Acqua storta Acqua storta

Acqua storta

Letteratura italiana

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Don Antonio è un boss della camorra napoletana. Ai figli ha insegnato i valori della Bibbia, perché la Bibbia "ci dice quello che dobbiamo fare, ci dice quali sono le cose giuste". E portare rispetto è una di queste. Suo figlio Giovanni i discorsi troppo complicati non li capisce, non è come il padre o come sua moglie Mariasole: la "famiglia" è l'unica realtà che conosce, e non si fa troppe domande. Un periodo al carcere minorile, un matrimonio combinato per mettere pace fra la sua gente e quella di Don Pietro Simonetti, gli affari di famiglia. Poi un giorno Giovanni incontra Salvatore. E in Salvatore si perde: attrazione inattesa, scombussolamento di viscere, fino a non poterne più fare a meno. Ma il loro amarsi è "una bestemmia sull'altare di Santa Chiara". Con il suo amore Giovanni manca di rispetto a sua moglie e soprattutto alla famiglia. E nel mondo di Don Antonio questo è il peccato più grande. Un peccato che si paga molto caro. E quindi precauzioni, sotterfugi e testimoni eliminati, che non bastano però ad arginare il fiume in piena. A Giovanni sembra che tutti conoscano il loro segreto. Bisogna mettere la cosa a tacere. A ogni costo. Prima che sia troppo tardi. Una storia che inizia a poche ore dall'epilogo, per ricostruire in una carrellata a ritroso gli eventi degli ultimi tre giorni. Una prosa fluida e inesorabile come il percorso di un proiettile.



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Acqua storta 2008-09-12 13:21:04 Mara
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Mara Opinione inserita da Mara    12 Settembre, 2008
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Acqua storta

Quanto è facile cedere al già detto o al già sentito quando l’argomento principe di un romanzo è la camorra? Ma non cade nel tranello Luigi Carrino, che realizza questa sua opera prima, Acqua Storta, magnificamente, riservando uno sguardo al dialetto napoletano e alla crudezza del linguaggio, affilato come una lama, e uno alla poesia, tutta riservata alla storia d’amore motore del testo, quella tra Giovanni e Salvatore.

Giovanni è figlio di Don Antonio Acqua Storta, un vecchio boss della camorra napoletana costretto a vivere in un bunker, recita Dante e si convince di operare secondo la Sacra Parola della Bibbia. Ma Giovanni è anche il marito di Mariasole, una donna forte, istruita e, come tutte le donne dei camorristi, spaventata all’idea di perdere il suo uomo da un momento all’altro.

Ma quest’uomo è davvero solo suo? No. La vita di Giovanni appartiene a Salvatore. Quest’ultimo è un contabile, lavora per la famiglia di Giovanni e a volte ha paura. I due si conoscono ad uno di quei festini dove droghe e perversioni la fanno da padroni, ma l’alchimia che li cattura non ha nulla a che vedere con la dissolutezza dello scenario in cui nasce, anzi…

La storia, perché solo di una storia si tratta (come sottolinea l’autore stesso nei ringraziamenti a fine testo) si consuma rapida, ma colpisce forte come uno schiaffo in faccia, ti tiene incollato alla pagina, ti trascina e ti invita, se non a tentare di comprendere, quanto meno ad approfondire una realtà in cui vige la regola del paradosso.

In una Napoli in cui anche i muri hanno gli occhi, Giovanni e Salvatore sperimenteranno sulla loro pelle che nessun errore, tanto meno quelli che Dante indica come "contro natura", può essere perdonato. E a quel punto non esistono più vincoli o legami, non c’è più affetto, non c’è più sentimento. D’altronde "L’onore è più forte della carne, è più forte del sangue".

(www.rivistaonline.com)

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