti e onniscienti, si ha bisogno di vederli nella loro autentica umanità. Questo turba, preoccupa, impaurisce: eppure non c’è limite, difetto, colpa o delitto che possa frenare l’amore dei figli quanto invece può allontanarli la menzogna o l’occultamento della verità.
Gli adolescenti di Anime Scalze hanno tanto da insegnare agli adulti. Più che insegnare, riescono a disseppellire quelle qualità che gli adulti hanno ormai dimenticato, distratti da tante incombenze in fondo così poco importanti. E’ semplice, in fondo: alla base di tutto c’è il coraggio, che dà forza, e conduce alla verità. Coraggio, forza e verità creano quello stato di fiducia così importante per affrontare con serenità tutto il corso della vita.
“Sapevo di avere Viola alle spalle, le sentivo il fiato e intravedevo gli spruzzi del remo nell’acqua. E sapevo che non mi sarei dovuto voltare a cercarla. Procedevamo allo stesso ritmo, negli occhi la partenza, che quella la si conosce sempre, e nel respiro una quieta fiducia, come quella di certe anime scalze mentre risalgono i fiumi in cerca della sorgente”.
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Sentirsi abbandonati
E’ strano questo libro. Sembra scritto in maniera quasi adolescenziale, sembra forse anche un po’ superficiale, ma contiene inimmaginabili bombe di profondità. Racconta la storia di un ragazzino, la cui mamma lo abbandona per rifarsi una vita. Lui la va a cercare e la ritrova. Il momento in cui la rivede è molto emozionante, ti smuove dentro ogni tuo sentimento, perché ti fa capire quanto l’abbandono può essere una ferita non sanabile. E’ una storia di abbandono, ma anche di amore, nelle sue tante forme in cui è possibile: amore naturale di una madre verso un figlio, ma anche amore egoistico di una madre verso se stessa, amore viscerale di un figlio verso una madre, amore protettivo di una sorella verso un fratello, amore distratto di un padre verso i figli, amore dolce di un fratello verso un fratello inaspettato. E’ anche una storia di speranza, perché, quando si è feriti, ricucire le cose un lembo alla volta è possibile.
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Io non voglio comportarmi in modo diverso
Nel romanzo di Fabio Geda le Anime scalze sono il quindicenne Ercole Santià, la sorella Asia, il piccolo Luca: bimbi e ragazzi lasciati soli da adulti sconclusionati, incapaci di svolgere il ruolo di educatori e di guide.
Ercole è alle prese con il primo amore, quello per Viola, una ragazza di buona famiglia, che in lui coglie spontaneità e originalità. Ma Ercole deve affrontare una situazione familiare disastrosa: un padre buono, tuttavia facile all’ebbrezza; il rischio di interventi degli assistenti sociali; una madre sparita, alla quale risale grazie ad alcune cartoline che indirizzano verso Pinerolo e, da lì, a Erta.
Nella narrazione e nei dialoghi Geda assume, con efficacia di risultato, il punto di vista del quindicenne protagonista:
“E come facciamo?
Basta comportarsi in modo diverso.
Io non voglio comportarmi in modo diverso.
Allora non vuoi essere diverso da lui.
Non so. Forse no.”
La prospettiva è credibile (“Quell’estate… Un tempo a fisarmonica, con giorni lunghissimi e immobili, la polvere che galleggia nell’aria, e giorni veloci, come lepri che fuggono verso le tane, per non farsi catturare”), l’esito narrativo interessante (“Nel Cimitero Monumentale di Torino sono sepolte persone come Silvio Pellico, che ha passato un sacco di tempo in prigione; Galileo Ferraris, uno scienziato che ha dato il nome a un liceo; Ferrante Aporti, uno che si è occupato di educazione e per questo gli hanno intitolato il carcere minorile; Primo Levi, di cui ci hanno fatto leggere un libro, a scuola, che prima o poi devo rileggere perché secondo me diceva delle cose enormi e la mia testa era ancora troppo piccola; e il Grande Torino, la squadra intera morta nella tragedia di Superga…”).
Giudizio finale: generazionale, convincente, colpevolista.
Bruno Elpis
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L'adolescenza nuda di Fabio Geda
Fabio Geda pubblica con Einaudi Anime scalze.
Attraverso la struggente avventura di Ercole, un ragazzino costretto a diventare adulto, l’autore narra, con la pregnante leggerezza di cui è maestro, la fatica e la meraviglia di cercare un posto al mondo. Ercole è barricato sul tetto di un capannone, armato e circondato dalla polizia. Con lui c’è Luca, sei anni. Come sono finiti in quel luogo ameno? Fra primi amori, padri distratti, madri confuse e segreti scomodi con cui confrontarsi, saranno le pagine di Anime scalze a dircelo.
“Quella mattina, ricordo, scendendo dal furgone, afferrando il fucile dal sedile posteriore, ho guardato di sfuggita verso il bosco (…). Avevo quindici anni.”
Ercole Santià non ha avuto una infanzia facile, sempre a ricucire gli strappi quotidiani della vita. Lui e sua sorella Asia tirano avanti stento con suo padre, uomo tanto inadeguato quanto innocente. Vanno a scuola, crescono, si innamorano, qualche furtarello per sopravvivere… Fino a che ogni cosa intorno ad Ercole crolla. Nulla è in grado di fermare un tornado che tutto travolge, nemmeno Viola, l’amica del cuore. E’ sul punto di arrendersi quando viene a conoscenza del fatto che la madre, di cui non ha notizie da anni, vive non lontano da lui. L’incontro con lei lo mette di fronte alla necessaria reazione, compiendo una azione drammatica. Forse l’unica possibile, se vuole cambiare il proprio destino e quello delle persone che ama.
Buono nel profondo, ma dal destino segnato da un gesto avventato. Ci si arriva a tempo debito, alla svolta annunciata, ma senza grandi traumi. I ritmi sono diversi, più sonnacchiosi e pacifici. L’assedio, le volanti della polizia, non sono in realtà il momento clou. Aspetti qualcosa che non capita. Ciò che resta è un romanzo sincero, tenero. Nel linguaggio asciutto, ma nostalgico, tendente ai voli pindarici. Nei temi: le scelte fatte e quelle subite, le famiglie in cerca di nuove conformazioni, i cambiamenti a cui opporsi per paura di scoprirsi tagliato fuori. La riscossa delle anime scalze, che imparano a farsi notare. A lasciare impronte. Finalmente, a fare rumore. Storia bellissima.