Stirpe Stirpe

Stirpe

Letteratura italiana

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È il 1889, eppure si direbbe l'inizio del mondo. Michele Angelo e Mercede sono poco più che ragazzini quando s'incontrano per la prima volta, ma si riconoscono subito. Quel rapido sguardo che si scambiano è una promessa silenziosa che li condurrà dritti al matrimonio, e che negli anni verrà rinnovata a ogni nascita. Dopo Pietro e Paolo, i gemelli, arriveranno Gavino, Luigi Ippolito, Marianna... La stirpe dei Chironi s'irrobustisce e Nuoro la segue di pari passo. Michele Angelo si spezza la schiena in officina per garantire prosperità alla sua famiglia. È l'inizio della stagione terribile: i gemelli vengono trovati morti, i corpicini fatti a pezzi e nascosti in un cespuglio, mentre la Prima guerra mondiale raggiunge anche Nuoro.



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Stirpe 2016-05-14 08:35:52 Antonella76
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Antonella76 Opinione inserita da Antonella76    14 Mag, 2016
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Chironi...per sempre.



Fois è un artigiano della parola, la sceglie (di qualità), la lavora, la modella, la plasma (come il suo protagonista fa con il ferro) fino a renderla perfettamente in armonia con la storia che racconta...le toglie tutte le imperfezioni, le sbavature, ma senza privarla dell'anima, della vibrazione, del cuore pulsante.
La vibrazione è data anche dal fatto che la scrittura è inframmezzata di tanto in tanto da espressioni e parole sarde (a me del tutto sconosciute) che, però, non spezzano l'incantesimo, semmai rendono l'atmosfera ancora più magica.
E chi se li dimentica più "i Chironi"?
Una famiglia che dovrà fare i conti con un destino avverso, che sembra accanirsi su di loro senza pietà...
Un' intensità ed una tragicità che mettono a dura prova anche gli animi più corazzati... perché proprio non puoi leggere questo libro senza provare un turbinio di emozioni, senza soffrire, stare male, pensare a Michele Angelo e Mercede anche quando il libro è chiuso sul comodino e tu vivi la tua "vera" vita.
Ti entrano sottopelle e non vuoi più mandarli via.
Fois ce li descrive con un realismo che fa male, senza orpelli...e tu sei lì che vedi tutto, spettatore accorato di una storia che potebbe essere quella dei nostri nonni, bisnonni, e ti senti impotente...ma anche affascinato.
Devono imparare a vivere "a pelo d'acqua", mai sopra e mai sotto, perché si sa, la felicità altrui non è mai ben vista, e l'invidia è sempre dietro l'angolo.
Ma in mezzo a tanto (troppo) dolore, non sono mancati frammenti di felicità, risate e calore...e dopo tanto tanto buio, arriva un raggio di sole...perché "la fine non è una fine".
Sullo sfondo una Sardegna aspra e dura, genitrice di uomini e donne dalla fibra forte.
Primo libro dell'anno...e sono già folgorata!

"Gli amori durano esattamente un momento perfetto, il resto è solo rievocazione, ma quel momento può essere sufficiente a dare un senso a più di una vita."

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Stirpe 2015-04-08 18:32:27 ant
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ant Opinione inserita da ant    08 Aprile, 2015
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saga familiare , Nuoro

Saga familiare che ammalia per intensità emotiva e di avvenimenti.
Una storia che inizia ai primi del 900, a Nuoro, e parte con il matrimonio un po' forzato di due giovani allo stesso tempo simili e dissonanti.
Il protagonista maschile Michele Angelo, fabbro, di poche parole ma dalle intuizioni geniali
La protagonista femminile Mercede dai modi bruschi ma tanto determinata e dignitosa.
Le vicisstudini e le problematiche non mancheranno a questa coppia
così come i momenti di felicità e di agiatezza
Lo scrittore attaverso la storia di questa famiglia dell'entroterra sardo
non fa altro che raccontare lo sviluppo e la crescita di un'intera nazione e di un detreminato periodo storico: cioè l'Italia dai primi del 900 alla fine della seconda guerra mondiale.
La cosa che mi ha colpito di più di questo testo, e che voglio in parte riportare, è la capacità dell scrittore di entrare nell'animo sia dei protagonisti della storia narrata che nella psicologia comune di un po' tutte le famiglie numerose: quell'essere a volte così diversi e così simili.
Michele Angelo, il fabbro, prendendo spunto dal suo lavoro e dall'arte della forgiatura così descrive la vasta gamma degli animi umani e si rivolge al figlio più in difficoltà(Gavino):
...bisogna dare un nome alle cose: quella lavorazione si chiama forgiatura.
...A volte ti sentirai schiacciato dalle responsabilità, eppure dalla sapienza con cui saprai imparare a volgere in bene questo male potrai dichiararti uomo, in officina la chiamiamo compressione...Poi viene la punzonatura, che corrisponde a lasciare un segno, una depressione, un foro. Oh, sentirai ferite tremende, saette che ti trapasseranno la carne. Esporrai a chiunque il tuo cuore spostando i lembi del petto, per dire: Eccomi.
Farai tutti gli errori che è necessario fare e anche qualcuno in più. Ognuno di questi errori ti lascerà un marchio. Allora ,figlio, basterà che tu pensi che quelle non sono ferite, ma trofei, decorazioni. Segni della tua forza ....

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Stirpe 2012-11-10 16:06:21 silvia71
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silvia71 Opinione inserita da silvia71    10 Novembre, 2012
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Stirpe

Questo romanzo provoca un impatto forte nel lettore, vuoi per le tematiche vuoi per lo stile di scrittura.
Affrontare queste pagine significa immergersi nella ruralità sarda a cavallo tra fine ottocento e novecento, per rendersi spettatori attoniti delle tribolazioni dell'umile famiglia Chironi.
Gente modesta, avvezza al lavoro e al sacrificio, consapevoli delle difficoltà della vita e dell'ineluttabilità delle disgrazie e della sfortuna; quasi un piccolo mondo verghiano, dipinto con estremo realismo descrittivo e di sentimenti.
I personaggi di Fois sono vittime ed eroi; cadono sotto i colpi inferti dal destino e dagli eventi più cruenti della storia, ma al contempo, seppur rassegnati, proseguono la vita che gli è concessa.
Sono figure splendide, cariche di pathos, capaci di trasmettere tutto il loro dolore, alternando momenti di crudo realismo a momenti in cui prevale il bisogno di abbandonarsi al sogno, fantasticando di un mondo migliore.
Particolarità del flusso narrativo sta proprio nell'intrecciare improvvisamente momenti pervasi di magia alla rappresentazione della rude quotidianità, fatta di sudore e avversità.
Momenti lirici esplodono nel corso della narrazione, mettendo sulle labbra dei protagonisti le parole calde e sentite del cuore; parole che cantano il desiderio di avere o trovare delle radici cui aggrapparsi, parole che piangono la perdita degli affetti, parole che riflettono sugli accidenti cui ti pone di fronte la vita.

Lo stile di Fois, così secco, aspro, ruvido è spettacolare, calza a pennello a questa storia dura; una storia di lacrime e rassegnazione ma che nel profondo anela al sorriso, anela ad accaparrarsi un pizzico di felicità. Le frasi sono talvolta brevissime, imponendosi come sentenze senza appello, brucianti e fulminee.
Il linguaggio si presta ottimamente a scolpire i personaggi, utilizzando qualche termine gergale e dialettale all'occorrenza, ma senza eccessi; è una lingua che può sembrare scarna, ma ogni parola è pregna di significato.
E' un modello di scrittura che può essere reputato inibitore della fluidità narrativa, ma regala una profondità di sentimenti e contenuto fuori dal comune.

E' un romanzo stimolante, che ci svela l'essenza di uno dei regionalismi italici, raccontandoci la storia del nostro paese, riflessa nella vita della gente comune.

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Stirpe 2012-10-23 12:24:54 catcarlo
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catcarlo Opinione inserita da catcarlo    23 Ottobre, 2012
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Marcello Fois: “Stirpe”

Quando Michele Angelo Chironi perde finalmente la pazienza siamo ormai giunti a quattro quinti del romanzo. Novello Vanni Fucci, mostra le ficche al cielo e ne ha ben donde: sulla sua neonata stirpe si sono abbattute tante disgrazie da far sembrare la vicenda dei Malavoglia al più segnata da qualche contrattempo. La nascita e le tribolazioni della famiglia Chironi occupano uno spazio di quasi sessant’anni, tra la fine dell’ottocento e la seconda guerra mondiale: l’amore nato improvviso fra due trovatelli, la forza di costruire un nuovo nucleo e quella di resistere a (quasi) tutte le disgrazie. Attorno a loro il mondo cambia, con il progresso che si insinua anche nella Barbagia selvaggia, mischiandosi – o, forse, solo sovrapponendosi – all’arcaica società contadina aiutato anche dall’irrompere di eventi lontani e incomprensibili. Che tutto questo stia in un romanzo di neppure duecentocinquanta pagine che si fanno sfogliare voracemente potrebbe sorprendere, ma l’autore riesce nell’impresa prendendo spesso per mano il lettore e facendolo entrare nei più intimi segreti dei suoi sfortunati personaggi. Il tono colloquiale è spezzato di tanto in tanto da alcune pagine più complesse, che richiedono a chi sta leggendo una maggiore attenzione: accade quando l’elemento magico fa capolino nella storia, trasformando la Sardegna ventosa e ricca di umori – i profumi e gli odori caratterizzano molti luoghi della narrazione – in una terra incantata dove i legami, famigliari e non, diventano empatia e risonanza.

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