Narrativa italiana Romanzi storici Sono tornato per te
 

Sono tornato per te Sono tornato per te

Sono tornato per te

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Un amore che attraversa la guerra e rimane intatto nonostante gli orrori che lo mettono alla prova. L’epopea di un ragazzo che difende la propria vita facendo a pugni per tornare dalla donna che lo aspetta. Cono Trezza e Serenella Pinto sono due giovani del Sud, cresciuti nella zona del Vallo di Diano, tra Campania e Basilicata. Lui contadino, lei figlia di un artigiano di idee socialiste. Si sono conosciuti che erano adolescenti, aspettano solo il momento di sposarsi. Ma sono gli anni Trenta del secolo scorso, e a mettersi tra loro ci sono i fascisti. Soprattutto Romano, il figlio del podestà. Stufo di subirne l’arroganza, Cono si ribella, compiendo un gesto che la sua famiglia pagherà a caro prezzo. Poi la partenza per il servizio militare, e dopo l’8 settembre 1943 la deportazione in Germania. A tenerlo in vita, saranno la speranza di rivedere Serenella, l’aiuto di un compagno di prigionia dal cuore grande e la sua abilità nel tirare di boxe. C’era uno sport che veniva praticato nei campi di concentramento, il pugilato. Piaceva al Führer, piaceva alle guardie naziste che scommettevano sugli incontri, piaceva ai kapò che obbligavano i prigionieri a combattere di notte su ring improvvisati. “Sono tornato per te” racconta la storia di chi è sprofondato in quell’inferno e ne è uscito aggrappandosi a un ricordo.



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Sono tornato per te 2024-10-14 12:11:50 andrea70
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andrea70 Opinione inserita da andrea70    14 Ottobre, 2024
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Molto bello

Anni '30 Vallo di Diana al confine tra Campania e Basilicata si svolgono le vite della famiglia Trezza, lavorano la terra affittata loro dai proprietari e se la passano dignitosamente meglio di tanta povera gente che tira a campare come può , come la famiglia Pinto.
Cono Trezza è il primogenito, un ragazzo atletico, timido, buono e con un profondo senso di giustizia , Serenella Pinto è la più grande della famiglia, è una bellissima ragazza solare che riesce a smuovere la timidezza intrinseca di Cono.
I due ragazzi si amano e fanno progetti ma le loro famiglie sono guardate con sospetto dalla gente , la famiglia d Pinto perchè tacciata di essere socialisti, la famiglia Trezza per una adesione troppo tiepida agli ideali e alle pacchiane manifestazioni fasciste.
Sono tempi diffcili, il fascismo comincia a muovere i suoi artigli sulla vita sociale del paese, chi non si adegua nella migliore delle ipotesi viene messo da parte se non addirittura punito con botte o ostracismo.
Esempio della prepotenza e protervia del regime è Romano, figlio del Podestà, allora una figura di una certa importanza sociale, un ragazzo arrogante e cattivo che sfrutta l'influenza del padre per dare libero e impunito sfogo alla sua stupidità. Più volte ha modo di scontrarsi con Cono del quale ha un timore di fondo dovuto alla forza atletica del ragazzo e al fatto di aver già preso una certa "ripassata" dallo stesso, Romano provoca Cono ma mai direttamente da buon vigliacco.
Ma una notte la situazione precipita, Romano fa qualcosa di terribile e Cono , che lo coglie sul fatto, lo picchia a sangue.
Il ragazzo è costretto a dire addio a Serenella e a fuggire dal paese, finirà per arruolarsi ed essere deportato allo scoppio della seconda guerra mondiale. Nel campo di concentramento il pugilato è considerata un'attività importante , la praticano le guardie e soprattutto i detenuti, un modo per usarli per rendere interessante i tornei in cui i poveri deportati, fiaccati dalle condizioni disumane in cui vivono con lavori massacranti, poco cibo e nessuna cura alle malattie , finiscono per diventare carne da macello.
Non Cono, che non ha mai boxato in vita sua ma ha un fisico da atleta allenato dal duro lavoro nei campi, ed è sostenuto nello spirito dalla promessa fatta a Serenella la notte in cui hanno dovuto separarsi "tornerò da te e ti renderò felice".
Il pugilato diventa per molti una possibilità di riscatto, il giovane Cono , che nonostante le privazioni stende i kapò sul ring come fiossero pupazzi , diventa una specie di giustiziere , toccanti i momenti in cui i compagni di baracca gli mettono da parte qualcosa del quasi niente delle loro razioni quotidiane, magari un pezzo di pane duro, perchè lui possa essere più in forze quando combatte.
Marone punta molto sui rapporti umani tra i prigionieri, in particolare la complicità tra Cono e un ragazzo romano un pò più grande di lui , Palermo, che lo sostiene e lo accudisce come un fratello maggiore, tenedone a bada gli impeti pericolosi con l'obiettivo di riuscire a sopravvivere a quella prigionia e tornare ai propri cari. In quello che è uno dei posti più terribili del mondo Marone racconta quella che è una grande storia di amicizia, vera, essenziale, senza troppe parole, fatta di gesti tutti importanti, direi vitali, in un mondo in cui molti persero la famiglia trovarono dei fratelli, uniti dall'istinto di sopravvivenza ma soprattutto da un sentimento di umana fratellanza .
Finale emozionante , l'autore è riuscito a tornare su un tema trattato ormai innumerevoli volte in letteratura con la sua sensibilità leggera e incisiva.
“Spossessato d’ogni bene, denudato, intorpidito e umiliato, avrebbe affrontato la tempesta con in testa una preghiera quotidiana tra le tante, che la paura della morte
non gli togliesse l’unica cosa che gli era rimasta al mondo, la sua irrinunciabile dignità.”
Molto molto bello.

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