Qualcosa sui Lehman
Letteratura italiana
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Il fiuto per gli affari
Drammaturgo, scrittore, attore eclettico, che già conoscevo grazie ai suoi interventi, sempre ad effetto, in una trasmissione televisiva, e che ho avuto ancora più modo di apprezzare in uno spettacolo di prosa dal vivo qualche giorno fa a Piacenza. Leggendo per la prima volta un suo libro ho avuto il modo di chiudere il cerchio, nel senso di conoscerlo ancora meglio e di aprire una porta sulle infinite sue potenzialità e future creazioni. Il libro è stupendo, è una saga familiare che si dipana dentro quel carillon che è l’America. Una famiglia dotata di uno straordinario fiuto per gli affari, che partono dal cotone e poi dallo zucchero e caffè, per poi diventare una banca, approdare ai mercati del ferro, del carbone, del petrolio, del tabacco. Capaci di reinventarsi dopo gli eventi storici che hanno contrassegnato i secoli, la guerra di secessione, la prima guerra mondiale, il crac del 1929. L’autore ha scelto una prosa con una struttura tipicamente teatrale, forse perché il teatro esce da tutti i suoi pori. Con un’originalità a mio parere straordinaria il linguaggio è frutto di contaminazioni con la cultura, la storia, la letteratura, la religione, ma anche i fumetti, la pubblicità, il cinema. Un libro straordinario.
Indicazioni utili
La famiglia Lehman
«Prese un bel respiro, afferrò la valigia e con passo spedito – nonostante non sapesse ancora dove andare – entrò, anche lui, dentro il carillon chiamato America» p. 14
11 settembre 1844, “Welcome in America and Good Luck”, Heyum Lehman, detto Henry, tedesco di Rimpar, Baviera, figlio di un mercante di bestiame, partito astemio da Le Havre e sbarcato, quarantacinque giorni dopo di su e giù, a New York, esperto bevitore ed intenditore di brandy, rhum, gin, cognac, vino italiano e birra irlandese, partito da Le Havre ignaro di cosa fossero le carte e sbarcato campione di scommesse e dadi, partito timido, taciturno e assorto, sbarcato convinto di conoscere il mondo, dall’ironia dei francesi, alla festa spagnola, all’orgoglio schizzato dei mozzi italiani, partito con l’America fissa in testa, sbarcato adesso con l’America innanzi agli occhi e non più nei pensieri, è pronto per la sua personalissima avventura. E’ giovane Henry ma non manca di acume. Sin da subito comprende che deve mettersi in gioco, sin da subito non si tira indietro innanzi alla necessità di doversi spostare a Montgomery, in Alabama un luogo dove non si lavora per vivere ma si vive per lavorare.
Ha 26 anni, adesso, il protagonista, lavora, lavora, lavora e pian piano riesce ad aprire il suo negozio: “H. LEHMAN STOFFE E ABITI”. E’ la testa Henry e come tale fiuta un affare e non se lo lascia scappare! E’ una testa Henry e come tale ha fiuto e sprint imprenditoriale! Non mancano l’amore e i figli nella sua vita, ma l’attività viene prima di tutto. Henry starà solo per poco, arriveranno, quando meno se lo aspetta, i due fratelli, Emanuel e Mayer. Rispettivamente il braccio e la patata. Perché affinché il braccio non spacchi la testa e la testa non umili il braccio, serve un “bulbe”, un mediatore, una “patata”, un terzo che possa dividere, all’occorrenza, gli altri due. E così la vecchia insegna viene staccata e sostituita da una più grande, gialla su sfondo nero, incorniciata ed intagliata nel legno e riportante il nuovo nome: STOFFE E ABITI LEHMAN BROTHERS.
Ed ancora la testa non fi ferma, perché un imprevisto esterno porta l’idea, il cotone. Il regno dei Lehman è ormai avviato, nemmeno una tragica imprevista scomparsa potrà arrestare quella che è la loro ascesa all’olimpo. Dalle stoffe si passa al cotone, dal cotone al caffè, lo zucchero, il carbone e soprattutto si passa alla nuova frontiera caratterizzata dall’industria ferroviaria ancora ai suoi inizi, ancora tutta da finanziare. Quest’ultima è la seconda tappa del libro, intitolata “Padri e figli”, una tappa incentrata sulla rocambolesca scalata al potere del freddo e glaciale Philip Lehman, uomo determinato e con un obiettivo da raggiungere che sarà circondato nelle sue battaglie e conquiste dai cugini Sigmund, Dreidel, Herbert e Arthur.
Attraverso uno stile chiaro, limpido e poetico, Stefano Massini dà vita ad un romanzo storico di facile lettura e di gran contenuto, un romanzo storico atto a ricostruire quella che è l’evoluzione di una delle famiglie più potenti della realtà americana, una delle multinazionali più affermate e ricche ancora oggi esistenti.
E vi riesce con maestria, con acume e con scioltevolezza. Il suo è un testo che si fa semplicemente divorare, caratterizzato da tre colonne portanti: una trama solida e ben affermata che trae origine da una storia vera, un linguaggio accattivante e un design indiscutibilmente magnetico. L’opera presenta infatti una impaginazione in verticale, scenica, teatrale che facilita ulteriormente il proseguo ma che dimostra altresì la grande capacità narrativa del narratore.
Non solo, l’autore, mediante il canale della “ricostruzione” dell’albero genealogico di una famiglia riesce a descrivere anche quella che è la società in cui viviamo, che di economico ha ben poco e di finanziario tanto. E’ una parabola, la sua, sul compiuto capitalismo e sulla sua evoluzione alla forma odierna. Il fatto che la vicenda sia narrata da persone comuni, originariamente immigrati nella giovane America dalla vecchia e senza prospettive Europa, dalla vecchia e retrograda Germania, ne è un’ulteriore conferma.
In conclusione, “Qualcosa sui Lehman”, è un vero e proprio romanzo/ballata essendo lo stesso in grado di raccontare la storia della famiglia Lehman come nelle grandi letture classiche ed essendo al contempo in grado di farlo con il ritmo cadenzato ed accelerante e rallentante di una ballata.
Viscerale, goliardico, scorrevole, ricco di pathos.