Narrativa italiana Romanzi storici Nessuno scrive al Federale
 

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Nessuno scrive al Federale

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Le rive del lago di Como sono punteggiate di paesi e paesini accomodati ai piedi delle montagne dove non succede granché. Tranne a Bellano. Nell'ultimo anno e mezzo circa, il Federale del fascio ha dovuto sostituire già due segretari della sezione locale del partito. Il primo a saltare è stato Bortolo Piazzacampo, detto Tartina, per una vicenda legata alle bizzarrie di un toro chiamato Benito in cui il Tartina si è distinto per insipienza. Il secondo è stato Aurelio Trovatore, che ha deciso di accasarsi in quel di Castellanza preferendo l'amore al destino fatale della patria fascista. Ora ha nominato tale Caio Scafandro, un pezzo d'uomo che usa le mani larghe come badili per far intendere le proprie ragioni. Avrà la forza d'animo, visto che quella fisica non difetta, per mantenere l'incarico? Perché nel passato dello Scafandro qualche fantasma c'è. E più di uno lo sa. Basterebbe una parolina sussurrata all'orecchio del Federale e anche il terzo segretario del fascio di Bellano farebbe la fine dei precedenti. Per questo, lo Scafandro ha preso le sue contromisure senza preoccuparsi di sconfinare in quel territorio dell'illegalità presidiato dalle forze dell'ordine. E lì appunto si trova il maresciallo Ernesto Maccadò. Fresco padre di Rocco, il suo primogenito, la mattina del 20 novembre 1929 il maresciallo scampa per un pelo a una disgrazia per via di un oggetto metallico scaraventato giù in contrada da un potenziale assassino. E chi sarà mai quel deficiente?



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Nessuno scrive al Federale 2020-12-17 17:28:39 cesare giardini
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    17 Dicembre, 2020
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La Befana fascista fallisce: Scudiscia se la gode.

Già dal titolo si capisce che siamo negli anni del fascio, e, dal sottotitolo, che una delle figure centrali del romanzo è il burbero maresciallo Ernesto Maccadò, al comando dei carabinieri di Bellano e in trepidante attesa del primogenito che la moglie Maristella sta per mettere alla luce. Corre l’anno 1929. Andrea Vitali ci regala un altro simpatico affresco della cittadina lacuale e dei suoi più o meno noti personaggi di spicco. Storie ce ne sono diverse, e tutte godibili. Intanto, quella di cui fa riferimento il titolo: il segretario del partito fascista di Bellano, Caio Scafandro, pur descritto, alla nomina, di limpida fede fascista, ha un passato poco noto da socialista ribelle, e, temendo che in alto loco vengano alla luce certi suoi trascorsi poco “limpidi”, incarica il postino Fracacci di sottrarre dalla buca delle lettere qualsiasi missiva indirizzata al Federale che possa riferire alle autorità malignità sul suo conto. E poi c’è la signorina Fuscagna, dagli innamoramenti facili, eterno cruccio di una madre rassegnata e di un padre che non vede l’ora di togliersela dai piedi: questa volta è a capo dei locali fasci femminili, e si mette in testa cocciutamente di indire la festa della Befana fascista, sottraendo il ruolo di befana a Scudiscia, la perpetua del prevosto, e cercando di mettere in piedi prima di Natale una specie di concorso onde scegliere, come incarnazione della nuova befana, una bella ragazzona prosperosa segno di svolta e di un futuro più in linea con i tempi. Questi filoni narrativi, si intrecciano con le ambasce del maresciallo, prima in attesa del parto di Maristella, e poi preoccupato per le frignate continue del piccolo Rocco sempre affamato, e ancora con la corte ossessiva del responsabile dell’Ufficio postale alla già citata Fuscagna, suscitando le gelosie delle due impiegate zitelle, e poi ancora con le vicende della perpetua Scudiscia e di quel sant’uomo del prevosto, del postino Fracacci , combattuto tra l’obbedienza al segretario Scafandro e la consapevolezza di essere un ladro di corrispondenza… Storie amene, sempre sul filo dell’ironia, raccontate da Vitali con il solito ritmo narrativo ormai consolidato che, con una battuta, una parola, un’esclamazione, rimanda da capitolo a capitolo e da argomento ad argomento (sempre più brevi i capitoli finali, quasi volesse aver fretta di concludere, chissà perché). Scontate le conclusioni: Scafandro perde il posto di segretario e abbandona Bellano, il piccolo Rpcco mangia con appetito formidabile, la festa della Befana fascista fallisce miseramente con grande soddisfazione di Scudiscia, il capo delle poste impalma la sua bella, finalmente appagata.
E poi, lasciatemelo scrivere ancora una volta, ci sono i nomi, che ci riportano indietro di un secolo o poco meno: nomi straordinariamente abbinati a certe persone, che da soli fanno romanzo. Valgano per tutti le concorrenti al concorso di befana: Minimella, Invrina, Gelina e Veritiera lasciano a bocca aperta, per non parlare di Abito (un medico), Gorgonio, Memerio, Libica, Eusepina, Firma, Tarilla, Birmina, Indina e via spulciando. Ma dove li pesca Andrea Vitali ? Mai un Francesco, un Giovanni, una Maria … C’è però un Alberto, addirittura il re del Belgio che, da bravo scalatore, preannuncia una sua visita in zona allo scopo di scalare le cime della Grigna, con grande agitazione locale: farà la scalata nel 1931, guidato da Giovanni Gandin.
Romanzo divertente, come al solito, piacevole e scorrevole: Andrea Vitali trova sempre nuovi spunti, ed ai suoi personaggi, ormai, ci stiamo affezionando.

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