Metello
Letteratura italiana
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All'ombra delle impalcature
La rappresentazione della lotta di classe è al centro di questo romanzo facente parte della trilogia “Una storia italiana” tesa a rappresentare nei suoi tre volumi il mondo proletario, ”Metello” (1955), quello borghese, “Lo scialo” (1960), e quello intellettuale, “Allegoria e derisione” (1966).
Un romanzo realista e insieme di formazione che permette di seguire l’evoluzione del piccolo Metello da orfano di entrambi i genitori a padre di famiglia, all’ombra della cupola di Santa Maria del Fiore. Le vicende personali, intrecciate a quelle delle prime rivendicazioni sindacali del proletariato edile, sarà egli infatti uno dei maggiori fomentatori degli scioperi ad oltranza che metteranno in ginocchio la classe imprenditoriale, giungono a diversi momenti apicali permettendo di tenere desta l’attenzione del lettore attraverso l’uso sapiente della suspense. Tanto è irrequieto Metello, dai tratti un po’ renziani, del Renzo manzoniano, nel trovarsi al centro della storia, così viceversa è pacata ed equilibrata Ersilia, la moglie, che nelle vicissitudini che accompagnano il loro nucleo familiare, in perenne sofferenza economica, è capace di bilanciare le tensioni e di scioglierle. Le pagine che rappresentano l’amore coniugale, anche attraversato da minacce insopportabili, sono vivide e delicate insieme, pungenti e al tempo stesso confortanti. Si respira profumo di amore, intimo e rubato, in un quartiere vivo nella Firenze a cavallo tra i due secoli, la cui toponomastica accompagna il lettore tra l’ Arno e le Murate, il carcere, seconda casa del nostro protagonista che a più riprese vi torna. Un romanzo lineare con decisi e godibilissimi passaggi lirici, non ha alcuna pretesa ideologica ma riesce nel suo realismo sociale a far sussultare il lettore e a farlo trepidare nella speranza che qualche diritto venga riconosciuto.
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La boje
La boje, vale a dire bolle, era parte del motto che i contadini adottarono in occasione della rivolta popolare del periodo 1882 – 1885. Nel caso di Metello, invece, si tratta del primo grande sciopero degli edili avvenuto più tardi, nel 1901, ma in ogni caso si trova pure in questa occasione l’esasperazione di lavoratori quasi alla fame che, prendendo piano piano coscienza dei loro diritti, rivendicano, in uno con un congruo aumento salariale, il riconoscimento della propria dignità di uomini.
Protagonista principale di questo grande affresco storico è Metello Salani, nato a Firenze nel 1875 e rimasto nel giro di pochissimo tempo orfano dei propri genitori, tanto che di fatto viene adottato dalla donna che lo teneva a balia.
Il romanzo ripercorre la vita di questo bambino che diventerà uomo prima del tempo per la necessità di sopravvivere, un uomo che non ha avuto la guida di un padre, ma che troverà in un compagno di lavoro, l’anarchico Betto, colui che gli insegnerà a leggere e a scrivere e che lo introdurrà alla vita degli adulti. Metello ha un’intelligenza pronta, impara presto, lavora bene come muratore, poco a poco diventa un esempio per gli altri che faticano tutto il giorno, fra mille pericoli, a tirar su muri e a coprire con i tetti. Non è esente da difetti, è sostanzialmente fedele a chi ama, ma è privo di remore quando si tratta di rispondere alle sollecitazioni della carne. Comunque è un uomo in cui matura, senza che lui se ne accorga, il desiderio di rivendicare per la propria categoria tutti quei diritti naturali da tempo negati e senza essere un sindacalista riesce comunque ad assurgere alla figura di capo popolo, una guida per tanti altri che pure loro cominciano ad alzar la testa. Si chiedono migliori condizioni di lavoro, un aumento della paga che consenta di vivere, ma è netta la chiusura dei padroni, tanto che, ob torto collo, i muratori sono costretti a indire uno sciopero a oltranza. E’ bellissima la descrizione dell’atmosfera, di questa povera gente che è di fatto obbligata a indebitarsi per tirare avanti, nella speranza che sopraggiunga un accordo. Tutto sembra complottare contro di loro e chi ha il potere ricorre anche alla forza della polizia e dell’esercito, ma alla fine, quando gli animi sono esasperati, quando il fronte degli scioperanti comincia a incrinarsi, quando scoppiano i tafferugli e ci scappa anche il morto, si giunge al tanto agognato accordo, che accoglie solo in parte assai ridotta le richieste economiche, ma che ha un significato che esula dalla materialità del denaro: è sorto uno spirito di categoria, un popolo di cenciosi si è unito per riscattare la propria dignità. Il lavoro può ricominciare, funestato subito da un tragico incidente, in cui periscono un vecchio muratore e un giovane manovale, perché le condizioni di sicurezza sono inadeguate e per di più non esiste un’assicurazione sugli infortuni. Ecco quindi una materia su cui discutere con i padroni, ecco un altro traguardo da raggiungere di quella lunga corsa a tappe che è l’emancipazione di una classe lavoratrice taglieggiata dal padronato. Il romanzo non ha una fine vera e propria, perché Metello esce dal carcere dove è stato tenuto in attesa di giudizio per i fatti di quello sciopero, giudizio che lo assolve pienamente, e ad attenderlo in strada trova la moglie Ersilia con il figlioletto. Si incamminano verso casa, ma prima si fermano in un caffè, dove lei prende un corretto e lui un grappino. Davanti a loro un grande specchio riflette la loro immagine e Metello dice “La Sacra Famiglia”; al che lei lo invita a non bestemmiare e lui replica “Ma d’ora in avanti.”. Gli fa eco lei: “D’ora in avanti cosa?”. Sembrerebbe di capire che Metello da ora in avanti si interesserà solo della famiglia e che non si occuperà più di battaglie politiche, ma entrambi sanno che non è possibile, perché un uomo come lui non può restare sempre a capo chino e la lotta, per quanto lunga e difficile sia, non può essere per lui che pane quotidiano.
Scritto splendidamente, coinvolgente, emozionante, a volte anche commovente, Metello è il romanzo che mi sento di definire un capolavoro.
Da ultimo, nel 1970 uscì nelle sale cinematografiche una felice trasposizione cinematografica dal titolo Metello, un film diretto da Mauro Bolognini e interpretato da un giovanissimo e convincente Massimo Ranieri e da una brava Ottavia Piccolo che ottenne il premio per la migliore interpretazione femminile al Festival di Cannes.
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Metello
Se molte furono le polemiche che accolsero questo libro alla sua uscita, ora, che sono passati sessant’anni, ci si può abbandonare al racconto e ai personaggi evitando di accapigliarsi sulla sovrastruttura ideologica. Che c’è, innegabile, perché tra i motori del volume ci sono la lotta dei muratori fiorentini per garantirsi un salario meno da fame (era forse sbagliata?) e la parallela maturazione politica oltre che umana di Metello Salani, ma non sono preponderanti: la bellezza del romanzo è che esse si innestino nella vita quotidiana delle classi più umili, fra le quali emergono figure che l’autore disegna con grande finezza e profondità. Curiosamente, in un libro che per molte pagine narra di uomini che si affrontano a muso duro, sono le donne a colpire di più: la matura e indipendente – molto in anticipo sui tempi - Viola, la superficiale ma solare Ida e soprattutto Ersilia, la determinatissima moglie di Metello, orgogliosa delle sue origini a San Frediano e che, quando deve riprendersi il marito distratto (per così dire), si fa protagonista di quella che è la scena più bella del romanzo. Di un niente meno riuscita è la descrizione di Metello, orfano dall’infanzia difficile e giovanotto con la tendenza a sbruffoneggiare con le donne, ma anche lavoratore capace e attento al prossimo: forse un po’ monolitico, almeno dal lato ‘pubblico’, nella seconda parte, ma sempre pienamente credibile. Attorno a loro, si muove una folla di personaggi in continuo movimento e, anche se qualche volta il bozzetto ci scappa, la caratterizzazione è quasi sempre ben definita: i maestri di vita Betto e Sante, il pavido Olindo, il padrone un po’ meno padrone Badolati, gli altri muratori divisi tra la voglia di lottare e il bisogno di portare qualche soldo a casa. Tutti quanti – meno Badolati, ovviamente - condividono una vita dai bisogni primari, in cui a dar soddisfazione bastano un bicchiere di vino, un mezzo toscano o una passeggiata in riva all’Arno, ma che hanno forti passioni personali, come gli uomini di ogni tempo, che non passano mai in secondo piano rispetto alle questioni sociali. Se è vero che, qua e là, l’effetto ‘Quarto stato’ è avvertibile, ci sono numerosi momenti in cui le lotte tra gli appartenenti alla stessa classe sono evidenti, per non parlare dell’insanabile frattura tra socialisti e anarchici che è più che altro accennata. Sono queste le varie facce che fanno del romanzo un libro riuscito e che pare aver passato indenne le insidie del tempo grazie anche a qualche accorgimento stilistico come l’uso efficace del flash-forward: Forse non altrettanto si può dire della lingua con cui è scritto, un italiano tempestato di toscanismi e un filo arcaicheggiante, ricco com’è di “j” a far le voci di singole o doppie “i”: modo di scrivere che, però, ha d’altra parte il pregio di restituire appieno la Firenze popolana di fine Ottocento (la narrazione culmina e termina nel 1902) facendo anche nascere qualche impietoso confronto con quella modaiola e, soprattutto, orientata al turista, dei giorni nostri.
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Metello
"Lo scioperante è un lavoratore che ha preso coscienza della sua condizione di sfruttato e deliberatamente affronta la lotta e sacrifici sempre maggiori, onde rivendicare i suoi diritti."
Svolto a Firenze, agli inizi del '900, è la storia di Metello un ragazzo orfano che per vivere fa il muratore, il libro ci racconta la sua vita, fatta di povertà, di donne, di amici, del suo grande amore Ersilia e soprattutto ci fa conoscere le prime lotte sindacali.
C'è la classe povera(i muratori) e quella ricca (gli impresari), dell'unico modo possibile per ribellarsi (lo sciopero), per ottenere piccole briciole, il prezzo da pagare alla fine sarà alto, grazie a queste persone, ostinate, caparbie e risolute, semplici, che non sono affatto eroi, però, è proprio a loro che oggi abbiamo quel poco o tanto (sindacati e diritti) non dimentichiamolo, siamo dovuti passare da quel dolore, sacrificio e privazioni per ottenere una vita lavorativa migliore!
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Presa di coscienza
“Come può non parlare, il muratore Metello del 1894, al precario di oggi?” si chiede Antonio Pennacchi nella prefazione. Sembra infatti di essere ai giorni nostri: salari insufficienti, incidenti sul lavoro, scioperi, precarietà; e invece parliamo di più di cent’anni fa. Siamo a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo e la classe operaia sta finalmente alzando la testa per sostenere le sue ragioni ed avanzare i propri diritti. La strada del riscatto però è dura e ostacolata da una profonda crisi economica e dall’ostilità di una borghesia capace solo di pensare al proprio tornaconto e forte dell’appoggio di un governo palesemente di parte. Ma si sa, l’unione fa la forza. In questo contesto scorre la vita di Metello Salani, giovane cresciuto in campagna e trasferitosi quindicenne a Firenze per diventare muratore proprio in un momento estremamente difficile e a dir poco infuocato della storia d’Italia. Iniziato al socialismo e trascinato nella lotta quasi per inerzia diventerà poi grande protagonista della protesta e suo malgrado una sorta di leader per i compagni di partito e di cantiere, abbandonando il suo motto “non essere mai il primo a farsi avanti e mai l’ultimo a tirarsi indietro” e vivendo in prima linea il duro sciopero dell’estate 1902 di cui così poco (o niente) trattano i libri di storia. Ma non soltanto di politica si parla in questo bellissimo libro. La storia di Metello è coinvolgente e affascinante anche dal punto di vista umano: si parte da quando orfano viene affidato ad una famiglia contadina di Rincine, nel Mugello, da cui si stacca adolescente per cercare maggiore fortuna nella natia Firenze. Da qui in poi è un susseguirsi di lavori, amicizie, avventure romantiche, periodi di precarietà e altri di maggior fortuna; soffrirà la fame, la stanchezza, la frustrazione, perderà persone care, proverà più volte la galera da innocente, conoscerà l’amore e la tranquillità che può dare una famiglia unita e la soddisfazione di saper fare bene il proprio lavoro. Pratolini affianca al protagonista personaggi ricchi di umanità come i fedeli Lippi, Aminta e Renzoni, il suo maestro di vita Betto, il carismatico Del Buono, la bella Idina, la carnale Viola; tra tutti spicca però la moglie Ersilia, donna carica di dolcezza ma dotata anche di grande carattere, compagna devota, affidabile consigliera e irriducibile sostenitrice di Metello e dei suoi compagni anche nei momenti di maggior sconforto, pronta a sacrificarsi ma anche a tirare fuori le unghie per difendere la propria famiglia. L’autore è bravissimo nell’alternare diversi stili a seconda della situazione: usa infatti una prosa semplice e popolare nel raccontare la vita quotidiana e le varie vicende dei protagonisti e un’altra più raffinata ed elegante nei momenti di riflessione, regalando un quadro preciso dello stile di vita dell’epoca e un ritratto romantico e coinvolgente di una terra affascinante e di un popolo generoso. L’incredibile attualità di questo libro è un ottimo spunto per riflettere sulla situazione odierna del mercato del lavoro e Metello e gli altri possono ancora essere di esempio a noi del ventunesimo secolo: oggi più che mai è necessaria una forte presa di coscienza ed un impegno concreto perché nessuno verrà mai a regalarci niente e se vogliamo cambiare rotta dobbiamo rimboccarci le maniche e non abbassare mai la testa e la guardia.