Q Q

Q

Letteratura italiana

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In questo libro, costato anni di lavoro e di ricerca, il misterioso Luther Blissett, nome multiplo sotto il quale agisce un nucleo di destabilizzatori del senso comune, molto presente e attivo sulle reti telematiche, ha per la prima volta affrontato la forma romanzo. "Omnia sunt communia!", tutte le cose sono di tutti: il grido che aveva terrorizzato i principi tedeschi nelle rivolte contadine guidate da Thomas Muntzer risuona ancora sulle labbra degli sconfitti giustiziati dopo la disfatta di Frankenhausen del 1525. Ma chi ha spinto Thomas Muntzer all'avventurismo estremo? Chi scrive a Pietro Carafa, emissario del papa, lettere in cui gli consiglia, per contenere la rivolta, di allearsi con il maggiore nemico di Roma?



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Q 2018-08-20 16:31:02 La Lettrice Raffinata
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La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    20 Agosto, 2018
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Rivoluzione ad ogni costo

Questo romanzo è un album fotografico e… no, nessuno usa più gli album.
Riproviamo: questo romanzo è un tablet sul quale un parente o un amico ha archiviato le foto di un certo evento. E il narratore è quel cugino di secondo grado che vi piomba in casa, di ritorno dalla vacanza a Capo Verde, per propinarvi una di seguito all’altra le sue foto ricordo. Analogamente, l’anonimo protagonista ha un bagaglio ricco di avventure con le quali intrattenere il lettore, ma sembra abbia talmente fretta di passare da una scena a quella successiva da non dare il giusto spazio a nessuno, in una corsa quasi frenetica verso l’epilogo.
La narrazione si focalizza sui ricordi del protagonista ed è, come detto, generalmente sbrigativa, concentrando la dovuta attenzione solo su pochi eventi.
A (parziale) difesa degli autori, va precisato che il romanzo copre un arco temporale di oltre trentacinque anni; e tuttavia, non sarebbe stato sufficiente risparmiare al protagonista qualche “incontro fortuito”, per incentrare la narrazione su un numero minore di avvenimenti.
Invece il protagonista si ritrova al centro di ogni movimento religioso rivoluzionario ed incrocia la strada di ogni figura di spicco, politica o spirituale.
La sua storia ha inizio all’università di Wittenberg, dove ovviamente incontra Martin Lutero e Malentone; compreso che il padre della Riforma sta diventando un burattino nelle abili mani dei principi tedeschi, il giovane sceglie di seguire fedelmente Thomas Müntzer, nel tentativo di sollevare gli umili, fino alla cruenta disfatta di Frankenhausen..
Ci sarà poi il tentativo di far insorgere un’intera città, Münster, contro il suo vescovo e fondare una Nuova Sion; la coesistenza di più leader con idee non sempre concordi porterà al progressivo sfaldamento del sistema su cui poggia la vita della città. Ancora una volta il protagonista riesce a salvarsi e, ad Anversa, diventa membro di una setta anabattista e con il loro capo organizzerà un’astuta truffa ai danni addirittura dei Fugger.
La parte finale del romanzo ha come ambientazione il nord Italia, dove il protagonista ha ben tre obiettivi: gestire un bordello veneziano, contribuire alla diffusione di un libello eretico e formare un gruppo di anabattisti che faccia da esca per il suo eterno rivale. Ah, nel mentre incontra anche un Papa.
Nelle sue peregrinazioni, il protagonista cambia spesso nome o assume l’identità di un altro, inizialmente per necessità e poi per scelta; ciò si ricollega in modo evidente alla pratica anabattista di somministrare il battesimo ai soli adulti, perché capaci di comprenderlo. Personalmente ho trovato il protagonista poco approfondito nelle sue motivazioni e desideroso di seguire chiunque lo possa trascinare nel vortice della rivoluzione, di facciata contro la Chiesa romana e in realtà contro ogni forma di potere che affligga gli umili.
Per contro ho apprezzato molto l’antagonista, anonimo quanto il suo avversario ma molto più efficiente e determinato, seppur a sua volta braccio armato di un nemico ben più potente.
Tutti gli altri personaggi sono immancabilmente secondari e privi di spessore, soprattutto perché il narratore ha troppa fretta per focalizzarsi su di loro. Il trattamento peggiore è però riservato alle figure femminili che sembrano create con lo stampino: tutte affascinanti, forti ed attratte dal protagonista.
Il romanzo di compone di diverse parti per ogni moto abbracciato dall’eroe, tutte divise in brevi capitoli, ed alternate alle lettere inviate dall’antagonista al suo maestro. Sul piano storico, il romanzo presenta una ricostruzione molto fedele, inficiata solo dalla scelta di adottare un linguaggio troppo moderno. E sono proprio i dialoghi uno degli aspetti che mi hanno più deluso, perché non passa quasi pagina senza una battuta con un’imprecazione o una bestemmia.
Per questo aspetto mi sento in dovere di sconsigliare questa letture a chi è sensibile ad un linguaggio o a delle scene violenti.

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Q 2016-12-20 17:41:18 cinecris
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cinecris Opinione inserita da cinecris    20 Dicembre, 2016
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De te fabula narratur

Un uomo che ha dimenticato il suo nome tante sono le identità che ha dovuto svestire attraversa come un fantasma senza pace il ferro e il fuoco di quasi quarant’anni di storia del Cinquecento, lasciandosi infine alle spalle la cenere della delusione e trovando il tiepido conforto del disincanto nel giardino d’Oriente.
Quest’uomo è senza nome perché la sua è in realtà la storia di una generazione intera che fortissimamente ha creduto e lottato, e rovinosamente ha perduto. La scommessa era una di quelle che puntano a far saltare il banco: bandire dal mondo l’ingiustizia, rovesciare il governo dei ricchi, raddrizzare il legno storto dell’umanità in nome di Dio per portare il Suo Regno sulla Terra.
Dopo aver abbandonato l’Università di Wittenberg in cui Lutero e i primi riformatori costruiscono l’arsenale teorico che di lì a poco sovvertirà l’Europa non solo religiosa, l’uomo senza nome prima impugna il forcone a fianco dei contadini in rivolta guidati dal predicatore Thomas Muntzer fino all’ecatombe di Frankenhausen, poi, circa dieci anni dopo, sposata la causa anabattista, diventa uno dei protagonisti di quel carnevale dell’Apocalisse che fu il sanguinoso e fugace tentativo di instaurare un governo teocratico basato sulla comunione delle donne e dei beni nella città vescovile di Munster.
Ad ogni giro della Storia aumenta la posta della violenza, e il candore dell’utopista colmo di fede e speranze lascia il posto alla frustrazione dello sconfitto che si illude di soffocare il dolore nel sangue altrui, mentre in cuor suo sa che è il proprio sangue che vorrebbe vedere versato primo: per farla finita con una vita diventata incubo. Eppure, quando la ragione sta per confondersi, ecco che la vita tende la mano: prendere una nave, non per scappare ancora ma per dare un senso ai giorni che rimangono restituendo ai ricchi banchieri la truffa con cui hanno eretto il loro impero di carta moneta che sostiene l’impero dei Principi e dei Papi. Solo per arricchirsi questa volta, bandito ogni ideale, e il tanto che basta a perdersi nell’anonimato di una vita benestante tra l’Olanda e Venezia.
Ma ancora una volta il destino si complica, e prende ancora una volta il nome misterioso di Q…
Queste e molte altre vicende tiene insieme questo romanzo ricchissimo che intesse in una trama fitta i momenti fondamentali della storia della prima metà del Cinquecento fino al 1555, anno che delude definitivamente le speranze di chi aveva creduto nella possibilità di un imminente rinnovamento religioso e sociale. Con un duplice colpo di grazia infatti viene eletto al Soglio Pontificio il Cardinale Carafa, che si serve dell’arma dell’Inquisizione e dell’ideologia potente dell’eresia per stroncare ogni tentativo di rinnovamento all’interno del campo cattolico, mentre la Pace di Augusta normalizza gli aspetti più sovversivi della Riforma riportandola sotto il controllo della spada dei principi tedeschi, estinguendo il carburante della fiaccola rivoluzionaria.
Sorvolando sugli alti e bassi di uno stile diseguale, quasi affrettato in alcuni passaggi, non sempre all’altezza delle ambizioni dell’opera, Q. è un’opera di indubbio valore per la capacità di ricostruire con finezza un’epoca intera, mostrando, attraverso le vicende del suo protagonista senza nome e il controcanto della sua fosca ombra Q., l’impasto di interessi materiali e ideali politici contrastanti, fede cieca e calcolo opportunistico, che sono il lievito della Storia.
Ma forse il merito più grande del collettivo Luther Blisset è stato quello di averci calato in una storia all’apparenza così lontana solo per raccontarci il nostro passato prossimo. Come non vedere nelle vicende del protagonista l’itinerario personale di quei tanti che furono animati di grandi speranze nel Sessantotto, che poi esasperati dalla repressione degli Anni di Piombo presero la strada della lotta armata fino al sanguinoso Settantasette, e infine fuggirono in un lontano Altrove dove dimenticare se stessi e dedicarsi alla cura esclusiva del proprio giardino negli anni del reflusso?
Consiglio il libro non solo a chi è già appassionato alle vicende della Riforma ma anche a chi abbia la curiosità, avvicinandosi il cinquecentenario dell’affissione delle 95 tesi di Wittenberg, di comprendere la ragioni e le vaste conseguenze di un movimento religioso che fece da innesco a radicate tensioni politiche internazionali e infiammò lo scontento popolare di fronte alla prepotenza dei nascenti stati moderni che minavano l’equilibrio di assetti sociali consolidati da secoli: ennesima incarnazione dell’eterna aspirazione degli uomini migliori di ogni epoca a risollevare la condizione dei propri fratelli, rovesciando le ingiustizie per preparare un regno di pace.

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Q 2016-11-04 21:19:24 Mane
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Mane Opinione inserita da Mane    04 Novembre, 2016
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All’illustrissimo, reverendissimo, osservandissimo

"Q" è un romanzo storico con tutti i crismi, in cui il collettivo di scrittori che si cela dietro il nome di Luther Blissett, ha compiuto senz’altro un’ammirevole lavoro di approfondimento e ricerca per poter improntare l’opera con un’atmosfera e uno sfondo quanto più verosimili e aderenti alla realtà del tempo delle guerre di religione del 1500. Nondimeno, forse, per chi non è particolarmente appassionato di questo tipo di romanzi storici, le attenzioni riservate alla cura delle verosimiglianza storica rischiano di imbrigliare le ali della narrazione, rendendo più faticosa la lettura.
Sicuramente, le prime 100 pagine mettono alla prova il lettore, che rischia di ritrovarsi frastornato, e confuso.
Inoltre a voler essere più severi la storia comincia a far effettivamente presa sulla curiosità solo dopo oltre metà del romanzo, il che può senz’altro scoraggiare.
Alla conclusione della lettura ci si sente quindi un po’ provati, con un infinito cimitero di nomi insignificanti alle spalle: troppi personaggi e comunque poco caratterizzati per poterli ricordare tutti. Personaggi che vestono i panni dei protagonisti per dominare brevemente la scena e poi dismetterli per far posto ad altri presto colpiti dallo stesso destino. Il vero protagonista principale, invece, non ci abbandona mai, ma cambia costantemente il suo nome in un rovinoso peregrinare in lungo e in largo sulla carta geografica del vecchio continente fra tanti luoghi pressoché anonimi (fatta salva Venezia abilmente dipinta attraverso il racconto).
Lo stesso protagonista non riesce a prendere effettivamente forma nell’immaginario del lettore e piuttosto risulta a tratti assurdo nella sua invincibilità, nella sua perseveranza, nella fiducia incondizionata che ripongono in lui i più disparati personaggi investendolo di volta in volta di compiti apparentemente troppo importanti per una persona incontrata più o meno casualmente. In compenso ci accompagna rendendoci spettatori di una selva di dialoghi e di sermoni, cui sfortunatamente corrispondono nell’arco di tante pagine pochi “stiracchiatissimi” giri di vite alla trama.
Particolarmente interessante è, invece, la costruzione dell’antagonista Q, in gran parte realizzata attraverso l’espediente della corrispondenza epistolare. Del suddetto carteggio si legge soltanto la parte delle missive scritte di proprio pugno da Q e rivolte al suo malefico e scaltro signore, impreziosite dall’estrema ossequiosità indirizzata al padrone (osservandissimo, illustrissimo, reverendissimo…), capace di rievocare dai ricordi d’infanzia le più efficaci immagini dei “cattivi” custodite nella memoria.
Personalmente ho apprezzato talmente tanto la tessitura dell’immagine di Q che durante il racconto quasi ho finito per parteggiare per lui, con i suoi terribili inganni al servizio delle mire dispotiche della sua guida.
Complessivamente quella del collettivo Wu Ming (altro pseudonimo degli autori di "Q"), rappresenta un’iniziativa estremamente interessante e quantomeno peculiare nel suo genere. Ammetto di essere arrivato a leggere “Q” dopo esser stato conquistato da “L’armata dei sonnambuli” degli stessi autori, forse dotato di una trama più coinvolgente e di personaggi meglio scolpiti.

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Wu Ming
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Q 2015-03-05 15:29:23 charles
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charles Opinione inserita da charles    05 Marzo, 2015
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Le prime 100 pagine mettono alla prova poi scorre

una recensione non certo facile, d'altronde all'altezza della lettura del libro stesso.

Inizio con il dire che il valore e lo spessore di tale opera lo si percepisce e gusta appieno solo una volta chiusa l'ultima pagina. Solo allora molti tasselli rimasti in sospeso trovano la loro collocazione "spazio-temporale" (si, è proprio il termine esatto) e la storia scorre, in flashback, nella propria mente, in modo ordinato. Con piacere si riprende il libro rileggendo alcuni passaggi e finalmente sarà possibile attribuire loro il corretto significato. "Nell'affresco io sono una delle figure di sfondo".

Per questo motivo: tenete duro! non osate abbandonare tale libro a metà! va preso a due mani e portato a fondo, glielo dovete se non altro per l'incredibile lavoro storico e narrativo che vi sta dietro. Vi assicuro non ve ne pentirete. Vi ricordo che le prime 100 pagine sono "il test di iniziazione", superato quello il libro scorre via in quattro o cinque giorni, garantito.

La trama è tortuosa e parecchio lunga, sintetizzo in modo poco elegante dicendo che si tratta di un universitario di teologia che decide di passare dalla teoria alla pratica unendosi agli eserciti di ribelli che vanno formandosi nella germania del 1500 in antitesi al potere aristocratico e clericale. Questo lo porterà a scontrarsi con innumerevoli fazioni e personaggi, la narrazione qui è dinamica, brutale, violenta, a tratti volutamente volgare, contrasta con il tono pomposo ed aulico delle lettere e delle discussioni dei teologi eruditi come potrebbe essere uno schizzo di sangue e fango su una pergamena.
Ben fatto.

In antitesi al nostro, un certo Q, che in veste di "arcinemico" suo malgrado, scombina spesso i piani dei rivoltosi.
*SPOILER AHEAD*
fino allo scontro finale, che a dire il vero finisce per essere davvero banale nel suo epilogo....ma forse anche questo è voluto dagli autori. Un'epopea omerica...che termina in un bordello. La banalità della vita e del destino in fondo, non trovate?
*FINE SPOILER*

A tratti il testo si fa pesante, sembra un libro di storia. Il che può essere inteso anche come un valore aggiunto, sapendo però a cosa si fa incontro. Personalmete ho letto tali passaggi in via un po' obliqua per poi magari tornarvi meglio alla fine.

Tutti i personaggi storici citati sono realmente esistiti, anche nei fatti citati si riscontrano moltissimi elementi storici. Che lavoro immane, sarebbe da far leggere a scuola in alternativa ai promessi sposi ...eheh.

Una volta terminato resta un senso di tristezza e malinconia...si vorrebbe ce ne fosse ancora. Non capita spesso questa sensazione, che davvero certifica la bontà di un libro a mio avviso.


Se volete testarlo, si trova in free download in formato ebook nel sito del collettivo WuMing.
un testo del genere e pure gratis, che volete di più? solo per questo si meriterebbe 5 stelle.



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Q 2015-01-03 20:08:52 mimmod
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Opinione inserita da mimmod    03 Gennaio, 2015

dentro la Storia

Di seguito possibili spoiler!
Grande soggetto, ma sviluppo non all'altezza.
Il libro resta un'eccellente opera di alfabetizzazione sul secolo XVI per le menti italiche bucherellate di superficiali nozioni che il nostro sistema scolastico -chissà se per consapevole scelta di oscuri epigoni del Carafa- offre ancora oggi su quel ribollente periodo.
Spiegare in due pagine di prologo l'origine vera del successo della protesta luterana, disegnare dell'Agostiniano un profilo obeso spietatamente lontano dall'agiografia, sbozzare in successione biografie di personaggi come Muntzer, Jan de Leida, Matthys, Carafa e compagnia, narrare la tragica epopea del regno di Munster, svelare la meschina origine dell'antisemitismo europeo, tutte cose che da sole valgono il prezzo del libro ed anche un encomio del Provveditorato agli studi (o come diavolo si chiami oggi) contro l'analfabetismo di andata e di ritorno.
Bravi a narrare la Storia i nostri lo sono meno nell'inserirvi il parto romanzesco.
Il loro Gert inventato che percorre tutti gli eventi drammatici entrando e uscendone sempre per caso, come un Boldi-Desica in 'a spasso nel tempo', convince poco, senza contare l'incoerenza (o la banalità di percorso) del giovane rivoluzionario poi convertito -come un sessantottino qualsiasi- in maturo imprenditore nel ramo truffe, corruzione e prostituzione, alla faccia dei 10 comandamenti e pure riparato al caldo della repubblica delle banane dell'epoca.
Non più felice + Q, troppo debole la sua identità finale di personaggio di serie C della trama, poco credibile la sua ribellione finale.
Entrambi sembrano arrivare alla fine dei loro giorni senza più alcuna fede, la morale sembra essere che Dio è già morto con qualche secolo d'anticipo.
La narrazione é complessivamente un po' ridondante e ripetitiva, si poteva raccontare tutto con parecchie pagine in meno, già visto mille volte l'incendio come soluzione narrativa (qui per volatilizzare Q e la minaccia al destino storico di Carafa), difficile da reggere la profusione di lettere, cartoline e diari senza spunti essenziali al progresso del racconto.
Ah, ho letto Q dopo 'l'Armata dei sonnambuli', in cui la capacità di innesto romanzesco sulla vicenda storica è decisamente superiore, con gli anni migliora anche il collettivo.
Bel libro, comunque, Q.

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Q 2013-09-04 23:52:09 ml11
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ml11 Opinione inserita da ml11    05 Settembre, 2013
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Omnia sunt communia

Tutto è di tutti. Un'utopia a lungo inseguita nel corso dei secoli. Un sogno per cui lottare fino alla morte. Padroni contro schiavi, oppressori contro deboli. E sullo sfondo un sogno ricorrente, l'idea di poter creare una comunità all'interno della quale nessuno possa farsi valere con la forza, dove solo le regole del Signore indichino agli uomini la via da seguire. Un'Europa dilaniata dalle tensioni e dalle guerre, mezzo secolo di rivolte, da Frankenhausen alla Munster anabattista, dall'Olanda all'Italia percossa dall'Inquisizione: un affresco ben congegnato dal collettivo che risponde al nome di Luther Blissett. Uno stile sobrio, forse un po' scarno, ma accattivante al punto giusto guida le imprese di un rivoluzionario dai mille nomi e la sua guerra personale contro gli oppressori ed il suo grande nemico: Q.
Un'opera ben strutturata, popolata da una ricca varietà di personaggi provenienti da ogni ceto sociale. La lettura del romanzo risulta gradevole, nonostante il ritmo non sia sempre incalzante e qualche situazione si ripeta più volte, forse troppe.

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Q 2013-04-22 20:13:57 Ale96
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Ale96 Opinione inserita da Ale96    22 Aprile, 2013
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Sete di libertà, fratellanza, uguaglianza

“E' la consapevolezza che mi avevi dato: non libereremo mai i nostri spiriti, senza liberare i nostri corpi. E se non ci riusciremo, di questi corpi non sapremo che farcene: sono tempi in cui la miseria e la forca non sono poi tanto diverse. E allora vale la pena spezzare il giogo e accettare quanto il destino ci consegnerà alla fine. Combatteremo ancora. Di nuovo. O moriremo provandoci.”

Ecco ciò che ha ricercato per 30 anni il protagonista di quella poliedrico, pregnante, ammaliante opera che è Q.

31 ottobre 1517: alla porta della chiesa di una dimenticata cittadina sassone, Wittenberg, vengono affisse da un frate agostiniano 95 tesi contro la pratica dell' indulgenza scritte di suo pugno. Il suo nome è Martin Lutero.
25 Settembre 1555: ad Augusta viene siglata una pace tra principi luterani e l'imperatore cattolico Carlo V. Si afferma il principio del “Cuius regio eius religio” ( la religione del principe è quella dei suoi sudditi).
E in mezzo a queste 2 date? Le avventurose e drammatiche vicende di un eresiarca desideroso di sovvertire l'ordine di arretratezza, feudalesimo e vessazione dell'Europa cristiana. Il suo nome? Non me lo ricordo più. Ne ha avuti così tanti! Ludovico il Tedesco, Eloi, Tiziano... Io lo denominerò con quello che mi ha attratto di più: Gert dal Pozzo.
Studentello tedesco stanco delle inutili discussioni teologiche di Melantone, il giovane Gert diventa seguace e grande amico di un ardente profeta di nome Thomas Muntzer il quale ,d'accordo con le idee di Carlostadio, predica un comunismo evangelico e la legittimità della rivolta quando le leggi civili non seguono quelle delle sacre scritture. E con lui questo focoso studente guiderà i bracciati tedeschi in un vero e proprio terremoto sociale che passò alla storia come la guerra dei contadini, fino a Frankenhausen (1525) dove migliaia di rivoltosi furono massacrati dai rozzi mercenari dei principi filo-luterani. Il nostro Gert riesce a salvarsi, ma deve fuggire, cambiare nome e con sé porta i fantasmi dei suo compagni trucidati desiderosi di vendetta.
Tutto ciò segna solo l'inizio di un lungo viaggio per il continente europeo contraddistinto da numerosi tentativi di risorgere dalle ceneri contro lo strapotere di boriosi aristocratici, lascivi ecclesiastici e viscidi banchieri-usurai però molti di essi si concluderanno con massacri, stupri, razzie e sconfitte. Ma chi si cela dietro a tutte queste disfatte? Q...

I 5 autori sotto lo pseudonimo di Luther Blissett con un lavoro preciso, rigoroso e rispettoso degli avvenimenti storici, sono riusciti completamente a renderci il quadro politico,sociale,economico culturale della prima metà del XVI secolo- un'epoca di baraonda e tumulti e di imminente fine del mondo- con una vicenda avvincente e ben congegnata.
Tuttavia la lettura non è stata assolutamente leggera per l'impostazione che hanno dato i suoi autori. Infatti buona parte del libro è sotto forma di diario frammezzato però da numerosi inserti, quali l'Occhio del Carafa o il diario di Q che, aggiungendoci i numerosi personaggi e flashback, hanno creato più di una volta confusione e disorientamento. Inoltre si nota molto chiaramente come l'opera sia stata composta a “10 mani”: passiamo infatti da fluenti e carezzevoli descrizioni a frasi nominali, spesso composte di una sola parola e prive di connettivi. Ed è proprio tale stratificazione stilistica che ha costituto ( specialmente nella prima parte dell'opera) l'ostacolo fondamentale della lettura. Ma tutti gli sforzi compiuti sono stati proficui per la resa ricca e particolareggiata del periodo storico oggetto della narrazione la quale si trova raramente.

Q è un libro affascinante, illuminante e particolare che consiglio fortemente anche per comprendere appieno un periodo storico fitto di avvenimenti e innovazioni i quali hanno posto le basi del mondo moderno: il '500. Buona lettura.

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Q 2012-11-25 10:45:30 Enzobis
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Enzobis Opinione inserita da Enzobis    25 Novembre, 2012
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un nuovo mondo

“Q” resta impresso nella memoria per diverse ragioni. La prima è che leggendolo si entra in un nuovo mondo – nuovo ed inaspettatamente intrigante. Siamo sinceri: del XVI secolo, della riforma e di Lutero, la stragrande maggioranza di noi nulla sa, oltre alle poche nozioni imparate a scuola. Per non parlare di tutti gli ulteriori mille fermenti culturali e religiosi di quel periodo, dei vari Thomas Müntzer o Jan Matthys o Jan di Leida e così via, degli Anabattisti o degli Spirituali … persone e vicende del tutto sconosciute - sino a che, appunto, non si legge “Q”. Un altro grande merito del libro è, d’altra parte, il rigore storico: se pignolescamente si consulta, volta per volta, Wikipedia, ci si accorge che, tranne poche eccezioni, i personaggi citati sono effettivamente esistiti ed hanno vissuto nei luoghi e nei modi che "Luther Blisset" descrive. Quindi “Q” è non solo un bel racconto, ma anche un gigantesco puzzle in cui le avventure del multiforme protagonista si incastrano con le vite e le vicissitudini di tantissimi personaggi reali, consentendoci di seguirne le gesta “da vicino”, e così' di comprenderli meglio. Forse il libro non è scritto in modo brillante, intendo proprio dal punto di vista lessicale; ma ciò non impedisce di consigliarlo vivamente, soprattutto (ma non solo) a chi ama i romanzi storici.

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Q 2012-03-29 07:59:41 liberlu85
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liberlu85 Opinione inserita da liberlu85    29 Marzo, 2012
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Affresco di una cruda realtà storica

Consigliatomi da un'amica che con molta insistenza mi dice di non fermarmi all'apparenza. Lei mi conosce e sa che non sono una grande amante dei romanzi storici. Lo acquisto (premetto che Q è scaricabile gratuitamente in pdf, ma io essendo sprovvista di e-book reader ho dovuto acquistare il cartaceo) e ne rimango folgorata. Q richiede impegno, richiede impegno perchè le linee temporali non seguono l'iter cronologico, i flashback sono continui, e spesso per chiarezza il lettore si ritrova a tornare indietro di qualche pagina per capire la distanza temporale tra un capitolo e l'altro. I narratori sostanzialmente sono due, come due sono i personaggi "principali" di questo libro, accanto a una miriade di altri personaggi secondari. Protagonisti e narratori sono quindi un anonimo eretico anabattista e Q, il suo nemico, spia per i papisti nel periodo delle lotte all'eresia. La vicenda si snoda dal 1522 circa al 1555, i luoghi sono i più vari, diciamo che si va dalla Germania alla Gran Bretagna e fino in Italia. Il giovane eretico si trova a inseguire un solo sogno, nonostante i mille modi per raggiungerlo: la volontà di cambiare una realtà che non piace, che ha stancato, l'immobilismo medievale, fatto di caste e soprusi verso le classi più deboli. Sotto questo unico ideale il protagonista cerca di inseguire e aiutare i più svariati profeti credendo all'utopia di poter cambiare le cose, stravolgere quella "reductio ad unum" quei "due soli" (impero e papato) che tanto hanno stancato, e stanca anche Lutero, consegnandosi e "ingrassando" alle spalle dei principi tedeschi.
Prendetevi tempo con questo libro: le prime cento pagine servono ad ambientarsi, a condire il tutto, a farvi capire le logiche del libro. Non sono cento pagine in cui vi danno un'accozzaglia di nozioni (come dicono i più), perchè di fatto non differiscono dalle altre 500, ma sono cento pagine in cui voi entrate nel meccanismo della storia, nella tecnica narrativa, vi servono (quindi) per capire la chiave di lettura. E' un romanzo scritto a 5 mani e si vede. Io però mi sento di dire "grazie a Dio si vede", perchè si capisce perfettamente che gli stili, le sensibilità sono diverse: ci sono punte di poesia pura, affiancate da terrificanti descrizioni, crude e ostili o ancora momenti di alto nozionismo storico. Q è il risultato di tutto questo, senza tutte queste caratteristiche il romanzo non sarebbe così ben riuscito. Se fosse solo poetico, o solo nozionistico o solo crudo sicuramente non sarebbe così perfettamente amalgamato.
I capitoli sono tanti, tantissimi, e durano circa 2-3 pagine ciascuno. Ciò rende il ritmo incalzante, invogliando il lettore a leggere ancora, e ancora.
E' un libro favoloso, un gioiello, un'opera di incontestabile maestria. Consigliatissimo.

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Romanzi storici, uno su tutti "il nome della rosa"
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Q 2011-12-30 09:27:00 silvia71
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
3.0
silvia71 Opinione inserita da silvia71    30 Dicembre, 2011
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Quanto è dura la scalata

Ritengo che recensire Q sia un'operazione complessa quasi quanto la sua lettura.
Procediamo per gradi: col senno di poi, ho maturato due convinzioni, ossia che prima di abbandonarsi tra le braccia di un romanzo di tal fatta, sia necessario rispolverare qualche reminiscenza storica e riappropriarsi degli eventi caratterizzanti il XVI sec., periodo animato sul piano politico e religioso, in secondo luogo penso sia raccomandabile appartenere ad un pubblico avvezzo ad aggredire stili letterari elaborati e segnati da un grado di comprensione non immediato.
Questa premessa è d'obbligo in quanto, come tutte le scalate per conquistare le vette, la buona riuscita è figlia di una adeguata preparazione.
E' innegabile che la lettura sia alquanto disagevole sia per lo stile adottato dal collettivo di autori sia per la molteplicità dei personaggi.
Anche se hanno cercato di uniformarsi il più possibile, le diverse penne hanno lasciato tratti alquanto diversi tra loro, creando una stratificazione stilistica paragonabile a quella di un terreno in cui si passa da parti più tenere e penetrabili a parti ruvide, solide e pressoché insondabili.
Questa constatazione non vuole comunque sminuire il gran lavoro sotteso alla stesura del romanzo e la buona qualità letteraria di cui brilla, capace di mettere in scena un secolo così lontano e poco esplorato, ammantandolo di veridicità di espressioni e immagini.
L'excursus temporale narrato è discretamente lungo e vasto il panorama europeo ritratto, abbracciando tutte le vicende salienti degli anni della Riforma protestante, incrociando le voci e le sorti di personaggi realmente esistiti con altri di pura fantasia. Viene fotografato un secolo dilaniato da lotte intestine tra i principi ed i re, tra la Chiesa di Roma e i nuovi sovvertitori dell'ordine religioso, senza tralasciare le banche e il monopolio economico; guerre, faide, intrighi, complotti, corruzione, fame di potere, lucro,vendette.
Questo è il cuore pulsante di Q.
Un mondo lontanissimo dal nostro all'apparenza, ma ai fatti così vicino da rispecchiarcisi.
Il messaggio degli autori si innalza forte e prorompente da queste pagine, spogliandosi da ipocrisie, buonismi e interpretazioni faziose, pronto a condannare i colpevoli e a mettere in luce il marciume, di qualunque natura esso sia, politico, religioso o sociale.
Argomenti imperituri, che la storia ci racconta da sempre e che sembrano continuare a convivere con l'umanità, adeguandosi ai tempi come dei camaleonti ma invariati nella sostanza.

Un romanzo originale, impegnativo, sostanzioso, da affrontare con le dovute cautele, ma in grado di traghettare il lettore a spasso per i vicoli più bui e meno pubblicizzati del passato.


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