Narrativa italiana Romanzi storici Morte nel chiostro
 

Morte nel chiostro Morte nel chiostro

Morte nel chiostro

Letteratura italiana

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Ferrara, ottobre 1187. Mentre, davanti alla grande cattedrale, si celebrano le esequie di papa Urbano III, nel piccolo chiostro di San Lazzaro, un monastero femminile isolato tra le selve a margine dei sobborghi cittadini, viene trovata una monaca impiccata. Un suicidio, all’apparenza. Due consorelle della defunta, però, sospettano che dietro quel tragico evento si nasconda un intrigo ordito al di fuori del loro cenobio. La prima è Engilberta di Villers, sapiente badessa originaria dei boschi nordici del ducato di Brabante. La seconda è Beatrice de’ Marcheselli, giovane vedova entrata come novizia a San Lazzaro per trovar requie dal dolore per la scomparsa del marito. Nel corso di un’indagine che si consuma nell’arco di una sola giornata, tra gli inesorabili rintocchi delle campane, il presentarsi di enigmatici visitatori e le difficoltà di una vita comunitaria fatta di inganni, rivalità e menzogne, le due monache scopriranno un inaspettato legame tra il decesso della loro consorella e il furto di una preziosa reliquia, scomparsa dai forzieri del papa il giorno stesso della sua morte. Una reliquia che pare aver lasciato dietro di sé una scia di misteri e di delitti.



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Morte nel chiostro 2024-02-20 11:33:53 cesare giardini
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    20 Febbraio, 2024
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I misteri di una reliquia scomparsa.


Marcello Simoni guida il lettore ancora una volta nei secoli oscuri del Medioevo, quando le accuse di eresia potevano condurre a processi e condanne e la condizione delle donne era di sottomissione, considerate "creature inferiori, irrazionali, facili alla suggestione". Ma non sempre era così: nel romanzo "Morte nel chiostro" emergono due protagoniste, la badessa del convento di San Lazzaro, situato fuori le mura di Ferrara, Engilberta di Villers, e suor Beatrice, una novizia qui rifugiatasi dopo la presunta morte del marito alle Crociate.
Siamo nel 1187, Ferrara ha appena assistito alle solenni esequie di papa Urbano III, confinato al nord da Federico Barbarossa e deceduto dopo anni travagliati e l'angoscia per la riconquista di Gerusalemme da parte dei musulmani.
La vita nel monastero femminile procede monotona, segnata dai rintocchi delle campane, da canti e preghiere liturgiche, quando un evento inatteso irrompe e dà inizio ad un vero e proprio giallo: una giovane suora, Agata di Corteregia, viene trovata impiccata nel pozzo del convento. Si saprà, nel prosieguo della narrazione, che Agata era coinvolta nel furto di una reliquia di San Giovanni: il cadavere del ladro, trovato sgozzato nei pressi del monastero, sarà nascosto con la complicità della badessa e di Beatrice, ma attirerà vari personaggi alla ricerca della refurtiva, consistente in una preziosa pergamena che metteva in guardia i veri credenti dagli eretici catari, sostenitori della dottrina dualistica secondo la quale il Bene e il Male rivaleggiavano con pari dignità per la conquista delle anime. Il monastero diventa così teatro di agguati, colpi di scena, scontri che oppongono Engilberta e Beatrice a cacciatori a vario titolo della reliquia. Engilberta, accusata di esserne in possesso, sarà portata via da padre Vespertilio, sacerdote e confessore delle monache, ma tornerà al convento, liberata da Volcmano, un vecchio e saggio canonico che rivelerà chi era stata la vittima del furto, addirittura papa Urbano III, custode della pergamena , derubato e deceduto, si sussurrava nel corteo funerario, per sospetto avvelenamento.
Altre monache agiscono da comprimari: da Ambrosia, "infirmaria", una specie di infermiera che si occupa di vivi e morti, conservati nel "putridarium" dove i cadaveri conservati si decompongono lentamente in apposite celle, a Nicodema, un'originale solitaria monaca che vive nella torre campanaria, dalla portinaia Prospera, un donnone da guardia ad Ursiana, la priora, vittima delle focose attenzioni di don Vespertilio ed alla disperata ricerca di tisane abortive.
Un monastero femminile dove, accanto al candore di un gruppo di giovani monache salmodianti, la ricerca di una reliquia, in nome dell'ortodossia e della lotta all'eresia, induce a malefatte d'ogni genere, delitti compresi. Marcello Simoni è un maestro del genere, riuscendo ad accostare a fatti storici reali (i funerali di papa Urbano III, l'esistenza del rarissimo codice di Giovanni evangelista) invenzioni di fantasia come il monastero di San Lazzaro, la badessa Engilberta e suor Beatrice. Storicamente vera invece è Ildegarda di Bingen, più volte citata come maestra della badessa: una grande donna dei suoi tempi, monaca talentuosa, scrittrice, teologa, dichiarata dottore della Chiesa da Benedetto XVI nel 2012, una di quelle donne "che hanno costruito la storia, quella vera, quella che raramente si racconta".
Lo stile narrativo di Marcello Simoni è preciso e raffinato nella ricerca di termini desueti per adeguarsi ai tempi ed all'ambiente particolare in cui si svolgono i fatti. Non mancano termini e citazioni latine, originali i disegni dell'autore all'inizio di ogni capitolo.
Per gli amanti del genere, un romanzo da non perdere.

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