Affari di famiglia
Letteratura italiana
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Un finto sequestro riuscito.
E’ il secondo romanzo di Francesco Muzzopappa, del 2014, e narra le tragicomiche vicende di una nobildonna torinese, la contessa Maria Vittoria dal Pozzo della Cisterna. La poverina, si fa per dire, ha conosciuto ben altri splendori nella sua vita, giunta ormai intorno al settantesimo anno: la dimora sta decadendo, il marito è morto in un evitabile incidente d’auto, la servitù si è ridotta ad un solo fedelissimo maggiordomo, Orlando, l’unico figlio, Emanuele, è un perfetto cretino che sperpera soldi e non sa fare nulla. Per di più, se la fa con una ballerina bionda e procace, avida di denaro, alla quale ha scioccamente donato l’unico inestimabile gioiello di famiglia, il diamante Koh-I-Noor, conservato gelosamente dalla madre come unica risorsa. La bionda è tinta, purtroppo, commenta la contessa: una bionda autentica può anche essere stupida, ma una bionda tinta “sa essere letale”. Una chiamata dalla banca preoccupa la contessa: l’ha chiamata Anna, che segue le vicende del casato e la informa sulla situazione disastrosa del patrimonio, solo il rientro del famoso diamante potrebbe riequilibrare le sorti. Ed ecco l’imprevisto: una rapina, tutti a terra, la malcapitata contessa si ritrova strattonata da un rapinatore, trascinata in macchina, una sgommata e via. Qui inizia il bello: la contessa non si spaventa, architetta un piano per trasformare il rapimento in un finto sequestro, con tutte le conseguenze più comiche che tragiche del caso. Tutto è bene quello che finisce bene, basti dire che il casato alla fine rifiorisce e che al bravo e paziente Orlando si affiancano due nuovi dipendenti, pescati dove nessuno l’avrebbe immaginato.
Francesco Muzzopappa è come detto al suo secondo romanzo: predomina il lato burlesco della storia, un occhio ad Achille Campanile ed una complicità più intensa con Wodehouse, per una narrazione vivace, brillante, con spunti e ricordi, alternati al presente, di una vita trascorsa tra agi e preoccupazioni.
Interessante l’intervista all’autore alla fine del romanzo: tra gli autori preferiti cita Campanile, mentre il suo scrittore umoristico preferito è Wodehouse. Afferma anche giustamente che il genere umoristico è preso sul serio solo da cinema e TV, mentre in letteratura è considerato un genere minore: il senso dell’umorismo si può però coltivare, basta “scendere dal piedistallo” !
E, aggiunge l’autore, “imparare a non prendersi troppo sul serio”.
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Una ventata di allegria...
Dopo aver letto "Una posizione scomoda" sapevo che avrei trascorso bei momenti in compagnia di questo libro...e le mie aspettative non sono state disattese.
Questo giovane autore scrive bene. Punto.
Ha la capacità di farti divertire, a tratti proprio "ridere", con uno humor intelligente.
Sono convintissima che scrivere romanzi ironici sia molto difficile, più di altri generi.
Francesco Muzzopappa lo sa fare molto bene.
In questo romanzo ho trovato un senso dell'umorismo differente dal primo romanzo (che rimane il mio preferito!)...qui si respira uno humor piu' british...e questo denota anche la capacità di reinventarsi, di non solcare strade già percorse.
Bravo.
Siamo passati da uno strepitoso sceneggiatore di film hard con un grande sogno nel cassetto (Una posizione scomoda) ad una donna aristocratica in decadenza, una contessa sagace, ironica e stronza al punto giusto.
Personalmente ho adorato il personaggio di Orlando, il maggiordomo...
Chiaramente...la storia narrata è volutamente improbabile, ma di sicuro funzionale e al servizio del talento del nostro autore.
Ah...non ho mai letto con tanto piacere la pagina dei ringraziamenti come in questo caso...anche lì mantiene lo stesso livello di simpatia e originalità.
Insomma...se hai voglia di una boccata di aria fresca e se vuoi riconciliarti con il mondo, Muzzopappa fa per te!
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Sorrisi a targhe alterne
Sarebbe una cosa leggera, gradevole, disintossicante. Affari di famiglia di Muzzopappa fa anche sorridere, le pagine si succedono rapide seguendo le vicende stralunate della contessa Maria Vittoria dal Pozzo della Cisterna, nobile in decadenza nella Torino dei giorni nostri.
C'è un po' di sarcasmo, ironia e una discreta mano a scrivere la storia per nulla credibile dell'auto-rapimento che la contessa si trova ad architettare per puntellare le sorti economiche della sua famiglia in disgrazia. In qualche modo, la storia ci racconta anche dei colpi che le miserie massmediologiche dei giorni nostri assestano non solo alle incrostazioni e alle ipocrisie dei vecchi equilibri sociali ma, spesso, anche alle buone maniere e al pudore dell’ancien regime.
Peccato che l'autore si sia lasciato andare la mano, calcando troppo certe situazioni, varcando con frequenza la soglia della verisimiglianza, ricorrendo a reiterati meccanismi umoristici che, tracimando in “tormentoni”, lasciano un po’ il tempo che trovano. Basti pensare al frequente ricorso al ricordo della Contessa delle battute triviali del defunto marito.
Con ottimismo, direi che il bicchiere è comunque mezzo pieno.
PS - Con stupore scopro da Internet che un'omonima della protagonista del romanzo è realmente esistita nel XIX secolo. Anche qui. peccato, mi sembrava un divertente frutto della fantasia dell’autore…