Abel
Letteratura italiana
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Abel e il suo fantastico West
E' un West immaginario quello descritto da Alessandro Baricco, una specie di luogo creato apposta per inserirvi un personaggio, Abel Crow, che spicca da protagonista tanto da far passare in secondo piano il contesto in cui vive e opera. Un pistolero, che rende credibile tutto il resto, anche se frutto di fantasia che solo la grande abilità dello scrittore riesce ad assimilare a quell'ambiente western che siamo abituati ad ammirare nei film o ad apprezzare nei tanti racconti sull'argomento, che pur Baricco riporta in un'accurata bibliografia. In sostanza è West, ma rivisitato e trasformato quasi in un non-luogo, un western metafisico, come definito dalla critica letteraria. La trama si intuisce, non è ben definita temporalmente, va a singhiozzo, da episodio ad episodio: Abel nasce da famiglia di allevatori di cavalli e agricoltori, ha diversi fratelli, un padre di cui si sa poco e una madre ribelle che ad un certo punto fugge con alcuni cavalli facendo perdere le sue tracce. Abel cresce e diventa un abilissimo e temuto pistolero, famoso per saper usare contemporaneamente due pistole e colpire ad incrocio due bersagli. Il suo amore è Hallelujiah, una giovane con un passato avventuroso, rapita bambina dagli indiani Dakota, fuggita, accolta da un guaritore girovago ed ammaestrata come abile guaritrice: incontrerà Abel, gravemente ferito in uno scontro con alcuni banditi e lo guarirà con arti sciamaniche... Abel diventa sceriffo, ma il suo sogno è scendere al Sud, lasciare le armi: l'ultima impresa è salvare, con l'aiuto dei fratelli, la madre, rediviva, condannata all'impiccagione per il furto di uno stallone. Ci riusciranno, con l'aiuto della dinamite e della precisione da consumati pistoleri, ma Abel verrà colpito a morte.
La trama si ferma qui, ma gli episodi sono tanti, inframmezzati nel racconto. Come l'incontro con un Giudice ed una strega, segregata all'esterno del villaggio, una donna senza età ("ho cento anni, dieci, uno solo, sono appena nata ma l'ho dimenticato") che tutti temono per i suoi poteri distruttivi. E ancora, una leggendaria cavalcata sotto un muro di pioggia, una cittadina mineraria abbandonata per l'invasione di una tribù indiana, l'arrivo di una nave di corsari in una cittadina lungo l'estuario di un fiume, l'incontro con un grande Vecchio, il nonno materno, possessore di una sella straordinaria, istoriata, sulla quale sono intarsiate tutte le storie del mondo, eventi religiosi, personaggi famosi: una specie di sinossi sapienziale, che incanta e rapisce gli ascoltatori.
Abel è una figura reale, la sintesi di una vita, l'immagine dello scorrere del tempo, il protagonista di una avventura di fantasia, senza un vero inizio ed una vera fine. Lo stile narrativo di Baricco lo esalta e ne fa una figura carismatica ma, nello stesso tempo, sfuggente, quasi al fuori del tempo e di uno spazio ben definito. Il West di Baricco, pur evidenziando caratteristiche ambientali ben note comprese le sparatorie e le scorrerie delle tribù, appare come una costruzione astratta, senza tempo, vivificata dallo stile immaginifico dello scrittore, uno stile unico, difficile e impervio se volete, ma capace di incantare e sedurre, anche quando cita Aristotele o David Hume. Uno stile da centellinare, dotto, ogni parola sembra pesata con arte raffinata, non per vedere l'effetto che fa ma per inserirla al posto giusto e nel momento giusto. Esercizio di stile? No, è lo stile di Baricco: s'inerpica come una mongolfiera tra le nuvole per cadere poi in picchiata a terra, senza timori, finendo a volte in espressioni popolari inattese ( tipo " ma và un pò a cagare"), quasi a significare la capacità di adeguarsi ad altri livelli...
Abel è un viaggio interessante in un West di fantasia, è anche il fluire imprevedibile di una vita, quella vita che, come sussurra il grande Vecchio, "corre comunque, non ha bisogno di noi per farlo. Corre di padre in figlio, nei gesti più stupidi e nelle grandi curve della Storia, corre dappertutto e in ogni direzione. Noi c'entriamo poco, fa tutto da sola. Se vi dovesse accadere di incrociarla, non abbiate paura. Datele una mano, e godetevi lo spettacolo".
Indicazioni utili
Abel Crow
«Lo facevamo in silenzio nelle grandi solitudini che dicevo, ai bordi del mondo conosciuto: così lontani da tutto che noi eravamo tutto, e il nostro nulla l’unica notizia.»
Il suo nome è Abel Crow ed ha ventisette anni. Tutto quel che sa lo ha imparato da suo padre, il Maestro, e si riduce in un gesto semplice: sparare. È un tutto e un niente ma in cui eccelle grazie al Mistico, un colpo che non ammette errori e che vede l’incrociare di due pistole colpendo il bersaglio di sinistra con la destra e viceversa e disegnando due segmenti pulitissimi e perfetti. È anche il suo colpo preferito oltre che uno sparo perfetto.
Abel deve però ricostruire una vita e una geometria ben più complessa che lo porta a indagare sul suo destino sino a ricomporlo e scoprirlo forse per la prima volta. Le pistole potrebbero non essere il suo divenire ma sarà solo dopo l’incontro con la bruja che egli arriverà a realizzare che ancora non è nato, che deve nascere davvero.
L’Ovest è un luogo di polvere e ombre. È un luogo dove vivono ingranaggi di bussole e orologi rotti, è un luogo dove il fischio di un fucile è eco persistente. Il presente si mixa con il futuro anteriore, il passato remoto non è più solo passato perché nel fondersi dello ieri e dell’oggi delinea una dimensione metafisica che porta il lettore a viaggiare nel tempo e nello spazio, a scandire il ticchettio dell’orologio rotto e a restare sospeso con esso.
«[…] Perché, gli spiego, il nostro mondo, di noi due, è solo un frammento tenuto insieme non da una mia volontà, o sapienza, ma dalla presenza di quell’uomo che ancora per un po’, non so quanto, conosce ciò che ignoro ed è per me la pietra solida su cui appoggiare la mia immaginazione mentre costruisco l’uomo che sarò.»
Molteplici sono le tematiche trattate tra queste pagine, tematiche che sono care all’autore e che già spesso, in passato, sono state riproposte. La sensazione leggendo questo western metafisico è di essere dentro al testo, di essere materia stessa di questo. Il tempo è l’altro baricentro che conduce nello spazio, governandolo e plasmandolo a sua immagine e somiglianza.
E tanti sono ancora i personaggi costruiti dall’autore e che portano Abel Crow a comprendere il bisogno di una nuova consapevolezza. Perché come anticipato, Abel non è ancora nato e solo osservando, uscendo da quel che è sempre stato, riscoprendosi anche per mezzo del volto della donna che ama e che possiede spesso con violenza non consapevole, potrà davvero assumere il suo posto nel mondo.
«Per il resto, quando cerco un senso a tutto questo finisco per rivedere una bruja che, sulle colline, mi guarda, ride e poi dice: sarà molto doloroso, ma un giorno, Abel, te lo prometto, nascerai.»
L’opera ultima di Alessandro Baricco si dipinge negli occhi del lettore in modo chiaro e cristallino. Volontariamente vengono a quest’ultimo lasciati spazi vuoti, in tal modo egli può interrogarsi, porsi domande, cercare risposte. In questi spazi di vuoto regna il silenzio e da qui l’interpretazione più intima di chi legge.
Se cercassimo di circoscrivere “Abel. Un western metafisico” non ci riusciremmo perché questo è tridimensionale, filosofico, usa l’espediente del western per delineare un qualcosa di più grande. Il risultato è un testo che non è solo un libro, che non è un romanzo, che è tempo che si scandisce e che trattiene come se il lettore vivesse una sorta di dilatazione temporale, di sospensione di questa.
Ecco allora che questo romanzo, iniziato diversi anni fa da Baricco, interrotto prima per il Covid-19 e poi dalla scoperta della patologia leucemica, giunge in profondità. Respinge, trattiene. Incuriosisce, affascina. Appaga e riempie. Un Baricco che fa sua ancora una volta la parola e crea una multidimensionalità unica. Da leggere.
«C’è da rimanere secchi dalla gratitudine e dalla consolazione. Voglia questo istante non abbandonarmi mai, e diventare parte di me, vita contro la morte, sangue sotto la pelle.»