Narrativa italiana Romanzi storici La torre della solitudine
 

La torre della solitudine La torre della solitudine

La torre della solitudine

Letteratura italiana

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Un drappello di soldati romani nel deserto del Sahara e annientato da una presenza misteriosa che sembra albergare in un monumento solitario. Si salva soltanto l'augure etrusco Vipinas. Venti secoli dopo, indagando sulla scomparsa del padre, l'archeologo Carter scopre un antico documento che allude alla torre del deserto e ne spiega il malefico potere.



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La torre della solitudine 2014-10-28 17:09:15 Chiara Lilith
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Chiara Lilith Opinione inserita da Chiara Lilith    28 Ottobre, 2014
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PROMETTE BENE, MA NON MANTIENE

La recensione contiene spoiler.
Avevo letto altri libri di Valerio Massimo Manfredi e mi erano piaciuti molto, così mi sono lanciata nella lettura di quello che prometteva essere un libro avvincente.
Purtroppo è stato invece una delusione, su quasi tutti i fronti. Il libro inizia con un incipit più che interessante, che faceva sperare in un’avventura incredibile. Vediamo questa legione romana sterminata da mostri misteriosi e subito dopo c’è un salto nel tempo che avvia l’indagine. Ci sono diversi personaggi che per motivi diversi (e con diversi esiti) inseguono un messaggio misterioso, che verrebbe da Dio. Tutto è molto interessante. Si sente che si riuniranno tutti alla Torre della Solitudine e non si vede l’ora di quel momento.
I percorsi che però ogni personaggio affronta scorrono troppo velocemente, la trama viaggia veloce, i protagonisti si spostano rapidi e gli eventi si complicano e risolvono senza che il lettore se ne renda conto, Desmond e Philip rischiano innumerevoli volte di morire nelle maniere più strane e un secondo dopo la faccenda è sempre brillantemente risolta.. Troppo veloce, sembra un canovaccio per un film americano qualsiasi, più che un’opera del livello di Manfredi. Tutto ricorda un incrocio tra un romanzo di Dan Brown, un film con Indiana Jones e la Mummia (chi non ha immaginato Desmond Garrett come Sean Connery in “Indiana Jones e l’ultima crociata?” Ed El Kassem non ricorda forse quel guerriero Medjai di nome Ardeth Bay che aiuta il protagonista?). Come storia aveva tante potenzialità, ma nessuna di queste è stata sfruttata. Inoltre, si può capire la necessità di inserire un personaggio femminile, ma sarebbe bastato un flirt. Invece è diventato l’amore di una vita, l’unica spiegazione è il colpo di fulmine, ma la cosa resta comunque poco realistica. Un po’ troppo scontato, un po’ troppo banale, promette bene ma non mantiene. L’unico elemento valido l’ho trovato nei personaggi legati al clero. In particolare sono molto profonde le conversazioni tra padre Hogan e padre Boni, soprattutto è toccante lo struggimento di quest’ultimo, che mette a dura prova la sua fede.
Il linguaggio, lo stile, sono quelli tipici di Manfredi, quindi volti all’epico; questa volta però una preparazione classica molto approfondita si è rivelata una lama a doppio taglio: infatti nelle le descrizioni dei paesaggi ci si trova in momenti di pura poesia, mentre per quelle dei luoghi antichi o degli arredi tutto diventa complicato, perché l’autore utilizza termini molto specifici dell’architettura antica, che un lettore comune non comprende o comunque lo fa con difficoltà (cito “c’era un sarcofago nabateo in stile egittizzante”).
Il finale è la parte peggiore, i personaggi tornano ognuno alla loro vita, tranne Philip, che resta con la bella principessa, il cui grande amore (reciproco) è nato al primo sguardo, in modo irrealistico e banale. Ma soprattutto il grande messaggio non viene rivelato. Tutta la trama è incentrata su un mistero che non viene risolto. L’unica consolazione è la frase sul sarcofago “Nessuno uccida Caino”, col significato di “non uccidete l’assassino o diventerete come lui”. Anche questo abbastanza banale. Lascia l’amaro in bocca.
In sintesi, Valerio Massimo Manfredi è un grande autore, ma questa volta è stato scarso.

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La torre della solitudine 2012-12-26 19:56:36 Pelizzari
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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    26 Dicembre, 2012
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Caccia al tesoro

E' un romanzo d'avventura, strutturato come una caccia al tesoro di un figlio che cerca di mettersi sulle tracce del padre. Il tutto avviene in un'atmosfera di mistero, sotto la costellazione dello Scorpione, all'ombra di un'enigmatica costruzione, sulle tracce lasciate dai misteri di antiche civiltà. Fa da sfondo il fascino del deserto, che ha occhi e orecchie dovunque, anche quando appare completamente vuoto; deserto che brucia tutto quello che è in falso equilibrio per lasciare, alla fine, solo la vera sostanza di cui un uomo è fatto. Il personaggio che mi è piaciuto di più è proprio il figlio, che ha paura nel seguire queste tracce misteriose, ma non abbastanza paura per tornare indietro.

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La torre della solitudine 2012-02-01 07:51:08 Sordelli
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Sordelli Opinione inserita da Sordelli    01 Febbraio, 2012
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Un'intrigante avventura

Desmond Garrett, rinomato archeologo, scomparve nel deserto alcuni anni fa e di lui non si ebbe più alcuna notizia. E allora perchè il figlio Philip si ritrova a parlare con un comandante della Legione straniera proprio di suo padre? Quello che il comandante gli propone è di analizzare il libro che gli era stato spedito dal padre stesso (e che la Legione ha voluto prima esaminare, senza successo) per poterlo ritrovare; ma tutto ha un prezzo e quello del comandante è la conoscenza. Philip, all'inizio riluttante, accetta.
Si ritrova così catapultato in un mondo di indizi e segreti, di messaggi in codice che solo lui può comprendere.
Intanto, in Vaticano, Guglielmo Marconi è convocato nel cuore della notte nell’osservatorio della Specola dove una potentissima radio, da lui costruita in gran segreto, sta captando un misterioso segnale che giunge dagli abissi dello spazio. Padre Boni, il direttore della Specola, ha fatto realizzare quello strumento dopo aver scoperto gli appunti del suo predecessore padre Antonelli che, dieci anni prima e proprio con l’aiuto di Desmond Garrett, era riuscito a tradurre un testo sepolto da secoli nei più nascosti recessi della Biblioteca Vaticana, le tavole di Ammon. Si tratta di una specie di Bibbia elaborata da una civiltà molto più antica delle prime civiltà storiche. Prima di estinguersi, ha costruito la Torre della Solitudine e ha lanciato un segnale nelle profondità dell’Universo.
Ma chi è quell’essere tenebroso che dorme nella Torre? Che succederà quando il raggio dell’ultima conoscenza penetrerà nel sarcofago? Chi sono gli abitanti, se davvero esistono, del feroce popolo dei Blemmi di cui hanno favoleggiato gli antichi viaggiatori?
Il destino di Philip, quello del padre, del nemico giurato Selznick, che nasconde molti segreti, si uniranno presto a quelli di El Kassem, un condottiero formidabile, della popolazione della leggendaria Kalaat Hallaki, della Santa Chiesa e della Legione straniera; e tutti questi destini graviteranno misteriosamente intorno alla Torre della Solitudine.
Dalla Francia a Napoli, da Antiochia ad Aleppo, da Gerusalemme al deserto di Giuda fino a Petra e al deserto Paran, la lotta contro il male comincia, senza quartiere.

Un bel romanzo, intrigante. Peccato che l’ho trovato un po’ lento e “pesante”: ci ho messo parecchio a leggerlo proprio per questa mancanza di scorrevolezza. E nonostante questo, mi è piaciuto. Sarà la capacità di Manfredi di trascinare nelle sue storie? Sarà che Manfredi mi piace e quindi sono un po’ di parte? Non lo so, però mi è piaciuto. Prendetevi il giusto tempo per gustarvelo.

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