Marco Polo
Letteratura italiana
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Un viaggio affascinante
Come certamente noto Il Milione è un saggio biografico scritto da Rustichello da Pisa sotto dettatura di Marco Polo allorché entrambi, presumibilmente nel 1298, si trovavano prigionieri di guerra dei genovesi.
Vi si descrive il viaggio nel lontano oriente compiuto dalla famiglia mercantile veneziana dei Polo (Marco appunto, il padre Niccolò e lo zio Matteo), un itinerario che appassionò subito i lettori del XIII secolo e che ancor oggi affascina.
Stupisce anche l’interesse al riguardo di Maria Bellonci, legata com’è stata al Rinascimento italiano e alla vita di corti ben diverse da quelle che si trovano nel Milione, ma forse lo stupore ha una spiegazione nell’ascendente che questo libro ha sempre manifestato nei lettori. Quel mondo quasi sconosciuto, così diverso dall’Italia medievale, quegli spazi infiniti, un grandissimo sovrano come Kublai Khan, autentico signore e padrone di quel mondo sono aspetti che giustificano ampiamente il successo di quel libro, fonte di ispirazioni di altri testi successivi, come Le città invisibili di Italo Calvino.
In questo Marco Polo Maria Bellonci rilegge quest’opera e ci racconta, con il suo ineguagliabile stile, questo viaggio avventuroso nell’impero del Gran Khan, partendo appunto dal momento in cui Marco Polo, prigioniero dei genovesi dopo la sfortunata battaglia di Curzola, detta questa sua esperienza a un altro detenuto, Rustichello da Pisa. E se Il Milione ha una nascita alquanto originale, altrettanto si potrebbe dire di questo libro della Bellonci; infatti l’origine è una sceneggiatura per il Marco Polo televisivo, trasmesso a puntate nel 1982; da questo lavoro in funzione del piccolo schermo la scrittrice piemontese ha tratto appunto il suo Marco Polo.
Indubbiamente diverso dai suoi testi famosi, quali Lucrezia Borgia, Segreti dei Gonzaga e Rinascimento privato, mantiene tuttavia il rigore di una biografia strettamente attinente alla vita del protagonista, con una felice trasposizione narrativa che rende il tutto assai più scorrevole e di grande gradimento da parte del lettore.
Senza essere didascalico, è caratterizzato dalla capacità di lasciare alla fantasia di chi legge immaginare, vedere con i propri occhi ciò che opportune e mai troppe indicazioni rendono possibile.
Certo non ci troviamo di fronte a personaggi come Lucrezia Borgia o Isabella d’Este, ma quel mondo lontano, che solo da non molto tempo ci sembra più vicino, rivive in un’aureola di meraviglia e mistero che non sgomenta, ma attrae irresistibilmente. Il palazzo estivo di Kublai Khan, costituito da una miriade di tende, l’incontro con i Lama del Pamir e con i mitici pescatori di balene, il rito del matrimonio tra bambini morti emergono da queste pagine, si offrono prepotentemente per farci capire un mondo che all’epoca appariva talmente lontano dall’occidente da essere considerato inabitabile e inabitato, e invece anche là si nasceva, si viveva, ci si amava, si combatteva e si moriva, né più né meno come in ogni angolo di questa terra, a ogni latitudine, in ogni epoca. Se la distanza geografica era immensa, Marco Polo fece sentire vicini gli abitanti di quelle terre lontane e Maria Bellonci ha saputo, in questa sua trascrizione, mantenere lo spirito dell’esploratore veneziano, la cui presenza, pur se discreta, è quella di un uomo che vuole conoscere, desidera sapere, è pronto a tendere un mano per innalzare un ponte ideale fra Occidente e Oriente.
Da leggere, senza dubbio.