Le paludi di Hesperia
Letteratura italiana
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Mondo lontano
Parte in sordina, all’inizio utilizza un linguaggio semplice e incolore, evoca visioni sfocate, lontane, ricordi dolorosi che sembrano emergere a fatica dalle nebbie del passato. Poi, poco a poco, cresce, acquista respiro, diventa storia forte e coinvolgente fino ad esplodere nella nemesi finale. Questo è “Le paludi di Hesperia”, romanzo che racconta ciò che accadde dopo la caduta di Troia, il destino, per lo più tragico, degli eroi omerici, qui con particolare riferimento a Diomede e Menelao.
Manfredi, grande conoscitore del mondo antico e delle civiltà mediterranee, esplora con perizia e accenti drammatici, da una parte il ritorno dalla guerra di Menelao, impegnato a vendicare il fratello ucciso barbaramente e a ristabilire l’onore della casata, dall’altra il viaggio intrapreso da Diomede che, tornato in patria e scoperto qui il tradimento della moglie, per non soccombere, affronta un’avventura lunga e perigliosa per mare e per terra. Giunto a settentrione, nel paese di Hesperia, risale prima le foci dell’Eridano, poi percorre le vaste pianure del nord, luoghi inospitali, freddi e nebbiosi, flagellati, forse, dall’ira di un dio che sembra inviare agli umani solo morte, distruzione, cattivi presagi. Manfredi è maestro nel rendere in modo palpabile queste lugubri atmosfere accese a volte da luci magiche, tormentate da eventi razionalmente inspiegabili, attraversate da lamenti, misteriosi gemiti e nenie sussurrate. Non sono più ospitali delle pianure di Eridano le montagne e i boschi della dorsale appenninica. Anche qui non c’è pace, non esiste luogo dove fermarsi per fondare una nuova città, ma solo freddo, neve, vento che batte violentemente le fronde, popolazioni selvagge e feroci con le quali è impossibile stringere alleanza e amicizia. Diomede e i suoi sono soli. Il fatto è che il tempo degli eroi è finito, i valori della gloria e dell’onore non sono più tali, gli dei sono assenti o indifferenti o maligni e la lotta non è più per strappare all’avversario le ambite spoglie, ma per sopravvivere agli stenti e alla fame. E’ chiaro che il destino di un eroe non può essere questo, perché l’eroe non è mai uomo comune. Se lo fosse, ne morirebbe. Così Diomede si abbatte e progressivamente si appanna anche nel fisico, proprio come le sue armi, un tempo lucenti e ora inutilizzate, si opacizzano.
Il romanzo, dolente reinterpretazione del mito di Diomede e Menelao, poesia triste di un mondo che si è perso nelle battaglie della piana di Ilio e nel fuoco di Troia, lascia segni profondi e nostalgia nella mente del lettore partecipe. Rimangono impresse le atmosfere, per lo più grevi e opprimenti, che accompagnano il vagabondare degli Achei; non si possono dimenticare gli occhi lucidi e terrorizzati del cavallo morente, né le parole di commiato su una tomba destinata all’oblio, né la disperazione di fronte alla scoperta del tradimento.
A lettura ultimata si fa spazio la riflessione sugli eventi narrati: prepotente si afferma il desiderio di rileggere le storie e le imprese degli antichi eroi.
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Troy 2: la verità ( logicamente secondo Manfredi)
Mi immagino già il cast: Leonardo di Caprio nei panni di Diomede, Jessica Alba nei panni della dolce e affascinante Ros, Nicole Kidman nei panni di Elena di Troia....
Di sicuro il film potrebbe vincere qualche Oscar e riuscirebbe a far innamorare il pubblico ma in questo caso sto parlando di un libro con un meraviglioso futuro cinematografico, opera di un grande e famoso scrittore-archeologo “made in Italy”: Valerio Massimo Manfredi.
La bugia. La fantasia. L'immaginazione. La creatività. Questi sono i principi di questo libricino che ha poco di storico - varie descrizioni di natura storica/archeologica sulle antiche città micenee e riferimenti all'avvento dei Dor, popolo bellicoso e potente che farà piombare la penisola ellenica in uno dei periodi più bui della sua storia, il Medioevo Ellenico ( circa dal XII al VIII secolo a.C.) - mentre molto di avventura picaresca e anche un po' di fantasy.
La vicenda è narrata da un aedo che mente sin dall'inizio affermando che tutto ciò che sta per raccontare è vero. Spinto dalla musa ( uno dei molti richiami ai poemi epici dell'antichità, soprattutto Odissea ed Eneide), l'aedo/narratore onnisciente ci narra due vicende che corrono su strade parallele:
- la principale ripercorre il pellegrinaggio del fortissimo acheo Diomede, figlio di Tideo, eversore di città e acerrimo nemico del divino Enea dalla sua patria Argo, la quale scopre essere in mano della infedele e traditrice moglie Egialea, verso le Terre del Nord, giungendo nella nostra Penisola, nel libro chiamata Hesperia, alla ricerca disperata di una terra adatta per fondare una nuova città e un nuovo regno. Là trova una terra inospitale, paludosa ricoperta da strane nuvole e piena di villaggi fantasma e scheletri di uomini e animali ( eh sì, proprio la prospera e ricca Pianura Padana), altissime e aspre montagne ( le Alpi), e numerosi popoli, che costituiranno una grande spina nel fianco allo sparuto “esercito” del potente acheo, ma anche l'amore e il passato che ha per tutto il viaggio estenuato il protagonista, spingendolo spesso alla follia e a volte anche al suicidio.
- Quella “secondaria” invece riguarda il ritorno degli Atridi ( Menelao e Agamennone), la congiura delle varie regine ( eccettuate Penelope, moglie di Ulisse, per devozione ed Elena, moglie di Menelao, per costrizione) che, per mezzo dei loro amanti, si impossessano del trono del marito con l'obbiettivo di riportare la Grecia ad un periodo di prosperità tutto al femminile e le varie lotte dei principi achei per fermare i piani delle loro mogli.
Io ho trovato più bello il secondo filone narrativo perché più affascinante, curioso, travolgente e soprattutto perché si spiega quale fu il vero casus belli della guerra di Troia, che si discosta dal mito e dalla storia.
Il principale filone è interessante dal punto di vista del ritratto psicologico del protagonista, logorato lentamente dalla paura per il futuro e l'invidia per il passato, e della suspense e del colpo di scena nella parte finale.
La conclusione non mi ha soddisfatto per niente poiché è stata troppo affrettata e poiché mi ha lasciato in bocca un sapore molto amaro.
Manfredi proprio non conosce le parole “lieto fine” mentre si diverte molto nel controllare a suo piacimento il lettore lasciandolo infine abbastanza dispiaciuto e deluso.
Questo è stato il secondo libro di Manfredi che ho letto, ma mi è piaciuto di più lo Scudo di Talos, essendomi sembrato più travolgente e soprattutto un vero romanzo storico.
Lo stile invece mi è sembrato migliore dello Scudo di Talos perché meno frammentato, con meno ellissi, e con più sequenze descrittive( ho adorato soprattutto quelle riguardanti i paesaggi e l'ambiente) e psicologiche.
Questo libricino tuttavia lo consiglio poiché è davvero curioso e interessante, ma non dovete aspettarvi un romanzo storico al 100% altrimenti avete sbagliato assolutamente strada.
Tuttavia le numerose scene di battaglia descritte minuziosamente e le varie tragedie presenti nelle sue opere mi hanno un po' stancato e credo proprio che rimanderò l'altro libro che ho di Manfredi ché devo cambiare un po' l'aria. Buona lettura!
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le radici del mondo Latino?
E nota a tutti la storia di Ulisse dopo la conquista di Troia,chi non conosce a grandi linee le vicende dell’Odissea. Meno nota,ma non meno affascinante è la ricostruzione di Manfredi,supportata da una profonda conoscenza della storia antica e archeologica,di un altro straordinario eroe Omerico,Diomede di Argo. Diomede dopo le gesta dell’Iliade,non troverà più Argo come l’ha lasciata,il tradimento della sua sposa regina l’ha fatto diventare nemico del suo regno,ed egli con un manipolo di eroici Opliti greci che l’hanno affiancato sotto le mura di Ilio è costretto a fuggire,braccato,alla ricerca di una nuova casa,di un nuovo regno,da fondare. Dall’Egeo risalendo l’Adriatico Diomede sbarcherà in una terra inospitale,selvaggia,deturpata da barbare popolazioni che manipolano un metallo lucente,che spezza il rame greco come fosse frassino,ma l’eroismo,la disciplina,l’umanità forgiata dalla cultura Ellenica getterà le fondamenta per quella che diventerà nei prossimi 1000 anni la civiltà dominante del Mediterraneo,la civiltà latina. E una splendida lettura,scorrevole e coinvolgente,avesse avuto qualche centinaio di pagine in più,fosse stata meno sbrigativo,l’avrei messa alla pari della Trilogia “Alexandros”e de ”Il Tiranno”,comunque vale per l’intrattenimento che per l’approfondimento,una perla di un Valerio Massimo Manfredi irripetibile.
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Commento
Anche con questo testo Valerio Massimo Manfredi riporta indietro nel tempo fino alla classica Grecia e alle avventure dei suoi protagonisti più classici.
una terra da cui fuggire e il nuovo che si svela pagina dopo pagina.
wow sarebbe l'esatto commento ma sarò più professionale e dico: Un bel libro, da leggere nei momenti di relax e voglia di avventura.
L'Autore, come sempre, è insuperabile.