Narrativa italiana Romanzi storici Una questione privata
 

Una questione privata Una questione privata

Una questione privata

Letteratura italiana

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Pubblicato postumo nel 1963, Una questione privata è ormai considerato il capolavoro di Fenoglio, nonché uno dei più bei romanzi italiani del Novecento. Nelle Langhe, durante la guerra partigiana, Milton (quasi una controfigura di Fenoglio stesso), è un giovane studente universitario, ex ufficiale che milita nelle formazioni autonome. Eroe solitario, durante un'azione militare rivede la villa dove aveva abitato Fulvia, una ragazza che egli aveva amato e che ancora ama. Mentre visita i luoghi del suo amore, rievocandone le vicende, viene a sapere che Fulvia si è innamorata di un suo amico, Giorgio: tormentato dalla gelosia, Milton tenta di rintracciare il rivale, scoprendo che è stato catturato dai fascisti.



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Una questione privata 2023-08-17 15:44:50 siti
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siti Opinione inserita da siti    17 Agosto, 2023
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Un eroe del nostro tempo

Una questione privata”, uscito nel 1963, poco dopo la morte prematura dell’autore, a detta di Calvino (cfr. prefazione a “Il sentiero dei nidi di ragno”, riedito nel 1964) è il libro che meglio rappresenta il senso della stagione politica e letteraria che si è soliti chiamare Resistenza e Neorealismo:

“Una questione privata … è costruito con la geometrica tensione d’un romanzo di follia amorosa e cavallereschi inseguimenti come l’Orlando furioso, e nello stesso tempo c'è la Resistenza proprio com’era, di dentro e di fuori, vera come mai era stata scritta, serbata per tanti anni limpidamente dalla memoria fedele, e con tutti i valori morali, tanto più forti quanto più impliciti, e la commozione, e la furia. Ed è un libro di paesaggi, ed è un libro di figure rapide e tutte vive, ed è un libro di parole precise e vere. Ed è un libro assurdo, misterioso, in cui ciò che si insegue, si insegue per inseguire altro, e quest'altro per inseguire altro ancora e non si arriva al vero perché. È al libro di Fenoglio che volevo fare la prefazione: non al mio”.
Beppe Fenoglio aveva scritto” il romanzo che tutti avevamo sognato..[...], il libro che la nostra generazione voleva fare”.

“Una questione privata” è la vicenda tutta intima di Milton, giovane partigiano, studente universitario, impegnato nella guerra partigiana ma sviato da essa da un ricordo, due anni prima aveva conosciuto Fulvia, una ragazza ricca, torinese, sfollata nelle Langhe, se ne era invaghito, e ora vorrebbe sapere, vedendo la villa abbandonata che la ospitava, che fine ha fatto. Riesce a parlare con la custode dell’abitazione che gli rivela, ripercorrendo i tempi trascorsi, che Fulvia avrebbe frequentato assiduamente e furtivamente, la notte, Giorgio Clerici, un loro comune amico. Milton da quel momento è preso dall’ossessione di rintracciare Giorgio, anche lui partigiano, per capire se Fulvia, che non gli ha promesso mai nulla, lo abbia davvero frequentato in quei termini. Giorgio è però fatto prigioniero e Milton si prodiga per liberarlo attraverso uno scambio di prigionieri, gli serve però un repubblicano. Il suo piano di azione lo porta a chiedere un permesso, a distaccarsi dalla guerra collettiva e ad agire per una pura questione privata. Non riuscirà nel suo intento e la dimensione privata si ricongiungerà mestamente nella guerra collettiva quando dovrà scappare da un distaccamento repubblicano e tentare con una lunga fuga di salvarsi…”Sono solo, Fulvia…a momenti mi ammazzi”... accantonando dunque il delirio personale.

Milton è descritto nell’incipit come brutto, scarno, ventiduenne, sempre aggrottato, con occhi tristi e ironici, stupendi dice la stessa Fulvia che lo reputa brutto ma non così brutto, lei gli chiede, alla loro prima conoscenza, la scrittura di lettere; lui scrive benissimo e ha, come si scopre progressivamente, molti tratti in comune col suo autore tanto da diventarne un alter ego, insieme a Johnny. Sicuramente è un antieroe, solitario, ha il nome di battaglia del poeta inglese, John Milton, autore del “Paradise Lost”, lui stesso traduce, è soprattutto un giovane ossessionato dalla gelosia, ma capace di una lettura del fatto storico secondo un’etica umana, ha una sua personale dimensione umana che travalica le convenienze e i codici, cerca una verità e sfuma misteriosamente in una fuga che non si risolve in una morte rappresentata. Rimane vivo nel ricordo intrecciando, l’autore, sapientemente la dimensione privata con la stagione dell’impegno civile.

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"I ventitré giorni della città di Alba"
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Una questione privata 2023-06-15 17:32:58 Calderoni
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Calderoni Opinione inserita da Calderoni    15 Giugno, 2023
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Può esistere una questione privata in una guerra?

Può esistere una questione privata in una guerra? La risposta è negativa. Il dodicesimo e penultimo capitolo del romanzo capolavoro di Beppe Fenoglio e della Resistenza italiana lo conferma. La vicenda di Milton, il protagonista dell’opera, inconsapevolmente si intreccia con quella di due giovani adolescenti che perdono la vita. L’esecuzione di Riccio e Bellini è una conseguenza dell’uccisione da parte di Milton del sergente Alarico Rozzoni, il quale era stato fatto prigioniero dallo studente acculturato Milton al fine di essere una pedina di scambio per il suo amico Giorgio, finito nelle mani dei fascisti. Milton si muove in autonomia; si sposta da un avamposto a un altro e mette a rischio la sua incolumità perché è animato da un profondo senso di amicizia per Giorgio, il compagno di sempre. Non è casuale che Giorgio, etichettato dagli altri partigiani come “figlio di papà” che non perdeva occasione di isolarsi per non dividere nulla del suo con gli altri, pareva sopportare il solo Milton, coabitava solo con Milton. Tuttavia, non c’è la sola amicizia a spingere il protagonista. Vuole infatti sapere da Giorgio se ha avuto una relazione con Fulvia, la ragazza che lui ha amato e ama perché da quando ha scoperto nei primi due capitoli di una possibile tresca tra i due «di colpo, più niente. La guerra, la libertà, i compagni, i nemici. Solo più quella verità». Milton non poteva più vivere senza sapere e soprattutto «non poteva morire senza sapere, in un’epoca in cui i ragazzi come lui erano chiamati più a morire che a vivere». Quando scopre che Giorgio è stato fatto prigioniero il protagonista sente che piove a dirotto sull’amico, forse già divenuto cadavere, piove a dirotto sulla sua verità di Fulvia, cancellandola per sempre. In effetti, Milton non acquisisce nessuna ulteriore conoscenza rispetto a quanto gli ha detto la custode della casa di Fulvia e il libro si conclude circolarmente, a distanza di quattro giorni, laddove è iniziato senza che la ricerca abbia fatto il minimo progresso, forse perché tutto quello che c’era da sapere su Fulvia e su Giorgio era già contenuto nell’incipit del romanzo. Ecco quindi che una questione privata fa capolino nel campo di battaglia delle Langhe, tra Alba, Santo Stefano Belbo e Canelli, nel novembre 1944, ma non può restare privata tanto che l’avventura di Milton va a riguardare da vicino anche chi non ha nulla a che spartire con Milton, se non il fatto di essersi fatto beccare ingenuamente nel ruolo di staffettista a favore delle bande partigiane. «Io ho solo quattordici anni e facevo la staffetta» prova a giustificarsi inutilmente il Riccio prima dell’esecuzione, ma il comandante fascista è categorico: «Nessun mio soldato, caduto come si sia, deve restare invendicato». Di colpo, perciò, con il dodicesimo capitolo l’unicità del protagonista indiscusso della vicenda viene a cadere, diluita in una costellazione di vicende dai tratti spaventosamente simili che rimanda al tempo stesso a tutti gli altri micro-racconti incastonati nel corpo principale del libro (vedi il racconto della battaglia di Verduno, nella quale Milton è stato protagonista insieme al compagno Hombre, oppure della maestra repubblichina, protagonista del racconto in un fienile del partigiano Maté). La storia dell’uccisione di Riccio e Bellini produce a tutti gli effetti una pausa nel racconto e un evidente cambio di ritmo, tanto che il loro destino, a lettura completata, rimanda spontaneamente a quello di Milton. I due adolescenti staffettisti, fucilati per rappresaglia dai fascisti dopo essere stati per tre mesi prigionieri, introducono con forza nel romanzo il tema delle tremende conseguenze degli atti che compiamo credendo di essere nel giusto. Il privato diventa pubblico, l’azione mia viene pagata dall’altro: nemmeno Milton, perciò, può ritenersi innocente perché nel tentativo disperato di salvare l’amico Giorgio e di scoprire la verità su Giorgio e sull’amata Fulvia finisce per provocare involontariamente la morte di due ragazzi.
Il triangolo amoroso è un espediente tipico della letteratura. Non da meno l’amore per una donna che rischia di minare un’amicizia. La ricerca di un prigioniero da scambiare per salvare la vita all’amico prigioniero dei fascisti nasconde in realtà la guerra civile potenziale che incombe su Milton e Giorgio, una guerra civile privata nel contesto della guerra civile collettiva in cui dall’8 settembre 1943 è piombata l’Italia. La questione privata di Milton non allude solo al tema sentimentale ma in qualche modo descrive la struttura di un intreccio costruito intorno a una ricerca ossessiva, tanto che, come già evidenziato in precedenza, il protagonista sembra perdere ogni contatto con il mondo di fuori, nel quale è profondamente calato. L’obiettivo di Fenoglio è infatti quello di ancorare definitivamente il protagonista nel fitto della Storia e di non lasciarlo sullo sfondo. Grazie a un personaggio iconico e indimenticabile come Milton, Fenoglio abbandona la memorialistica di finzione a beneficio del romanzo, ma non lo trasforma in un romanzo storico: rifiuta la polifonia, la lotta alla dispersione, la ricerca di una struttura rigida e ferrea. Mette sopra ogni altra cosa il rapporto tra la ricerca, a tratti meravigliosamente picaresca, di Milton e la guerra civile. L’autore vuole fare di quei venti mesi fuori dal comune per il nostro martoriato paese l’ambientazione delle proprie storie, grandi e piccole, allegre e dolorose. Il triangolo Milton-Giorgio-Fulvia, una cosa appartenente alla vita di prima («e tornare su queste cose fa più male che bene» ricorda Ivan, compagno di Milton nella discesa a casa di Fulvia a inizio vicenda) permette di indagare da dentro la guerra partigiana, in un periodo come quello del novembre 1944 nel quale i reparti sono gonfi a dismisura e si è ormai stabilito uno status quo con zone di influenza riconosciute ufficiosamente dai fascisti, dalle formazioni badogliane (azzurre, aiutate dai proventi degli inglesi) e da quelle garibaldine (rosse).
Il riaffiorare del passato e la potenza dell’amore travolgono Milton, che si consegna alla morte, a quel crollo finale a ridosso del bosco. Proprio lui che veniva definito dai suoi superiori un «classico» perché in grado di mantenersi freddo e lucido quando tutti perdevano la testa. Invece, la freddezza e la lucidità si affievoliscono fino a scomparire nella disperata ricerca dell’amico Giorgio e della verità sul passato. Già colpito a morte Milton vagheggia e dice: «Sono vivo. Fulvia. Sono solo. Fulvia, a momenti mi ammazzi!». È l’istante antecedente all’ultima caduta, a quella definitiva, al crollo. Questo passaggio dalla vita alla morte contraddistingue anche un altro personaggio interessante del romanzo, il già menzionato sergente Alarico Rozzoni. Milton, dopo averlo catturato, lo rassicura a più riprese: non lo vuole uccidere ma lo vuole utilizzare come pedina di scambio con i fascisti per “riprendersi” Giorgio; è quindi intoccabile perché ha un ruolo indispensabile nella sua missione. Tuttavia, si percepisce dal sergente Rozzoni quanto la parola data in guerra valga poco e la diffidenza nei confronti dell’altro sia sempre ai massimi livelli. Il sergente fascista non si fida, non può fidarsi per quanto ha respirato e vissuto durante il ventennio e ancor di più dall’8 settembre in avanti e dunque la sua mossa sbagliata e la sua morte sono una naturale conseguenza. E con la dipartita del sergente, anche le sottili possibilità di successo della missione di Milton svaniscono o per meglio dire crollano, proprio come crollerà lui stesso a distanza di poche ore al margine del bosco.

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Una questione privata 2023-04-24 17:00:09 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    24 Aprile, 2023
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La verità, la ricerca della verità

“Una questione privata” di Beppe Fenoglio è una storia di partigiani, di guerra ma anche d’amore. Durante un’azione il giovane partigiano Milton passa per caso nei pressi della villa in cui viveva la ragazza di cui è innamorato, Fulvia. Mosso dal ricordo di questa il giovane entra nell’abitazione e trova la custode con cui si mette a parlare di colei che determina il battito accelerato del suo cuore. È così che scopre che la ragazza aveva una relazione, molto probabilmente, con Giorgio, il miglior amico di Milton e che come lui è ora partigiano ma in una brigata diversa. Deve sapere la verità, ne ha bisogno. È una questione di principio ma anche una necessità. Deve sapere. Tuttavia, le sue ricerche dell’amico lo portano a un’altra triste verità: Giorgio è stato catturato dai fascisti e se è ancora in vita potrebbe ben presto non esserlo più. L’unico modo per riaverlo è scambiarlo con un prigioniero. Ecco allora che Milton inizia un viaggio disperato nelle Langhe ormai teatro di una guerra atroce condotta tra compatrioti, tra fughe, pioggia, freddo, fango, pericoli e un unico grande interrogativo: scoprire la verità.
Pubblicato per la prima volta nel 1963, “Una questione privata” di Beppe Fenoglio è forse l’unico libro a descrivere in modo completo e complesso quella che è stata la Resistenza italiana. È lo stesso Calvino a definire questo scritto quale la produzione che meglio rappresenta la Resistenza. La cosa che solletica ancor più il lettore e che lo fa ancor più sentir protagonista è la vividezza delle vicende. Il lettore si sente parte, costante e continua, delle avventure e delle ricerche di Milton, della sua ricerca, della sua sete di verità. E questo accade con una Resistenza che in realtà resta sullo sfondo. C’è, si sa esserci, ma resta lì, sullo sfondo. È una costante ma proprio per la grandezza della scrittura per il lettore resta un dato di fatto con cui convivere e per cui resistere. In apparenza difetta anche di quelle che sarebbero le canoniche situazioni che caratterizzano una guerra anche dal punto di vista militare, ma questa è rappresentata dalla povertà, dai partigiani, dagli orrori, dalla miseria e dalla prosa che nel suo essere essenziale delinea con maestria quelle che sono le circostanze. Tra morti, scarpinate, appostamenti infruttuosi, fame, verità scomode, ricerca di luoghi ove poter dormire, vestiti laceri e quella morte che è sempre lì, in agguato, pronta a prenderti con la sua falce. Quando finirà? Quando tutto questo avrà fine?

«Ecco i quattro ciliegi che fiancheggiavano il vialetto oltre il cancello appena accostato, ecco i due faggi che svettavano di molto oltre il tetto scuro e lucido. I muri erano sempre candidi, senza macchie né fumosità, non stinti dalle violente piogge degli ultimi giorni. Tutte le finestre erano chiuse, a catenella, visibilmente da lungo tempo.»

Il dramma del protagonista finisce inoltre con l’essere dramma del lettore. Si innesca una naturale operazione di immedesimazione tra Milton e chi legge. L’obiettivo è cercare Giorgio, trovarlo, scoprire la verità e quindi vincere la propria personale guerra. Perché l’amore è la cosa più importante. La scelta di Fenoglio è voluta quanto sentita. Egli decide volontariamente di allontanarsi dalla canonica reportistica sulla Resistenza ma non per questo non ne parla. Ne parla in modo diverso, più empatico e quotidiano e meno reportistico. Ma ne parla. Tesse una tela strutturata su una dimensione introspettiva. Ecco perché “la sua questione privata” non altro che una storia nella Storia, una storia quotidiana che vede scontrarsi il legame di amicizia quasi fraterno tra Milton e Giorgio ma che vede anche spingere il sentimento verso la verità, una verità ricercata nell’amore ma che è ricercata anche in una guerra che è solo orrore e perdita. Ed ecco che corre, Milton. Corre nella nebbia, cerca e ricerca, insegue le ombre. Corre alla ricerca della risposta a quella domanda che resta senza risposta in un finale in sospeso.
Uno scritto anche per questo ancora oggi autentico.

«Tu non devi saper niente, solo che io ti amo. Io invece debbo sapere, solo se io ho la tua anima. Ti sto pensando, anche ora, anche in queste condizioni sto pensando a te. Lo sai che se cesso di pensarti, tu muori, istantaneamente? Ma non temere, io non cesserò mai di pensarti.»

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Una questione privata 2022-01-26 17:35:15 Cathy
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Cathy Opinione inserita da Cathy    26 Gennaio, 2022
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« [...] solo se io ho la tua anima».

Durante un'azione il giovane partigiano Milton si ritrova a passare per caso nei pressi della villa dove viveva la ragazza di cui è innamorato, Fulvia. Entrato per rivivere i ricordi all'ombra dei ciliegi, incontra la custode della villa e i due iniziano a parlare di Fulvia. Milton scopre così che la ragazza aveva probabilmente una relazione con Giorgio, migliore amico di Milton e come lui partigiano, in una brigata diversa dalla sua. Tormentato dal bisogno di conoscere la verità, Milton tenta di rintracciare Giorgio, ma una nuova, terribile scoperta lo attende: Giorgio è stato catturato dai fascisti e, se non è già stato fucilato, è possibile che lo sarà a breve. L'unica speranza di riaverlo, e insieme a lui trovare la verità, è scambiarlo con un prigioniero. Milton inizia così un viaggio disperato nelle Langhe, diventate teatro di una guerra tanto più atroce perché condotta tra compatrioti, tra fughe e imboscate, sotto la pioggia, al freddo, nel fango, un unico, martellante interrogativo nella mente: «debbo sapere, solo se io ho la tua anima».
Scrive Italo Calvino in un saggio del 1949 che, nonostante la vasta produzione memorialistica e romanzesca sull'argomento, ancora non esiste in Italia un'opera che possa dire di rappresentare davvero la Resistenza. Quindici anni dopo, nella prefazione al suo romanzo "Il sentiero dei nidi di ragno", afferma che finalmente il vuoto è stato colmato e l'opera in grado di rappresentare quella parte così cruciale della storia italiana del Novecento adesso esiste: è "Una questione privata", pubblicato postumo nel 1963. La cosa singolare è che nel romanzo di Fenoglio, in realtà, la Resistenza resta sullo sfondo. Non ci sono grandi operazioni di guerra, ma è rappresentata soprattutto la difficile quotidianità dei partigiani, con la sua miseria e i suoi orrori, senza la minima traccia di retorica o esaltazione, ma attraverso una prosa pulita ed essenziale: le scarpinate nelle peggiori condizioni atmosferiche, il bussare ai casolari per chiedere un pezzo di pane, le scomode sistemazioni per la notte, gli appostamenti infruttuosi, la morte che accompagna ogni passo e alita di continuo sul collo, il fango e il sangue che ricoprono i vestiti laceri, il bisogno disperato di fumarsi una sigaretta per riuscire ad andare avanti, e intanto un pensiero fisso nella mente: quando finirà?
Il cuore del romanzo non sono i terribili eventi storici del momento, ma il dramma personale di Milton, che arriva quasi a coincidere e diventare un tutt'uno con la sua missione, fino a prendere il sopravvento sulla lotta al nazifascismo: trovare Giorgio e con lui la verità è come ritrovare Fulvia e trovare lei e vincere la guerra sono la stessa cosa. Nulla è più importante dell'amore per lei, neppure prendere la vita di un fascista. «Hieme et aestate, prope et procul, usque dum vivam et ultra»: «d’inverno e d’estate, da vicino e da lontano, finché vivrò ed oltre».
D'altronde Fenoglio ha ormai deciso di prendere le distanze dalla memorialistica sulla Resistenza, dai numerosissimi racconti pubblicati all'indomani della fine della guerra che narrano esperienze personali all'interno delle quali questi racconti restano intrappolati, come in un recinto, incapaci di andare oltre e di esprimere qualcosa di più. Di questa vasta produzione restano ancora le tracce nel "Partigiano Johnny", un'opera nella quale, ammette lo stesso autore, il centro, il punto focale della narrazione è il personaggio. Non c'è un nucleo tematico forte intorno al quale organizzare gli eventi, ma è Johnny in quanto loro protagonista a unificarli. "Il partigiano Johnny" è un'opera "poco romanzesca" e risulta più simile a un resoconto di esperienze personali, a una raccolta di fatti anche molto diversi tra loro, accomunati soltanto dalla figura intorno alla quale si verificano.
"Una questione privata", invece, ambisce allo status di romanzo, sebbene questo non significhi che si tratti di un'opera necessariamente superiore, ma solo impostata in modo diverso. Non un romanzo sulla Resistenza, ma un romanzo nel quale la Resistenza rimanga sullo sfondo. Eppure la "questione privata" che costituisce tutta la sostanza del racconto è in realtà emblema proprio della guerra civile, quasi un caso di "mise en abyme", una storia nella Storia che ne racchiude e ne condensa i temi e il significato. Giorgio e Milton, infatti, non sono soltanto migliori amici. Sono quasi fratelli. «Siamo nati insieme», risponde Milton a un partigiano che gli domanda che tipo di rapporto ci sia tra lui e Giorgio per spingerlo ad affrontare una missione così assurda pur di salvarlo. La ragione che spinge Milton è l'amore per Fulvia, è vero, ma questa scelta di parole senz'altro non è casuale. La guerra civile è una guerra tra fratelli, così come la rivalità tra Giorgio e Milton per Fulvia è uno scontro tra fratelli, sebbene tanto Giorgio quanto Fulvia siano figure evanescenti, poco definite, inafferrabili, più simili a ombre. Inseguire queste ombre Milton corre per le Langhe in un'atmosfera allucinata, fatta di nebbia, sangue, fango e pioggia, impegnato in una ricerca che sembra assurda, impossibile, il cui senso ultimo sfugge perché entrambi gli obiettivi restano eternamente irraggiungibili, e in fondo tutte le risposte sembrano già date in partenza. E dunque cosa sta cercando Milton? Qual è il senso della sua corsa disperata nella nebbia, della guerra che insanguina la terra e frantuma l'unità di un intero popolo? Un interrogativo destinato, nel finale in sospeso del romanzo, a restare senza risposta. E forse proprio in questo sta la sua angosciante modernità.

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Consigliato a chiunque, ma in particolar modo ai giovani.
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Una questione privata 2021-01-16 15:03:16 annamariabalzano43
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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    16 Gennaio, 2021
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Vita, amore e morte nelle Langhe

Chi ha conosciuto il paesaggio delle Langhe non può che esserne rimasto incantato. Luoghi che rasserenano gli animi: distese di vigneti, dolci colline, gusto per il buon cibo e per il buon vino. Eppure proprio in queste terre che sembrano poter alleviare gli affanni dello spirito hanno avuto luogo, negli anni quaranta, episodi dolorosissimi.
Qui Beppe Fenoglio ambienta il suo romanzo “Una questione privata”, il cui protagonista, il partigiano Milton, è in continuo movimento per rintracciare l’amico Giorgio che sa essere stato catturato dal nemico, per salvarlo, si, ma soprattutto per sapere da lui se è stato l’amante della sua ragazza Fulvia. È l’amore che lo spinge ad attraversare zone pericolose presidiate da militi fascisti, a percorrere lunghi tragitti sotto la pioggia, nel fango, col freddo pungente, indebolito dalla fame. Nel suo percorso si ferma solo qualche volta in case diroccate, abitate da povertà e miseria. Il suo cammino si trasforma talvolta in una lotta per la sopravvivenza.
La narrazione è essenziale, mai ridondante; ricorda nello stile l’Hemingway di “Addio alle armi” e di “Per chi suona la campana”. Come nei romanzi dello scrittore americano, anche Fenoglio dà agli agenti esterni un’importanza simbolica. Il fango, la pioggia, gli abiti laceri, la sporcizia sono metafora della condizione umana. L’autore non interviene mai nel racconto con giudizi moralistici. Sono i personaggi stessi, attraverso le loro azioni e i loro dialoghi a rappresentare la reazione umana di fronte alla violenza e alla morte, reazione che a volte coincide con una perdita di dignità, talora invece con l’accettazione della realtà. In questa prospettiva il romanzo è un’indagine sulla capacità dell’uomo di fare o di subire il male ed è altresì un tentativo di conciliare interesse pubblico, cioè la lotta per la libertà, e interesse privato, amore e verità.

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Una questione privata 2020-03-09 11:18:46 Valerio91
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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    09 Marzo, 2020
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Ragazzi di vent'anni

Un romanzo faticoso, devo dire.
Il contesto descritto da Fenoglio è privo d'ogni colore se non quello del fango, tutto il resto è nebbia. Al suo principio ci presenta una storia d'amore immatura, i cui protagonisti sono una giovinetta ancora incapace di capire che l'esteriorità non è tutto (pur avendone prova), e un giovanissimo partigiano descritto come «un brutto: alto, scarno, curvo di spalle»; un giovane costretto a farsi uomo troppo presto, ma che non è in grado di svestirsi completamente della sua ingenuità: non ne ha avuto il tempo, e questa è stata dunque compressa nel pensiero di quella bella ragazzina, le cui attenzioni lo hanno esaltato forse per la prima volta, in una vita vissuta all'ombra del suo amico e fratello Giorgio: quello bello ed elegante. Quando la certezza dell'amore di lei pare venir meno, l'imperturbabile Milton (così si chiama il protagonista) perderà tutto il suo contegno, imbarcandosi in una pericolosa missione personale, in un contesto in cui le questioni private hanno importanza meno che secondaria. Che importanza può infatti avere la fedeltà d'una bambina, quando ogni giorno è in ballo la propria sopravvivenza? Ma tra i membri della Resistenza partigiana v'era anche questo: ragazzi di vent'anni che si sentono già vecchi, che sono costretti ad esserlo e che hanno già visto il peggio della vita, mentre il meglio non hanno forse neanche potuto viverlo del tutto; uomini che, tuttavia, se colpiti nel punto giusto tornano ad essere ciò che in fondo sono ancora: ragazzi di vent’anni incapaci di distinguere le priorità, certe volte.
Milton non è che una cinepresa, un viaggiatore pieno di fango che viaggia in mezzo ad anime come la sua, costrette a celarsi e a fingere d'essere ciò che non sono, pur di dare la svolta a un mondo che non gli appartiene. Eppure basta cosi poco a renderli fragili, indifesi… addirittura masochisti o dissennati.
In conclusione è molto difficile dare un giudizio su questo libro: non l'ho amato, ma capisco che qualcuno possa farlo. Non era intenzione dell'autore dare vita a una storia con un principio e una fine, è evidente, forse provando a mettere la storia in analogia con quelle vite spezzate che si trova a descrivere. È forse qui la peculiarità di “Una questione privata", e qui si nascondono forse i motivi chi possono portarvi ad apprezzarlo oppure no.

“Accese una sigaretta. Da quanto tempo non accendeva la sigaretta a Fulvia? Valeva sì la pena di attraversare a nuoto l’oceano pauroso della guerra per giungere a riva e non far altro o più che accendere la sigaretta a Fulvia.”

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Una questione privata 2017-06-16 17:47:36 mariaangela
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mariaangela Opinione inserita da mariaangela    16 Giugno, 2017
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Gli uomini presi di spalle son tutti uguali.

“Fulvia, Fulvia, amore mio. Sono sempre lo stesso, Fulvia. Ho fatto tanto, ho camminato tanto… Sono scappato e ho inseguito. Mi sono sentito vivo come mai e mi son visto morto. Ho riso e ho pianto. Ho ucciso un uomo, a caldo. Ne ho visti uccidere, a freddo, moltissimi. Ma io sono sempre lo stesso.”

Nel 1944 Milton ha vent'anni, partigiano militante nelle formazioni badogliane.
Sono gli anni finali della Seconda guerra mondiale.
E' in ricognizione con il compagno di brigata Ivan quando, nella cittadina di Alba, si ritrova davanti la villa di Fulvia. Il suo grande, segreto amore, una bella e giovane ragazza torinese di buona famiglia, sfollata per qualche tempo ad Alba da Torino.
.
"Ecco i quattro ciliegi che fiancheggiavano il vialetto oltre il cancello appena accostato, ecco i due faggi che svettavano di molto oltre il tetto scuro e lucido. I muri erano sempre candidi, senza macchie né fumosità, non stinti dalle violente piogge degli ultimi giorni. Tutte le finestre erano chiuse, a catenella, visibilmente da lungo tempo."

La dolorosa scoperta. Mentre nell'estate del 1943 lui partiva come partigiano, segretamente Fulvia e Giorgio si sono frequentati a lungo.

Milton, Giorgio, Fulvia.
Loro ricchi e belli.
Milton “i pugni serrati nelle tasche per tendere il calzone e mascherare la piattezza delle cosce, senza i soldi per pagarsi una bibita e darsi un contegno sorseggiandola…”
Milton e Giorgio, “quante volte, dormendo nelle stalle, si erano stesi l’uno accanto all’altro, stretti l’uno contro l’altro, in una intimità la cui iniziativa partiva sempre da Giorgio. Siccome Milton dormiva d’abitudine ricurvo a mezzaluna, Giorgio aspettava che si fosse sistemato e poi gli si stringeva e adattava, come in un’amaca orizzontale. E quante volte, svegliatosi prima, Milton aveva avuto tutto l’agio di considerare il corpo di Giorgio, la sua pelle, il suo pelo…”

Le vicende di uno diventano le vicissitudini di tutti. Attraverso il lungo e faticoso cammino di Milton, che, ossessionato dalla ricerca della verità, ritornerà alla villa, conosciamo la fame, il freddo, la nebbia. La pioggia che infradicia le divise e le teste. Il fango che attanaglia le caviglie.
Ce lo immaginiamo fatto di fango dentro e fuori. Un corpo completamente nascosto dal fango che avanza, che si nasconde, che scappa, che si piega e si rialza.
Che uccide.
Mi fa tenerezza Milton, ma anche un po’ rabbia la sua assurda ostinazione, il suo non abbandonarsi se non alla contemplazione, quando avrebbe potuto invece assaporare l’istante che intanto svaniva.

Un romanzo “breve” ma stancante. Avrei potuto terminarlo in un giorno, ma l’ho sentito faticoso nei contenuti e nelle ambientazioni. Quasi scarno, privo di minuziosi dettagli, l’autore non si sofferma mai lungamente in una descrizione di un luogo o di un sentimento, non nel modo in cui io mi sarei aspettata. Ho sofferto a procedere nella lettura.

Una vicenda personale, di amore e di verità, mentre tutto intorno è guerra e istinto di sopravvivenza.
E Milton?
Il finale non è importante, è sempre solo l’inizio della fine.

“Tu non devi saper niente, solo che io ti amo. Io invece debbo sapere, solo se io ho la tua anima. Ti sto pensando, anche ora, anche in queste condizioni sto pensando a te. Lo sai che se cesso di pensarti, tu muori, istantaneamente? Ma non temere, io non cesserò mai di pensarti.”

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Una questione privata 2016-10-20 09:41:50 Vita93
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Vita93 Opinione inserita da Vita93    20 Ottobre, 2016
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Solo se io ho la tua anima

Langhe. Piemonte. Novembre 1944. Il poco più che ventenne partigiano Milton, uscito in pattuglia con un compagno, si trova davanti alla villa di Fulvia, una coetanea di cui è follemente innamorato e con cui era solito trascorrere intere giornate ad ascoltare canzoni straniere e a tradurle.
Fulvia non c’ è, si è trasferita per sfuggire alla pericolosità della guerra. La guardiana della villa, rimasta a presidiare la residenza, riconosce Milton e gli permette di entrare nella tenuta per affievolire la nostalgia del luogo che attanaglia il giovane.
Dalla conversazione con la donna, intuisce che negli ultimi tempi Fulvia ha intrecciato una relazione segreta con Giorgio Clerici, partigiano nonché suo migliore amico.
Milton deve sapere, deve trovare Giorgio e scoprire fino a che punto gli appartiene il cuore dell’amata Fulvia. "Non poteva più vivere senza sapere, e soprattutto, non poteva morire senza sapere".

"Una questione privata", pubblicato postumo nel 1963, ha molteplici chiavi di lettura.

Si tratta in primo luogo di un romanzo sulla Resistenza. Perché se per larghi tratti la vicenda parla appunto di una questione privata, in ogni pagina si respira il clima collettivo del periodo, i rapporti con i fascisti, con la popolazione e tra i partigiani stessi divisi in più schieramenti.
Sentiamo addosso la pressione di una natura personificata, descritta magnificamente, e che tra nebbia, pioggia e fango sembra accompagnare lo smarrimento, la difficoltà e la solitudine della ricerca. Proviamo compassione per questi giovani uomini fragili considerati vecchi a venticinque anni e a cui resta con ogni probabilità poco da vivere.
E per non correre il rischio che la questione personale oscuri la Storia generale, Fenoglio ricorda al lettore che nessuno è innocente, come nel capitolo crudo e opprimente dedicato alle due giovanissime staffette partigiane giustiziate.

Un romanzo ariostesco, come lo definì Calvino, per la cieca ossessione amorosa che lo pervade, per la ricerca irrazionale e pericolosa per se stesso e per gli altri che intraprende Milton, e per la chimera di una verità illusoria, irraggiungibile.

Un romanzo sulla solitudine, non soltanto perché Milton agisce da solo, ma soprattutto perché è un protagonista atipico per una storia sulla Resistenza. Curvo, magro, dotato di un'ottima formazione scolastica e culturale, quasi a voler assecondare la tendenza della letteratura otto-novecentesca a trattare della figura dell'intellettuale isolato.

Infine un romanzo di formazione che racconta di un amore infantile e idealizzato, in contrasto con la maturità che esige la vita partigiana tra fatiche, dolori. Con protagonisti comuni ventenni trovatisi in circostanze eccezionali e defraudati della spensierata giovinezza.

Nel sentimento amoroso Milton trova una via di fuga. Anteponendo lo scopo privato alla causa generale non è un inetto o un vigliacco, è soltanto un giovane uomo imperfetto che cerca rassicurazioni e felicità laddove sembra impossibile trovarne.
Niente ha senso, neppure la Resistenza, se alla fine della guerra non ci sarà Fulvia ad aspettarlo tra le sue braccia. Come se la Resistenza fosse una tappa transitoria, un contorno sfumato eppure inevitabile e necessario.

Il tutto è impreziosito da uno stile asciutto, essenziale eppure capace di raffinate descrizioni e squisiti lirismi.
"Una questione privata" è una delle tante perle imperdibili della letteratura italiana del Novecento.

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Una questione privata 2016-09-17 08:07:42 Cristina72
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Cristina72 Opinione inserita da Cristina72    17 Settembre, 2016
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Fango e amore

Le vicende del romanzo ruotano intorno a Milton, giovane partigiano che mette a servizio del suo sentimento per Fulvia, la ragazza di cui è innamorato, tutti i suoi ideali.
Lo stile essenziale, a tratti brusco, non concede niente al sentimentalismo, ma la tenerezza e il dolore per un amore probabilmente non ricambiato affiorano con potenza da ogni pagina.
Cercando “la verità”, la conferma del tradimento dell'amata, Milton vaga tra la pioggia e il fango della campagna piemontese, aggirando i pattugliamenti fascisti.
Ufficialmente ha una missione da compiere, ma la sua ricerca somiglia più ad un fuga dalla realtà, al girovagare a vuoto di un cuore straziato.
Difficile accettare che i ricordi custoditi gelosamente non abbiano più consistenza della melma che lo circonda giorno e notte e che sembra volerlo inghiottire, insopportabile il freddo che si impadronisce di lui al pensiero della sua solitudine.
Si empatizza subito con il protagonista, ne avvertiamo ogni moto dell'animo, lo perdiamo di vista solo per un capitolo che costituisce quasi un racconto a sé e che mette in luce tutto il livore sleale, spietato e inutile generato dalla guerra, in un circolo vizioso fatale.
Le pagine finali, cariche di adrenalina, lente e veloci, vagamente oniriche, sicuramente catartiche, celebrano magistralmente la pulsione di vita sulla morte – e sulla voglia di morire:
“Era perfettamente conscio della solitudine, del silenzio, della pace, ma ancora correva, facilmente, irresistibilmente”.

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Libri sulla Resistenza.
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Una questione privata 2015-12-13 12:21:33 Jo_March
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Jo_March Opinione inserita da Jo_March    13 Dicembre, 2015
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La Resistenza

Di quanto l'amore possa farci diventare folli e ciechi. Così Milton, moderno Orlando, si mette alla ricerca della verità che riguarda Fulvia, la ragazza della quale è segretamente innamorato e che ha saputo essere legata sentimentalmente al suo amico Giorgio, partigiano come lui, ma molto più bello ed affascinante di lui. Giorgio, però, è stato rapito dai fascisti e Milton non si ferma neppure di fronte a ciò: la sua diventa una folle corsa alla ricerca di una verità che è evidente, ma che lui non vuole vedere, valutare. In queste Langhe, che fanno da scenario angosciante, Milton non raggiungerà alcun esito.
Romanzo incompiuto? A detta di molti critici, no: era questo il finale che Fenoglio voleva dare al romanzo.

"Davvero sono splendida?"
"No, non sei splendida".
"Ah, non lo sono?"
"Sei tutto lo splendore".
"Tu, tu tu, - fece lei, - tu hai una maniera di metter fuori le parole... Ad esempio, è stato come se sentissi pronunziare splendore per la prima volta".
"Non è strano. Non c'era splendore prima di te".

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Ovviamente a chi ha letto il romanzo d'esordio di Calvino, "Il sentiero dei nidi di ragno"
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