Aldilà
Letteratura italiana
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Il mistero non era il buio ma la luce
Il mistero non era il buio ma la luce
Stanislao Nievo immagina l’Aldilà con un’opera che si articola in due parti eterogenee.
Nella prima, Stefano Saint Sixt – spirato agli albori del millennio – compie un viaggio in un paesaggio sempre più metafisico, nel quale sperimenta la luce (“Il mistero non era il buio ma la luce”) e una nuova energia (“L’energia in cui vibrava apparteneva a un ritmo semplice in cui prendere identità, mentre la luce lo divorava”), abbandonando gli schemi umani che ancora lo impregnano della vita appena conclusa (“Si sentiva tornare bambino, bambino dell’eternità”).
Nella seconda parte, Stefano – in vita fu l’unico sopravvissuto in un parto trigemellare – si connette con due omonimi (“Tre persone appartenenti a tempi diversi… piccoli argonauti dall’identico nome…”): “Un contadino, alla fine di maggio dell’anno 1453, lungo le sponde d’Asia” e un ricercatore, che appartiene al futuro…
Forse sulla scia degli entusiasmi che accompagnarono l’avvento della rete, Nievo attribuisce a una Super Rete (“La ricevente della Super Rete che tutto pone in comunicazione”) il potere di connettere realtà temporali parallele o discontinue…
In questa seconda parte l’aldilà assume i tratti filosofici dei grandi interrogativi (“Poi il seme del Nulla svuotò la sua forza e il grembo del Vuoto lo accolse, un getto di speranza cieca nel primo degli abbracci. Le due ondate di desiderio si trasformarono in un solo elemento… una nuova vita formatasi nell’immensità del cosmo…”), ci si imbatte nei vizi e nell’angelo nero del male, in uno zoo di animali prigionieri, nel giardino delle tempeste…
Nel momento cruciale della scelta (“Pensa bene se correre in cielo o in terra”), sembra farsi spazio un’ipotesi soffusa di fede e poesia.
Giudizio finale: etereo, quintessenziale, filosofico.
Bruno Elpis