Narrativa italiana Romanzi 1934 di Alberto Moravia
 

1934 di Alberto Moravia 1934 di Alberto Moravia

1934 di Alberto Moravia

Letteratura italiana

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“È possibile vivere nella disperazione e non desiderare la morte?” Occupato da questo problema esistenziale Lucio, giovane intellettuale, approda nel 1934 a Capri, lontano dagli orrori della storia. In Italia il fascismo imperversa già da alcuni anni, ma per Lucio, antifascista convinto, è più urgente portare a compimento il singolare tentativo di “stabilizzare” la propria disperazione. Un compito che egli svolge con sofisticata determinazione, aiutato dall’incontro casuale con Beate, fanciulla tedesca. Ed è proprio nel contrasto tra il pessimismo di vita del protagonista e la tragedia politica incombente che il dolore rivelerà, al di là dei fantasmi individuali, la sua universale presenza.



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1934 di Alberto Moravia 2012-05-07 10:16:03 Rosaliaa
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Rosaliaa Opinione inserita da Rosaliaa    07 Mag, 2012
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Leggere troppo fa male

Sarà che sono di parte e che spero sempre che Moravia la pensi come me, ma in questo romanzo lo scrittore ha fornito un altro grandissimo esempio di degenerazione intellettuale. Gli uomini di Moravia sono spesso giovani uomini soli, colti, che svolgono un mestiere di testa, che possiedono un grande potenziale intellettivo di cui finiscono per abusare fino a cacciarsi nei guai. Lucio, fra i suoi personaggi, è di certo il più malato: è convinto che la condizione normale dell'uomo sia la disperazione e, non solo, è ulteriormente convinto che dovrebbe essere così sempre e per tutti. Per questo decide che, per non arrivare ad ammazzarsi, è il caso che la si rende equlibrata e stabile e allora parte per Capri. Però incontra Beate, una tedesca romantica con manie suicide, che gli insegnerà molto o, per lo meno, Moravia farà in modo che insegni molto a noi: la giovane tedesca è convinta di essere come Kleist, uno scrittore romantico che ha fatto una brutta fine con la sua amante, e cerca disperatamente un uomo che sia disposto a fare il suicidio a due con lei. Presa dalla monomania, Beate si ritroverà disumanizzata: decisa a far rivivere in sé il fantasma dello scrittore, vivrà e morirà esattamente come lui, tradendo e rinunciando alla propria individualità per una causa superiore, che si rivelerà misera e che risulterà essere nient'altro che una psicopatica e totale indentificazione in un personaggio che la divorerà fino alla fine e le persone amate con lei.
Nel romanzo si respira una costante aria di malessere, irrespirabile nella prima metà del libro, accelererà i battiti verso la fine. Ci ho però ritrovato un sentimento che nelle opere moraviane sa di nuovo: la suspance.

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