Narrativa italiana Romanzi storici Marcia su Roma e dintorni
 

Marcia su Roma e dintorni Marcia su Roma e dintorni

Marcia su Roma e dintorni

Letteratura italiana

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In ventidue capitoli, brevi ma ricchi di informazioni, Emilio Lussu con un tono dolente e sarcastico insieme racconta ciò che ha visto e subito dal 1919 al 1929, anno della sua avventurosa fuga da Lipari con Carlo Rosselli e Fausto Nitti: il sorgere e il dilagare del fascismo, soprattutto in Sardegna, manovre politiche, agitazioni di piazza, figure camaleontiche e macchiette popolari. A cominciare dai questori, giornalisti, deputati, professori, sindacalisti voltagabbana, descritti da Lussu nel loro tragico spessore. Un documento imprescindibile rivolto in particolare alle nuove generazioni, che testimonia del contesto nazionale e delle sorti dell'Italia nel decennio di maggior abbrutimento civile della nostra storia e che rivela la forza di chi ha lottato fino all'ultimo, anche negli anni del dopoguerra, per una sinistra democratica.



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Marcia su Roma e dintorni 2020-10-17 17:30:38 LuigiF
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LuigiF Opinione inserita da LuigiF    17 Ottobre, 2020
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Cronaca di un grottesco colpo di stato

“La marcia su Roma” non è un saggio storico ne’ tanto meno ha ambizione letteraria alcuna.
Lussu scrisse questo celebre libricino durante gli anni dell'esilio francese seguiti alla rocambolesca fuga dal confino sull'isola di Lipari. Il libro raccoglie in modo disorganico episodi vissuti in prima persona dall’autore durante gli anni convulsi dell’avvento del fascismo con particolare riferimento alla realtà sarda in cui Lussu svolgeva la sua azione politica.

Scopo principale era documentare quei subdoli meccanismi che condussero in pochi anni all'annientamento della fragile democrazia Italiana ed al dilagare quasi ineluttabile della violenza fascista.
Secondo le intenzioni dell'autore il libro avrebbe dovuto essere destinato esclusivamente al mercato estero quale monito affinché il germe fascista non si propagasse nel resto d'Europa.
Se pure non si possa parlare di saggio storico, è innegabile che la testimonianza di Lussu abbia indubbia valenza storicistica. Con stile piano ed asciutto intriso da amaro umorismo, vi si descrive la repentina conversione di una larga fetta dell’opinione pubblica e della società italiana.
Ben pochi scampano al sarcastico e severo sguardo dell’autore: giornalisti, funzionari, addetti all’ordine pubblico, professori ed accademici, uomini politici e sindacalisti si piegano docilmente al nuovo padrone, ne divengono servi fedeli all’indomani del colpo di Stato. Persino alcuni tra i più strenui antifascisti della prima ora, si trasformano, in casi non isolati, in ferventi sostenitori del nuovo ordine che avanza.

Quale fu dunque il motivo della rapida ascesa del fascismo che nel giro di pochi anni da movimento fortemente minoritario si trasformò in forza di potere acclamata da masse osannanti? I fattori storici sono ben noti: la frustrazione dei reduci della Grande Guerra incapaci di ricollocarsi in tempo di pace, la delusione ed il senso di umiliazione a seguito della vittoria mutilata, i timori del diffondersi dei venti rivoluzionari socialisti massimalisti di stampo bolscevico, l’incapacità dello Stato di garantire l’ordine.

Eppure, sembra dirci l’autore, il successo di quella grottesca marcia su Roma ad opera di una "armata Brancaleone" priva peraltro dello stesso condottiero (come noto Mussolini non ne prese parte attivamente e si limitò a seguirne gli sviluppi dalla lontana Milano) non sarebbe stato possibile senza la complicità di una società nel migliore dei casi indifferente ma più spesso opportunista, servile ed ipocrita. Quel male atavico del popolo italiano, il trasformismo che ha segnato tante tristi pagine di Storia patria, di volta in volta alimentato dai voltagabbana di turno, è da annoverare tra le cause del successo fascista ne' più ne' meno di quelle storicamente accertate e riportate sui manuali di Storia.
E, duole dirlo, la repentina conversione all'antifascismo all'indomani del crollo del regime non fu immune da quello stesso male. Ma questa e' un altra storia ...

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Marcia su Roma e dintorni 2015-06-18 05:05:48 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    18 Giugno, 2015
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Amara ironia

Emilio Lussu, l’autore del giustamente famoso Un anno sull’Altpiano, uno dei più bei libri sulla prima guerra mondiale, scrisse nel 1931, da esule e dopo la fuga e l’evasione dal confino nell’isola di Lipari, Marcia su Roma e dintorni. Quest’opera non vuole, né intende essere uno dei tanti saggi storici sulla rivoluzione fascista, ma, rivolta soprattutto a stati esteri come Francia, Inghilterra e Stati Uniti al fine di metterli in guardia da un incombente tentativo di sopprimere ogni forma democratica, è il frutto dell’esperienza personale di Lussu, autentico uomo dal libero pensiero, maturata negli anni immediatamente antecedenti, durante e in quelli seguenti la marcia su Roma.
La visione quindi è soggettiva e riguarda soprattutto quanto accadde in quel periodo in Sardegna, la sua terra, ma che comunque è facilmente estensibile all’intero panorama nazionale, e questo anche grazie al fatto che l’autore all’epoca era membro della Camera dei Deputati in rappresentanza del Partito Sardo d’Azione, da lui fondato insieme a Camillo Bellieni, una forza politica per sua natura repubblicana e federalista, volta a ottenere per i pastori e i contadini sardi la distribuzione delle terre e dei pascoli di proprietà dei grandi latifondisti.
In questo contesto, benché Lussu fosse stato un combattente di notevole valore durante la Grande Guerra, che lo aveva visto deciso interventista, non rientrò nel corposo gruppo degli ex combattenti che, per diversi motivi, si accostarono a Benito Mussolini, anzi lui osteggiò da subito e apertamente un movimento come quello fascista, basato su valori sterili e falsi e caratterizzato dalla continua violenza di cui peraltro fu più volte vittima. Comunque, se l’avversione per la nascente dittatura fu una caratteristica costante, il futuro narratore sardo ha la straordinaria capacità di descrivere i fatti, accompagnandoli con un’amara ironia che ben riesce a dimostrare come fu possibile che un paese uscito dalla guerra come vincitore, anziché operare per la ricostruzione, venisse funestato da continue violenze e che soprattutto un “quaquarqaquà” come Benito Mussolini, forte con i deboli e pavido con i forti, potesse prendere il potere assoluto. Il quadro di un parlamento inconcludente, del presidente del Consiglio Facta, il cui continuo ottimismo stride con la gravità della situazione, un re fellone come Vittorio Emanuele III, l’ostinazione dell’opposizione a procedere solo nel rispetto della legge quando l’avversario – ma sarebbe meglio definirlo nemico – invece della costituzione e delle leggi fa carta straccia dimostrano che l’avvento del fascismo non fu un fatto casuale, bensì il risultato dei favori a Mussolini di chi deteneva le leve del potere, in primis gli agrari, senza dimenticare che non furono pochi anche gli industriali, timorosi tutti di perdere i loro privilegi e volti a continuare gli arricchimenti che inevitabilmente erano venuti durante il precedente conflitto. Tuttavia, l’analisi di Lussu va ben oltre e inquadra in un modo impietoso le caratteristiche dei politici italiani, riscontrabili purtroppo anche oggi. Pur di mantenere il loro posto dorato la maggior parte, che si opponeva con veementi parole al fascismo, finì con l’indossare la camicia nera.
Fu così che l’Italia diventò fascista, una dittatura che era iniziata con una marcia su Roma da operetta e, che poi soffocò in tutti i modi anche la minima opposizione, e che infine portò la nazione alla tragedia della seconda guerra mondiale; per non smentire il suo carattere, come noto Mussolini fu catturato mentre fuggiva travestito da soldato tedesco e finì appeso, con altri gerarchi, a Piazzale Loreto. Di tutto ciò che sarebbe accaduto Lussu nel 1931 non poteva sapere niente e anzi lui si trovava nella spiacevole posizione dell’oppositore fuggiasco; eppure, senza livore, anzi direi con serenità scrisse il libro, la cui lettura, a mio parere, più che raccomandata, è doverosa, soprattutto in un paese come il nostro che ogni tanto si lascia incantare dall’uomo di turno della provvidenza

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Un anno sull'altipiano, di Emilio Lussu
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Marcia su Roma e dintorni 2015-05-14 15:38:17 siti
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siti Opinione inserita da siti    14 Mag, 2015
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“ Perché sei diventato fascista?”

Scritta nel ’31, dopo l’evasione e la fuga da Lipari e una strenua opposizione al fascismo , l’opera si nutre dell’intento di raccontare la storia della nascita del fascismo calando la realtà nazionale a quella regionale della Sardegna con l’unico scopo di mettere in guardia, con la particolarità degli eventi italiani, l’universalità nella storia europea dei fatti e il ripetersi degli stessi meccanismi. Spagna , Portogallo, Polonia, Jugoslavia, Ungheria:“dappertutto dittature”, chi altri ancora?
Edito in Italia nel ’44 e non prima, per l’ovvia cesura temporale con conseguente morte della democrazia di cui è superfluo dire, l’autore non volle rimaneggiare lo scritto per conservarne l’autenticità insita in un memoriale dal tono squisitamente soggettivo e limitato alla visione del momento. Riscriverne le parti avrebbe significato tradire lo spirito del libro: genuino, ironico, vero, appassionato. Lussu è fedele a se stesso, sempre.
La lettura ha inizio con gli echi della conferenza di pace di Parigi, con i quattordici punti di Wilson e con il principio di autodeterminazione dei popoli. Il popolo sardo si autodetermina: orgogliosamente resiste alle tentazioni lusinghiere del nascente fascismo. Lussu, interventista pentito, ufficiale decorato della Grande Guerra, fondatore del partito Sardo D’azione, è in questi anni dal ’21 al ’26, deputato. Nel ’21, a Villacidro, terra tanto cara a Dessì, subisce il primo atto squadrista; in un crescendo narra la lenta involuzione dell’uomo in gregario, del coraggio in paura, della democrazia in tirannia.
Il Leviatano divora l’individuo e il mostro biblico coincide sempre più con lo stato assoluto.
La resistenza dei sardi inizialmente è palese, “corse voce di un movimento insurrezionale in Sardegna”, ma dopo la marcia di Roma e il balletto di onorevoli e re che permettono il fagocitamento delle strutture democratiche, la resa è inevitabile. È già tutta contenuta e anticipata nelle bellissime pagine dedicate al primo discorso di Mussolini alla Camera dopo la sua nomina a capo del governo. Le parole di Mussolini sono ricordate quasi a memoria, di poco si discostano da quelle riportate dalle fonti dell’epoca, ma i fatti sono arricchiti dall’occhio sapiente del regista che spazia per tutta l’aula inquadrando i singoli gruppi e restituendoci le loro reazioni. La dissolvenza finale è memorabile e chiude sui parlamentari che prendono parola contro Mussolini e il nuovo governo: “Se il lettore chiude gli occhi un istante e, attribuisce a quest’istante simbolico la durata di quattro anni, riaprendoli vedrà l’uno e l’altro, l’on. D’Aragona e l’on. Cao, inseriti nel fascismo.”
Quando in Sardegna, terra fiera e orgogliosa, arriva il generale Gandolfo a sostituire i prefetti con pieni poteri e a sedare ogni istinto di ribellione, a uno a uno gli amici di Lussu diventano fascisti. E allora si legge la presa d’atto, la delusione mai sbandierata ma chiusa nell’animo fiero e irremovibile. Rettitudine morale pura. La meraviglia di chi racconta, incredulo, l’appartenenza al fascismo di persone insospettabili, di amici, di politici vicini fino a poco prima della marcia su Roma, è lì palpabile e rattrista l’animo. Infinita solitudine del giusto. Gli episodi, tanti, prima raccontati in ottica antifascista vengono accennati e richiamati alla memoria ma impietosamente e dolorosamente siglati con un “Anch’egli s’inscrisse al fascismo”.
Sfioro le pagine e non leggo più, sento la storia, vedo gli eventi, odo le voci, ne partecipo gli umori. Il ritmo narrativo diventa incalzante, curiosità mista a paura e a stretta compartecipazione agli eventi e ai destini del protagonista fanno volger pagina velocemente. Antagonisti e scontri epici tra le forze del bene e del male si susseguono. Lussu è un grande narratore. Manca il lieto fine, i tempi non sono ancora maturi, la Storia lo scriverà anche grazie a uomini come lui.

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