Non tutti i bastardi sono di Vienna
Letteratura italiana
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Freddo ed incolore
Questa è stata una lettura strana, perché è un libro che non sono riuscita ad inquadrare. Ricco di premi, però io l’ho trovato freddo ed incolore. Vicende umane di personaggi anaffettivi, con sullo sfondo la vicenda storica della prima guerra mondiale. Ho molto apprezzato solo i richiami alla guerra ed a quello che possono provare i soldati, perché quando si combatte si pensa a restare vivi e si combatte con e per l’uomo alla nostra sinistra e con e per l’uomo alla nostra destra, perché sono loro che, vivi, potrebbero salvare la vita a noi. E’ una prospettiva a cui non avevo e non avrei mai pensato in questi termini. Buoni alcuni pensieri sparsi, che condivido, come il fatto che a volte è meglio difendere la dignità col disprezzo del silenzio, ed il fatto che l’attesa è di per sé terrore, mentre solo l’agire toglie l’aria alla paura. Ma mi è rimasto poco o nulla dei personaggi, davvero molto molto poco speciali e mi è rimasto poco o nulla anche della trama in sé.
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La nostra storia
“Non tutti i bastardi sono di Vienna” è il meritatissimo vincitore del Campiello 2011.
Chiamati a dare una prima e rapida definizione di quest'opera, affermiamo che si tratta un romanzo storico, ambientato tra il 1917-18, periodo finale della Grande Guerra.
L'autore ricostruisce uno spaccato storico di cui poco si è tramandato, ossia dell'invasione dell'esercito austriaco nelle zone orientali del fiume Piave; nel giro di breve tempo, agli abitanti di quei luoghi furono requisite le abitazioni e vessati fino alla fame.
Nella sua brillante ricostruzione, Molesini si è avvalso di numerose letture, tra cui alcuni preziosissimi diari, come “Diario dell'invasione”, scritto da una sua ava; gli spunti ed i personaggi sono veraci, mentre le vicende narrate sono arricchite dall'ottima mano dell'autore, mantenendo ferma la perfetta congruità delle stesse alla reale situazione vissuta in quei luoghi.
In questo romanzo si narrano le gesta di uomini e donne a cui la guerra mutò la vita irrimediabilmente, irrompendo tra le mura di casa, spezzando l'unità e la quiete familiare, trasformandoli in ospiti scomodi.
Molesini ci mostra un pezzetto di storia italiana, ci mostra una faccia della guerra di cui poco apprendiamo dai testi storici a carattere generale; in queste pagine ci attende una splendida rappresentazione di quella forma di resistenza che si venne formando tramite una fitta rete di azioni volte al disturbo delle azioni militari nemiche.
Gente di gran coraggio e di tanto orgoglio, a cui la guerra ha tolto affetti e futuro, ma non la forza di reagire, di porgere una mano al prossimo mettendo a rischio la propria vita.
I personaggi che animano il romanzo sono caratterizzati in maniera esemplare, colti non soltanto con estremo realismo storico, ma con nitidezza e profondità umana, sul piano dei sentimenti.
Sono veraci, con il loro bagaglio di vizi, manie e abitudini, anche se la vita li pone sull'orlo di un baratro.
Grazie alle figure che animano la narrazione, il romanzo, pur essendo doloroso, è pervaso da un filo sottile di comicità che si fonde con la tragicità degli eventi; un'operazione straordinaria figlia di una penna sagace e accorta.
Immagini forti e pregne di lacrime si innestano alla levità della vita di gente comune che non chiede altro che poter continuare ad accudire alle proprie faccende domestiche, alle proprie piccole gioie quotidiane, ai propri affari del cuore.
Molesini affida la narrazione alla voce più giovane della famiglia, trasmettendoci attraverso i suoi occhi il volto della guerra; la narrazione in prima persona, pur richiedendo un linguaggio rapido e scorrevole, infarcito di dialetto, dona un'intensità commovente.
E' una lettura che appassiona e fa innamorare di questa gente, spingendo il lettore a divorare queste pagine, con grande coinvolgimento.
In buona sostanza è un romanzo improntato su un estremo realismo, animato da uomini e donne tratteggiati a tutto tondo, in grado di dare un volto a tanti protagonisti della storia di cui nessun testo riporta i nomi; tutto ciò è il nostro passato e grazie ad opere come questa possiamo conoscerlo e ricordarlo.
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Le due chiese di Sebastiano Vassalli
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Non tutti i bastardi sono di Vienna - Commento di
"Non tutti i bastardi sono di Vienna": lo afferma Don Lorenzo, il parroco, quando ... Scena sorprendente, non può essere svelata!
Il romanzo vincitore del premio Campiello 2011 è ambientato ai tempi della prima guerra mondiale: tra la disfatta di Caporetto e la piena del Piave.
Per lo più la scena si svolge a Villa Spada in terra veneta. Lì una ‘buona’ famiglia spartisce la sua proprietà con gli invasori: i "magnaverze" contraddistinti dal simbolo dell'aquila bicipite.
La storia è narrata da Paolo, il nipote orfano che vive gli eventi drammatici dell'occupazione e si rapporta con gli altri abitanti della villa: la nonna matriarca, la zia che intesse rapporti ambigui con gli invasori, l’originale nonno, inguaribile anticlericale, che in modo del tutto eccentrico si occupa dell'educazione di Paolo (ivi compresa l’iniziazione erotica in un postribolo). Vi sono anche altri personaggi, non parenti: il guardiano Renato, la sensuale Giulia, la cuoca Teresa e sua figlia Loretta.
La famiglia collabora con gli alleati mandando segnali occulti: aprendo e chiudendo le imposte della villa. I messaggi cifrati "degli scuri" sono indirizzati a un aviatore inglese, Brian, che sorvola la zona e viene soccorso, causando la vendetta austriaca nei confronti di Renato, di Paolo e di suo nonno.
Il romanzo di Molesini potrebbe essere classificato come neo-neorealista. Soprattutto per le descrizioni del clima bellico: la guerra sa "di sterco secco, di cuoio fetido e di ferro"; "nelle strade c'era puzza di legno marcio, di sudore, di uomini, di muli ... e c'era puzza di sangue rappreso nelle bende ...." "C'era odore di fenolo e il vento sapeva di carne bruciata".
Tra violenze vigliacche, esecuzioni sommarie e crudeli ritorsioni, Paolo vive in prima persona l'orrore del conflitto e sperimenta sulla propria pelle l'odio innescato dalla guerra.
I dialoghi sono spesso resi in dialetto veneto; attraverso la parlata popolare ‘la gente’ diventa protagonista di scene che hanno grande potenza rappresentativa. Come in un film in bianco e nero di Rossellini.
Bruno Elpis
Sul mio sito potete leggere l’intervista all’autore, realizzata dopo la notizia del premio Campiello. Questo è il link:
http://www.brunoelpis.it/le-interviste/116-intervista-a-andrea-molesini-autore-del-romanzo-vincitore-del-premio-campiello-2011
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Che esordio!
Complimenti all'autore per un esordio davvero sorprendente! La Grande Guerra raccontata con gli occhi di un giovane di nobile famiglia che presto si trova a fare i conti con le miserie che la stessa porta: la fame che non risparmia nessuno, la morte che ti sfiora, la violenza anche da parte di chi sta dalla tua parte che ti colpisce come un pugno allo stomaco. Racconta però anche di come i nobili cerchino di continuare a vivere la loro vita fatte di cene di gala e del rapporto di amicizia che nasce col comandante degli austriaci occupanti. Ma questo libro parla anche di emozioni, dell'amore del protagonista per la chiacchieratissima Giulia che lo introduce alle arti amorose fino al rapporto di grande affetto per il nonno che si riassume nella struggente lettera scrittagli a fine libro. Non entro troppo nei dettagli per non rovinare il finale ai lettori, ma mi sento senz'altro di raccomandare caldamente questo libro.
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Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie
Che provereste se d'improvviso una truppa di soldati piombasse in casa vostra, si accampasse nel vostro giardino, scavasse le latrine nel piccolo cimitero di famiglia, entrasse in casa vostra, vi derubasse di tutto e poi, cucina e dispensa requisite per il rancio dei "signori" ufficiali?
E' scontato, vi "indignereste!," per usare un verbo dei giorni nostri, la famiglia Spada che vive a Refrontolo piccolo paesino del trevigiano a qualche miglio dal Piave dove i soldati Italiani e Austrici fanno testa o croce con la morte, dopo la sconfitta di Caporetto, si vede piombare in casa gli Austriaci, Guglielmo ,il patriarca scrittore attaccato al suo Belzebù, sua moglie Nancy, indomita scozzese, donna Maria e il piccolo nipote Paolo, orfano di padre e di madere,io narra te di tutto il romanzo,vivono a Villa Spada,ormai ospiti in casa propria!
Nancy , non si dà pace, da vera britannica mette su un servizio di spionaggio, aiutata dal maggiordomo Renato (in realtà Maggiore Manca dell'esercito Sabaudo) e cerca di combattere in tutti i modi gli odiati crucchi, alla fine però i bastardi scopriranno gli inganni, ma a pagare sarà chi non ti aspetti. Romanzo splendido, affresco di un periodo,quello degli ultimi anni della Prima Guerra Mondiale ingiustamente trascurati sui banchi di scuola. Insieme a "Canale Mussolini" uno dei romanzi storici più belli degli ultimi dieci anni:un capolavoro di stile,contenuto e cultura.
di Luigi De Rosa
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La guerra è un male assoluto
Premio Campiello 2011
Andrea Molesini
Non tutti i bastardi sono di Vienna
Riconoscimento a mio parere più che meritato, in quanto sia la trama che i personaggi avvincono dalla prima all'ultima pagina.
Il romanzo è imperniato sugli avvenimenti riguardanti la 1° guerra Mondiale ed è ambientato in un paesino sulle rive del Piave, a far da protagonisti sono i componenti di una famiglia veneta proprietari di una tenuta che verrà confiscata dalle truppe austro-ungariche. L'autore parte proprio dalla sensazione di esser ospiti in casa propria e da qui costruisce un bel libro infarcito di ogni gamma di emozioni, ci sono pagine in cui si descrivono gli orrori della guerra in modo brutale, così come ci sono momenti in cui il libro è pregno di sensualità e anche di arguzia e di frasi intelligenti e ad effetto. L'io narrante è un diciasettenne, Paolo, che avendo perso prematuramente i genitori si trova a vivere in casa dei nonni e saranno proprio gli anziani tutori di Paolo ad avere un ruolo fondamentale sia nella trama che nelle descrizioni e digressioni del narratore. Quello che mi ha più colpito di tutta la narrazione è la caratterizzazione dei personaggi e soprattuto le frasi e i comportamenti ben delineati di ognuno di loro. Chi leggerà questo libro sicuramente, a mio parere, sarà colpito dall'ateismo(veramente si faceva passare x buddista) del nonno Guglielmo, così come dalla praticità e dalla schiettezza di nonna Nancy. Un buon uso del dialetto fa sì che i dialoghi e le ambientazoni siano quasi visibili e i personaggi più che veritieri.Non tutti i bastardi sono...
lo scrittore con questo titolo lancia un ammonimento:
quando scoppia una guerra il male non deve essere percepito come proveniente da una sola fazione, ma bisognerebbe fare un'analisi sia esteriore che interiore più approfondita, il finale del libro ne è il classico esempio...
Bello
Saluti
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L’orrore di una guerra segna la fine di un’epoca
“Io… io, madame… ho visto i miei soldati venire su da quel fiume, venivano su dall’acqua, come i vostri gnocchi di patate nel tegame, mi capite, madame? Gnocchi nell’acqua che bolle”.
Non ci sono eroi, ma solo le vittime in questo bel romanzo di Andrea Molesini. La guerra è un mostro che fagocita tutto, che irrompe nelle vite di ognuno imponendo sacrifici e decisioni in contrasto con la propria natura.
L’occupazione nemica delle terre a est del Piave dopo la disastrosa ritirata di Caporetto è stato un tema sempre sfiorato, ma mai effettivamente affrontato e quindi questo romanzo, dal titolo insolito, pone rimedio a una mancanza quasi colpevole. Infatti, se è vero che le nostre truppe compirono immani sacrifici lungo le sponde del Piave per difendere il nostro paese, lo è altrettanto che gli italiani, caduti sotto il dominio militare austriaco, resistettero eroicamente, colpiti dalle violenze, dai saccheggi, dalla fame, totalmente in balia del nemico.
Quindi non c’è l’orribile guerra di trincea, così ben descritta da Remarque in Niente di nuovo sul fronte occidentale o da Lussu in Un anno sull’altipiano, c’è invece l’attesa nelle retrovie, lì occupazione nemica, il sentirsi ospiti in casa propria. E forse la visione che danno dei semplici civili di un così immane conflitto offre la misura dell’angoscia di chi non combatte con le armi, ma con la sua coscienza, con la propria dignità.
In queste pagine, che partono da un fatto realmente accaduto, si dipana una storia di vita e di morte, in un’atmosfera spesso pesante, foriera di continue sventure, in cui sembra non esserci posto per la pietà, anche se poi questo pregio, così tanto in disuso, si svilupperà come la brace che accende il fuoco.
In un conflitto crudele e sanguinoso c’è posto per tutto, per la ferocia dell’omicidio e per l’aiuto al nemico ferito, contrasti tipici dell’uomo in situazioni limite.
Fra gli scoppi delle bombe, i gemiti dei moribondi, la puzza di piscio, la fame che regna ovunque, si concretizza anche la fine di un’epoca, quella delle buone maniere che accomunavano la borghesia sorta con la restaurazione e i patrizi d’origine, quelle dei baciamano, quella cavalleria intesa come irrinunciabile vocazione estetica.
E così le divise inamidate si sporcano del lordume della guerra, gli animi intessuti di convenzionali ideali si trovano a combattere fra un concetto della vita messo in discussione dagli eventi e la rinascita di una coscienza individuale, e non più collettiva di ceto, che sembra incapace di reagire razionalmente. Non c’è forse nessun odio fra i protagonisti, ma in tutti c’è la rassegnazione per la consapevolezza della fine di un mondo che non potrà più ritornare.
La disponibilità a una relazione fra la zia Maria e il barone von Feilitzsch , il suo quasi patetico tentativo di offrirsi a lui per salvare il ragazzo dalla fucilazione e la sofferta reazione dell’uomo che non si piega, perché siamo in guerra, perché l’Austria si avvia alla sconfitta, perché non può perdonare dopo che ha visto i suoi soldati morti salire in superficie dal ribollire del Piave, danno il senso chiaro del dramma che, serpeggiando, alla fine è uscito allo scoperto.
La belle epoque è finita, i valzer alla corte di Vienna saranno solo un ricordo e c’è qualche cosa che è peggio della morte ed è uno stile di vita cancellato per sempre, il cui ricordo sarà strangolato dal rimpianto.
Molesini ha uno stile asciutto, a volte perfino essenziale, anche se non disdegna inserire alcune note poetiche; i personaggi sono calibrati, una caratterizzazione che non denota mai eccessi, alcuni anche naturalmente simpatici, e fra questi pure dei nemici; la narrazione scorre fluida, senza intoppi, equilibrata armonicamente, una sorta di lungo adagio che, in alcuni momenti di particolare drammaticità, opportunamente si impenna, si accentua senza mai però arrivare all’eccesso; la trama, dove non poco conto ha lo spionaggio, è indovinata e quindi non c’è da meravigliarsi se questo romanzo riesce ad avvincere dall’inizio alla fine.
Altra nota positiva è l’uso esemplare della lingua, non accademico, ma sciolto.
E il titolo un poco strano? E’ il moccolo che tira un sacerdote, anche lui in preda al turbine della guerra.
Non tutti bastardi sono di Vienna segna un esordio ampiamente positivo, è un bel romanzo e quindi sicuramente da leggere e anche da rileggere, perché non mancano di certo spunti per ampie e approfondite riflessioni.