Rinascimento Privato
Letteratura italiana
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Fiera leonessa
1533. Cento orologi segnano il ritmo dell’universo, battono lo scoccare del tempo in momenti diversi e in diversi timbri. Rintocchi perfetti e imperfetti, capricciosi e ingannatori, evocano immagini degli anni trascorsi. Anni frenetici di vicende politiche, alleanze e macchinazioni. Anni intensi di passioni, amicizie e sofferenze. Anni ricchi di incontri, arte e bellezza. Nella stanza degli orologi, a quasi sessant’anni, Isabella d’Este si ritrova così a ripensare alla propria vita. E a raccontare.
Maria Bellonci decide di delineare le vicende e i tratti di una delle figure più celebri e importanti del Rinascimento italiano attraverso la veste letteraria di una finta autobiografia. Veniamo così trasportati nel cuore di questo periodo storico attraverso un punto di osservazione davvero speciale: gli occhi della marchesana di Mantova.
Figlia di regina, cresciuta nella raffinata e intellettualmente vivacissima corte ferrarese, Isabella è una donna fiera e orgogliosa. Colta, elegante, raffinata, ha saputo costruire attorno a sé una corte di ineguagliato splendore ma, oltre alla nota immagine di protettrice delle arti, quella che si dispiega nelle pagine è una figura di grande spessore politico. Acuta di mente e autonoma di pensiero, è capace di vedere oltre le apparenze e leggere e anticipare le dinamiche di un mondo continuamente infiammato da guerre, alleanze, congiure e oscure trame. Consiglia, informa, ordisce e, quando il marito resta per anni prigioniero, regge il suo piccolo stato sfidando, lei donna, tutte le grandi potenze.
Da giovane Pico della Mirandola le disse: “Avete occhi fatti per vedere lontano; ma siete donna e potrà esservi difficile”. “Voglio vedere tutto e ci riuscirò”. Sono in effetti molti gli avvenimenti storici citati in questo romanzo, dalla caduta di Ludovico il Moro al Sacco di Roma, i cui precisi e dettagliati riferimenti testimoniano il rigoroso lavoro di ricerca storiografica condotto da Maria Bellonci. La scelta narrativa di adottare un punto di vista soggettivo, oltre che di utilizzare l’espediente del flashback, con continui salti temporali, rende però a tratti difficile la lettura per chi non abbia già buona conoscenza del contesto. Ad un lettore poco esperto di storia rinascimentale, come me, consiglierei, prima di abbandonarsi a questa lettura, una rispolverata degli eventi caratterizzanti questo periodo storico.
Ciò che Maria Bellonci ritrae in queste pagine però non è solo storia e politica; è anche umanità e sentimenti. Una moglie che ha vissuto la passione e la confidenza coniugale, ma anche il tradimento, la sfida, l’umiliazione di essere messa da parte e infine l’affetto pietoso per quell’uomo comunque amato. Una madre che ha conosciuto l’intesa e la complicità con il figlio, giovane erede di cui era reggente, e che poi ha dovuto sopportare il dolore e l’agonia dell’esclusione, osservandolo tristemente crescere, guastato dall’egoismo e dall’adulazione, ed estrometterla dalla vita politica dello stato. Una donna che a tutto questo ha sempre reagito con la forza e la fierezza di una leonessa.
E’ una lettura complessa e impegnativa, anche per via dello stile erudito ed elaborato, che si avvale di preziosismi sintattici e lessicali, come la scelta di recuperare sostantivi e aggettivi dell’epoca. Un romanzo di innegabile valore ed originalità, da affrontare forse con un po’ di preparazione, ma capace di restituirci la profondità di una figura femminile che vale davvero la pena conoscere e approfondire.
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Isabella e Maria
“ Ho scoperto che la mia condizione di donna non è predominante in assoluto e non m’impedisce di diventare un essere compiuto, purché io non sia ingannata da me stessa. Ho imparato a vivere senza freddezze e senza spasimi non rinunciando perç alla ribellione e all’insorgere dei sentimenti.
Né diminuisce la mia facoltà di rendermi ragione. Ecco perché, vanitosa come sono sia pure temperatamente, non mi ha fatto vacillare lo scritto satirico di un uomo traditore del suo intelletto, Pietro Aretino, che non avendo mai avuto da me denaro o doni, mi ha accusato di essere vecchia con i denti falsi e il viso imbellettato. Certo, sono tutte cose vere che ad una ad una hanno aiutato la natura quando si è allontanata da me la giovinezza.”
È l’anno 1985 allorché viene pubblicato Rinascimento privato, l’unico autentico romanzo storico di Maria Bellonci, un’opera grandiosa, frutto di un lavoro durato una ventina d’anni e ultimato appena in tempo (l’autrice infatti verrà a mancare nel 1986). A differenza di altri suoi libri, particolari in quanto trattasi di storia narrata, qui invece troviamo un fervido sviluppo della fantasia, una grande capacità di spaziare pur ancorandosi agli autentici fatti accaduti, in poche parole una rilevante e insospettabile creatività.
Si tratta di una autobiografia immaginaria di Isabella d’Este, personaggio di primo piano in epoca rinascimentale, donna di grande intelligenza, dotata di un naturale istinto politico, quanto mai indispensabile in un’epoca turbolenta che vedeva il territorio italiano meta di conquiste straniere. Sposa a soli sedici anni di Francesco Gonzaga diventa così la marchesana di Mantova, un ruolo apparentemente di secondo piano, per una che era figlia di una regina e sorella del duca Alfonso d’Este.
La sua abilità fu tale che non solo riuscì a conservare l’indipendenza del piccolo marchesato, ma ottenne anche di poterlo elevare al superiore rango di ducato. La sua corte fu una delle più colte dell’epoca, animata da artisti di grande valore che lì trovarono le porte aperte e la più ampia libertà di espressione, tanto che si potrebbe dire che, se oggi Mantova è considerata una delle più importanti città d’arte italiane, il merito è soprattutto di Isabella d’Este.
La sua vita vide lo sgretolarsi delle speranze italiane di un’unità nazionale, anzi il nostro suolo divenne spesso terreno di contesa di Spagna e Francia, con gli inevitabili lutti e rovine. Eppure, Isabella e la sua corte restarono un faro unico e splendente in un ‘Europa in ebollizione, un luogo di pace circondato da guerre.
Il personaggio e l’epoca quindi non potevano non destare l’interesse di Maria Bellonci, che già molto aveva appreso durante la preparazione di Lucrezia Borgia.
Lungi dal volerne scrivere una biografia - che pure sarebbe risultata di notevole impatto storico-letterario, ma forse un po’ greve, data l’ampiezza del periodo e l’invero rilevante numero degli accadimenti - l’autrice ha inteso conservare, pur nel più scrupoloso rispetto di quanto effettivamente avvenuto, una certa autonomia, immaginando che sia Isabella d’Este che parli di sé, tanto che il romanzo inizia e termina nel 1533 nella Stanza degli orologi, decine di congegni meccanici amati dalla marchesana, a scandire un tempo mai uguale.
E’ lei che, ormai quasi alla fine del viale del tramonto (morirà nel 1539), ritorna con la mente indietro negli anni, ripercorre la sua vita, ci porta per mano dentro la storia complessa di un’epoca. Il linguaggio usato è moderno, ma impreziosito da una certa patina d’antico, dal ricorso, non frequente peraltro, a termini allora di moda e oggi ormai desueti, in un mirabile equilibrio che non solo non stanca il lettore, ma lo avvince sempre di più.
E poi c’è un’autentica chicca, un’invenzione geniale, che è rappresentata dalle lettere (che non sono mai esistite) che un ecclesiastico inglese, Robert de la Pole, invia a Isabella, lettere a cui lei mai risponde.
Perché sono così importanti? Per due semplici, ma notevoli motivi: l’amore platonico del mittente serve a mostrarci un’Isabella dapprima risentita, poi sempre più interessata, per un segreto che non è di stato, ma solo suo, per un’amicizia che non è amore, ma è sempre di più un affetto che finirà con il divenire reciproco; in tal modo Maria Bellonci completa la descrizione di un personaggio regale, austero, ma anche dotato di una notevole intima sensibilità, una donna insomma a cui grazia e di femminilità non mancano di certo. L’altro motivo è costituito dal fatto che in tal modo veniamo a conoscenza di fatti importanti dell’epoca che non hanno magari toccato direttamente Isabella e di cui lei non avrebbe potuto raccontare, il che non è poco, perché così si ha una visione generale pregna di un’oggettività che arricchisce le vicende storiche della marchesana, integrandole, mostrandocele da un punto di vista diverso, da un orizzonte più ampio.
Per le opere precedenti di Maria Bellonci non ho lesinato gli elogi, tutti meritatissimi, considerandole dei veri e propri capolavori, e mi trovo ora in difficoltà a giudicare un lavoro la cui qualità va oltre l’immaginabile, perché, libera di sviluppare la propria creatività, l’autrice ha profuso tutte le sue energie e le sue eccelse qualità in un ritratto di una donna in cui è presumibile cercasse dei punti di contatto. I frequenti ritrovi della marchesana con gli amici letterati ricordano un po’ gli incontri della domenica in casa Bellonci e non è forse un caso se le affermazioni di Maria e Isabella vengono anche a coincidere. Entrambe donne sono riuscite a entrare nella storia, a essere ricordate più dei loro mariti, che pure non erano certi degli sconosciuti. E la malinconia degli ultimi anni di Isabella, ormai vedova, e di Maria, pure lei privata del marito, accomuna idealmente i due personaggi, tanto che potrei definire questo libro il testamento spirituale dell’autrice, che ha saputo, in più di una pagina, trasmettere al lettore le vibrazioni del suo cuore, ha dotato di un tocco magico e sublime le memorie di una donna che procede lentamente verso il buio.
Rinascimento privato è assolutamente imperdibile.
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Isabella e l'arte di regnare.
Il libro descrive la vita di una delle più affascinanti figure femminili del Rinascimento, Beatrice D'Este, che ha regnato sul ducato di Mantova insieme al marito Francesco Sforza. Consapevole del suo ruolo, diplomatica, ambiziosa, colta e amante dell'arte: queste sono le caratteristiche salienti della protagonista che vive in un'epoca tempestosa in cui l'Italia è divisa in vari feudi, sempre in guerra tra loro e minacciati dalle invasioni straniere. In questa situazione difficile, si destreggia abilmente nelle attività di governo al punto da risvegliare i timori del marito, consapevole della sua personalità determinata e imperativa. E' molto gradevole la parte dedicata alla descrizione delle vesti sontuose con cui lei e il suo seguito si abbigliano per accogliere regnanti stranieri e stringere alleanze; le pagine che illustrano gli incontri con De Pole, un prete anglosassone in realtà mai esistito, che visita Isabella aggiornandola sui fatti politici; il ritorno di Ercole D'Este al castello di Ferrara dopo aver controllato le postazioni per la difesa del suo feudo.
Riporto alcuni brani:
"Mio padre aveva offerto al Moro mia sorella Beatrice; era un'estense anche lei, quella mia sorella brunetta, somigliante all'avo Ferrante d'Aragona, nelle gote pesanti e nella pelle olivastra, che portava due ciocche pendule ai lati del viso per rendere più affilato l'ovale. Beatrice, a Ferrara, era stata taciturna, attenta a osservarmi in ogni moto; e ancora mi meraviglio di avere assistito alla più straordinaria delle metamorfosi. Appena fu a Milano, appena sposa, si rivelò geniale nell'arte di conquistare il marito a forza di seduzioni incalzanti e recitate una per una".
"Mio padre, presso un bancone, aiutato dai suoi paggi, si toglie la corazza leggera, respira dal fondo del petto, getta da un lato i guantoni e allunga le gambe una dopo l'altra perché gli possano sfibbiare gli schinieri. Mia madre fa ancora l'atto di abbracciarlo e riversa su di lui parole commosse, incalzanti, appassionate. Ercole la guarda: il suo viso è benevolo, ma chiuso in una calma impenetrabile indifferenza. E' stanco, ecco. Lei non si avvede che è stanco e che non ha voglia di nulla; non sa che per nessuna ragione accoglierebbe l'invito a uscire da se stesso".
Lo stile ricco, ma al contempo musicale richiede la massima concentrazione per evitare di perdersi nello scorrere delle parole e di non apprezzare adeguatamente la trama. Con questo libro, uscito postumo, l'autrice vince il Premio Strega, ideato da lei e dal marito, un famoso critico letterario.
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Romanzo storico accurato e appassionante
Il lessico della Bellonci è ricercato ed elegante. Si sposa benissimo con il periodo storico e gli ambienti di cui narra. La corte dei Gonzaga nella Mantova Cinquecentesca appare vivida e più vicina, grazie alle descrizioni della quotidianità di corte. Siamo abituati a mandare a memoria date e nomi e spesso scordiamo che la storia è fatta da persone, uomini e donne che hanno nelle loro mani i destini di un popolo. Isabella d’Este è stata una grande donna, capace di condurre il marchesato di Mantova nonostante le insidie politiche (strozzata dallo strapotere dei Borgia prima, di papa Leone X Medici poi e divisa tra Vaticano e Impero sempre). Contro di lei anche l’inaffidabilità degli uomini di casa Gonzaga. Suo marito, Francesco, donnaiolo e spavaldo, che si fa catturare stoltamente dalla Serenissima e il figlio Federico, futuro Duca di Mantova, soggiogato dalle passioni amorose. Ed ecco che da questa sorta di diario di Isabella risaltano le figure di tutti coloro che la circondano, in uno spaccato tridimensionale che ci avvicina alla famiglia Gonzaga, alla corte di fanciulle, nani e soprattutto gli uomini di grande intelletto: Pirro Donati tra tutti. Sullo sfondo le corti di Milano, Ferrara, Roma e tutti i personaggi di spicco che l’Italia rinascimentale può vantare.
Non mancano flashback all’infanzia di Isabella, periodo in cui a Ferrara conosce Robert de la Pole, personaggio fittizio magistralmente inventato e condotto dalla Bellonci. Attraverso i suoi carteggi privati e a senso unico veniamo a conoscenza di ciò che tormenta l’Europa (la nascita del Protestantesimo e le lotte alle eresie luterane) e l’Inghilterra di Enrico VIII. Ottimo espediente per parlare delle ripercussioni che queste nuove correnti di pensiero avevano nelle terre italiche.
Peccato che in molti si facciano scoraggiare dal linguaggio sofisticato della Bellonci.
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L'affascinante Rinascimento della Bellonci
Un romanzo di non facile lettura ma una volta superate le prime difficolta’ legate allo stile complesso della Bellonci ed al linguaggio elegante che riprende antichi sostantivi e aggettivi in uso negli scrittori dell’epoca, questo splendido libro ci regala momenti indimenticabili. La Bellonci descrive perfettamente la vita dell’affascinante e intelligentissima Isabellla d’Este , che sposa Francesco Gonzaga, diventando la marchesa di Mantova inaugurando il proprio regno nel 1490.
Grazie alla sue indubbie qualita’ diplomatiche e di stratega riesce a districarsi tra le congiure , le alleanze ,i tradimenti , le guerre che caratterizzavano la turbolenta ma ricca di vitalita’ epoca del Rinascimento Italiano. I riferimenti storici sono rigorosi , frutto di uno studio approfondito dell’epoca, con l’inserimento di un personaggio inventato dall’autrice , De Pole un prete inglese ammiratore di Isabella d’Este , che permette alla Bellonci di commentare gli eventi politici .
Una trama densa e piena di riflessioni , che ci trasporta indietro nel tempo , un libro da leggere assolutamente per comprendere il Rinascimento