Piero fa la Merica
Letteratura italiana
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Piero e la Merica
È da sempre un po’ il sogno di tutti, la Merica. Un sogno che obbliga a una scommessa in primo luogo con noi stessi.
«L'essere partiti per fare la Merica li ha obbligati a una scommessa, come quando da piccolo, sul sagrato della chiesa di Biadene, si giocava le sue biglie di terracotta contro i coetanei. Solo che la loro scommessa non ha vie di fuga, o la vinci e la vivi, o la perdi e la muori. Gioco tristo, senz'altro, ma per quel gioco lì Piero non si sente in colpa, mica l'ha inventata lui, la miseria.»
Un luogo che per chi è abituato a vivere con il niente e a far fatica a mettere insieme un pranzo e una cena tanto da arrangiarsi con lavoretti saltuari e a coltivazioni di terre altrui, è sogno utopico, illusione. E se un giorno si prospettasse la possibilità di averla una terra tutta per sé? Se quella terra si trovasse proprio lì, alla Merica? Piero dei Gevori che di anni ne ha quindici sa bene che spesso il miraggio dell’illusione cela una verità amara. Piero è abituato a sentir urlare i padroni, è abituato alle ingiustizie, è abituato a dover fare per accontentare e accontentarsi. E anche quando il padre decide di partire per la Merica del Sud, per il Brasile, e tra i prescelti vi è lui, Lina, la sorella che si sarebbe presa cura di tutti gli uomini di casa, e Tonìn, ancora legato alla madre, immagina la difficoltà di quel viaggio che già dai preparativi per la traversata mostra tutte le sue criticità. Non può partire tutta la famiglia, la madre è di nuovo incinta, i figli ultimi nati sono ancora troppo piccoli.
Piero sa bene che ci dovranno essere tanti compromessi e sa bene che la stessa traversata non sarà semplice già solo per il fatto che la maggior parte dei viaggiatori di terza classe non ha mai staccato i piedi dalla terra ferma prima di quel partire.
La Merica però significa anche ricominciare. Tutto va costruito e ricostruito dalle fondamenta, nulla è risparmiato. Lui è originario di una famiglia veneta, sa adattarsi alla vita, è spinto dal fatto che c’è della terra, “terra a non finire. Terra vera che aspetta solo chi venga a prendersela”. È questo ciò che più che tutto anima la famiglia. Tanti sono i migranti che come loro hanno lasciato il Veneto per ricominciare. Bisogna imparare, ripensare i valori, vanno riadattati ai tempi nuovi.
«Ha presto inteso che nella vita, prima di tutto, bisogna restare vivi, e che non c'è nulla di più forte della famiglia per chi, come loro, è stato costretto a dare un calcio a tutto il resto, casa paese lavoro, per ripartire daccapo.»
Piero è abituato a soffermarsi sulle cose fondamentali, sa adeguarsi e sa andare avanti anche quando le cose che desidera non sono per lui. Ha vissuto nella miseria ma i suoi occhi quindicenni sono ancora illuminati dalla fortuna, dalla speranza, da quel futuro che arriverà anche per lui. Le emozioni sono in lui vive anche se adesso non sa più esprimerle con le parole che avrebbe usato nella sua vecchia vita del prima.
Quella di Paolo Malaguti è una storia che è la nostra Storia, è una storia di migrazione, sogni, speranze e verità. È una storia che ha toccato tante famiglie ed anche per questo alcuni capitoli sono aperti da epigrafi tratte da lettere e testimonianze di tutti quei migranti che hanno fatto la Merica.
“Piero fa la Merica” è un romanzo che anche per questo è verosimigliante e perfettamente riconoscibile dai lettori. Non perde di forza empatica, non perde di intensità ma è avvalorato da testimonianza e retroscena che per mezzo di Piero, che deve formarsi e plasmarsi in luce della migrazione, prendono consistenza.
«Piero ha scoperto come vanno le cose, e cioè che se un adulto non piange, è solo perché guarda da un'altra parte rispetto ai mali che si porta dietro.»
Al tutto si somma uno stile narrativo caratterizzato dalla presenza del dialetto veneto, altra caratteristica che rende ancora più reali i personaggi, e da sequenze riflessive e introspettive. Il libro è un crescendo ma è anche un cerchio. I nodi lasciati aperti nella prima parte trovano forza e conferma, ma anche risoluzione, nella seconda. Tutto sembra aver trovato il proprio posto, il puzzle sembra ricomporsi, la storia trovare la sua forma e la sua ragione di essere nell’essere.