Rex iuba
Letteratura italiana
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Re Giuba ai confini dell’ecumene
Giuba il Giovane era figlio del Giuba re di Numidia, grande nemico di Cesare durante la guerra civile. Dopo la morte del padre, suicida, fu tratto prigioniero, ancora bambino, e mostrato come preda nel trionfo di Cesare. Però, poi, Ottaviano ne fece il suo pupillo. Lo fece educare da romano, così egli divenne un uomo colto e assetato di conoscenza. Sposatosi con Cleopatra Selene (figlia di Cleopatra VII e Marco Antonio) e posto dall'imperatore a capo del regno cliente di Mauretania, si mostrò sovrano illuminato e saggio. Appassionato di scienza e filosofia fu amico degli uomini più dotti del suo tempo ed egli stesso fu studioso eccelso, dedito a molteplici scienze ed esplorazioni.
“Rex Iuba” s’incentra sulla storica impresa che vide Giuba a capo di una spedizione di ricerca scientifica nel Mare Oceano. Con un pugno di uomini, imbarcati su due liburne ed una nave oneraria, si spinse sino ai limiti del mondo allora conosciuto per esplorare e cartografare le cosiddette Isole Fortunate che, proprio a seguito delle scoperte fatte, vennero da allora conosciute come Canarie, dalla specie di grossi cani che gli esploratori trovarono su quella che oggi è Gran Canaria.
Il libro ha il grande merito di far scoprire e mettere in giusta evidenza sia la notevole figura storica del re che l’impresa nautica dallo stesso compiuta, entrambe frequentemente neglette nei testi ufficiali. Giuba incarna l’archetipo dell’uomo erudito, di grande intelligenza e di insaziabile curiosità scientifica;.una figura quasi rinascimentale per i suoi entusiasmi poliedrici oltre che un monarca di grande saggezza politica. Il viaggio, felicemente compiuto con i primordiali mezzi dell’epoca, assurge ad impresa eroica e pietra miliare dell’esplorazione scientifica, per la scrupolosità con cui fu portata a termine.
Riconosciuto all'opera di Stefano Medas il valore di questa riscoperta, bisogna, però, anche osservare come il romanzo, che vorrebbe essere soprattutto un romanzo storico, risulti essere piuttosto piatto e poco coinvolgente, quantomeno per tutta la sua prima metà. I protagonisti della storia appaiono bidimensionali e non caratterizzati. I fatti vengono riferiti in tono asciutto come in una cronaca essenziale. Sembra quasi che l’autore, temendo di tradire le (poche) fonti storiche di cui disponiamo, si sia imposto di aderire fedelmente ed unicamente solo a ciò che è stato scrupolosamente documentato dagli storici dell’epoca, con stile freddo ed impersonale.
La storia decolla e comincia a prendere quota, ed i personaggi ad assumere più corpo e spessore, esclusivamente quando i protagonisti raggiungono le Isole Fortunate poiché, in assenza di documentazione particolareggiata, l’A. è stato costretto, necessariamente, ad integrare la narrazione con la propria fantasia.
I pezzi migliori, comunque, risultano essere quelli ove si descrive la lunga e pericolosa navigazione che le tre navi (con il parametro odierno, tre miseri “gusci di noce”) dovettero affrontare nell'immenso Oceano Atlantico. Lì l’A., una autorità in materia di storia della navigazione (insegnata all'università) ed anche archeologo e subacqueo navale, dà il meglio di sé, infondendo calore e partecipazione alle vicende raccontate con molta vivezza di particolari.
In conclusione, sotto il profilo del rispetto della verità storica, il libro appare documentatissimo, preciso e di grande interesse. Lo è meno sotto il profilo coinvolgente del romanzo storico ed è un vero peccato che la narrazione ci impieghi un po’ troppo ad ingranare e ad avvincere il lettore, perché l’argomento lo avrebbe meritato assolutamente.
Comunque, nel complesso, è un romanzo tutt'altro che disprezzabile; da leggere con attenzione, anche per apprendere qualcosa in più su questo grande uomo dell’antichità.