Nell'ombra e nella luce
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Torino 1848
L'ultimo romanzo di De Cataldo intitolato “Nell'ombra e nella luce”, nasce probabilmente dall'idea di attingere al passato per mettere in scena una vicenda a tinte gialle capace di sfociare in uno spaccato storico ben definito ma potenzialmente adattabile ad altre epoche.
Il romanzo è dedicato alla città di Torino immortalata nel biennio 1846-1848; Carlo Alberto è al potere, lo scenario politico è spaccato tra reazionari e democratici, il conte di Cavour fa capolino tra le pagine, un vigoroso carabiniere reale si muove per difendere la sicurezza della città, un oscuro diavolo incappucciato sparge sangue sull'acciottolato torinese.
La trama è veramente scarna e il lettore fatica a captare l'intento sotteso alla storia narrata; troppo spesso affiora la sensazione di un lavoro che vada cercando affinità con la Storia raccontata dai Wu Ming.
Veleni e intrighi politici, congiure e montature, manovre astute e losche per sobillare il popolo.
I buoni e i cattivi, gli assassini ed i difensori della legge.
Tutti elementi che nelle mani di De Cataldo non si accorpano a dovere, rimangono nebulosi e freddi dando vita ad un lavoro fugace e sotto tono.
Scrive bene De Cataldo, quindi il problema è confinato all'impianto narrativo.
Per raccontare un pezzo di Italia o di Storia in genere con una carica simile a quella del collettivo bolognese, occorre progettare un racconto dalla struttura più solida e forse più complessa.
La sostanza del romanzo è al di sotto delle aspettative di un lettore esigente o semplicemente di un lettore voglioso di assaporare un storia intrigante, ben ambientata e coinvolgente.
Rimane il ricordo di un romanzo dalla buona scrittura, ma dall'impatto debole.
Quello storico è un genere arduo in cui avventurarsi, auguriamo all'autore di trovare nuova linfa e di poter dedicare la propria penna a nuove storie.
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Maschere!
“Nell’ombra e nella luce” è l’indagine immaginata da Giancarlo De Cataldo negli anni dal 1846 al 1848, nella Torino risorgimentale di Carlo Alberto e di Camillo Benso conte di Cavour.
I fatti narrati hanno per protagonisti “Emiliano Mercalli di Saint-Just, giovane capitano dei carabinieri reali”, e l’intraprendente medico Gualtiero Lancefroid, che ha una spiccata vocazione per l’anatomopatologia e per lo studio delle parafilie criminali.
Nel 1848, durante un’operazione militare, Emiliano s’imbatte nuovamente nel Diaul, un maniaco che si aggira mascherato (“Quell’individuo, chiunque fosse, aveva, al posto del naso, un lungo becco adunco”) e uccide le malcapitate, preferibilmente prostitute, infierendo sulle vittime.
Il nuovo delitto è la prova che l’artista ebreo, il colpevole individuato due anni prima, nel 1846, rappresenta un tragico errore giudiziario.
Il romanzo ha naturalmente stimolato la mia attenzione per la circostanza che l’assassino agisce mascherato.
In particolare, la maschera del Diaul riproduce le “maschere rituali dell’arte medica”, e per certi versi ricorda “una maschera della commedia dell’arte, la indossava il famoso Scaramouche, guitto, mimo e avventuriero”.
La perizia clinica di Lancefroid individua nel travestimento la “maschera della peste. Faceva parte dell’abbigliamento dei medici durante le pestilenze… nella maschera a forma d’uccello venivano disciolte sostanze aromatiche, dal momento che si riteneva che la peste derivasse dal cattivo odore degli appestati.”
A un certo punto della storia, il valore fortemente simbolico della maschera (“… può essere usata per…evitare di esser riconosciuti, ma anche per incutere un terrore supplementare nelle vittime. Ti ho già spiegato che quest’uomo gode nell’infliggere sofferenze… Oppure può avere un significato… legato a un ricordo, forse, anzi, probabilmente, a un trauma”) cede il passo a un sospetto: “Si ha motivo di ritenere che lo stesso individuo utilizzi la maschera per celare il labbro leporino…”
La storia è intrigante, intarsiata con i personaggi del tempo e vivacizzata dalla storia d’amore di Emiliano per Naide, attrice disinvolta e dalla mentalità aperta. Per lei, il nostro eroe non esiterà ad avventurarsi nei cieli di Torino, su una mongolfiera che sarebbe romantica se non prevedesse nel suo equipaggio il Diaul in persona!
Bruno Elpis