La selva degli impiccati
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Il poeta gaglioffo e la lampada misteriosa
Parigi 1463, François Villon sta contando le ore che lo separano dalla forca alla quale è stato condannato per recidiva di reati. Educato alla vita pia, alle lettere e alla cultura dal padre adottivo, Guillaume de Villon, canonico di Saint-Benôit, François è stato attratto, sin da giovane, dall’esistenza fellona e godereccia trascorsa ai margini della società e della legalità. Adesso dovrà scontare tutte in una volta le sue innumerevoli bravate. Inaspettatamente, però, quando ormai ha abbandonato ogni speranza di cavarsela per l’ennesima volta, gli viene comunicato che gli e stato concesso il condono della pena. Ma le condizioni alle quali gli viene restituita la libertà sono pesantissime: il bando da Parigi per dieci anni e, soprattutto, l’obbligo di recarsi in Borgogna a rintracciare il "re del Coquillard", Nicolas Dambourg, bandito gentiluomo che Villon considera come un secondo padre, assieme al canonico. Questo vincolo gli è stato imposto da un misterioso individuo incappucciato da un manto grigio e di aspetto minacciosissimo. Forse, nonostante tutto, lo spirito ribelle di François lo spingerebbe a eludere questa imposizione che sa tanto di tradimento. Tuttavia una tragica scia di sangue, che il misterioso incappucciato semina tra le persone che gli sono più care, lo costringe, suo malgrado, a portar a termine la missione che rischia di perdere il suo caro amico.
Scoprirà che i motivi, per i quali alcuni potenti individui stanno dando la caccia all’ormai anziano Dambourg, sono connessi a una serie di losche malversazioni commesse in passato da costoro ai danni dei reduci della Guerra dei Cent’anni; appropriazioni che il vecchio brigante vorrebbe smascherare. Sopra tutti vi è implicato pure Jacques de Villiers attuale prevosto di Parigi, la spietata mano della giustizia francese in nome di re Luigi XI e, guarda caso, proprio colui che ha graziato Villon. Intrecciata con questa vicenda ve n’è una ancor più oscura connessa a una misteriosa ampullae diaboli che vedrebbe coinvolto, addirittura, Pedro Zacosta, Gran Maestro dei Cavalieri Ospitalieri.
Vaso di coccio in mezzo a questa miriade di agguerritissimi vasi di ferro, François Villon dovrà dar fondo a tutta la sua inventiva e cercare l’appoggio delle poche amicizie che gli sono rimaste per districarsi dagli impicci e far salva la vita.
Avevo conosciuto la prosa di Marcello Simoni con il suo primo e più noto libro (Il Mercante dei Libri Maledetti) e non ne ero restato particolarmente convinto, perché ritenevo che le tante promesse inizialmente fatte dal romanzo fossero state solo parzialmente esaudite nello svolgimento.
In questa nuova fatica l’A. affronta il non facile compito di inserire una vicenda, fatta di intrighi e duelli e del tutto inventata, in un contesto rigidamente storico, per di più scegliendo come protagonista il più noto dei poeti tardo medievali della letteratura francese e per comprimari molti personaggi realmente vissuti all’epoca. Giunto alla parola fine debbo dire che la scommessa è stata vinta.
La storia furbescamente è fatta partire proprio nel momento in cui Villon, ottenuta la grazia e bandito da Parigi, fa perdere le tracce ai suoi biografi. Dal 1463 in poi nessuno sa più cosa accadde davvero al poeta maledetto né quando sia morto. L’A., quindi, ha buon gioco nell’inventarsi una vicenda alla Robin Hood in cui questo affascinante letterato si trasforma in vendicatore delle ingiustizie commesse dai potenti e difensore del popolo angariato. Lo stile non è esente da mende, ma la prosa scorre rapida e fluida. Non c’è tempo, quindi, per soffermarsi su eventuali imprecisioni, falsi storici o furbesche strizzatine d’occhi al lettore moderno.
L’intreccio, poi, è davvero accattivante, mozzafiato e, tutto sommato, verisimile (la corruzione è vecchia come il Mondo). Con abilità veniamo condotti per le strade di una Parigi medievale che ricorda tanto quella di Hugo, ma che qui le descrizioni rendono così vivida da illuderci di essere davvero tra i tortuosi vicoli, nelle fumose bettole, nei postriboli o entro i cupi palazzi del potere. Sfruttando abilmente le stesse ballate di Villon come fonte di ispirazione e notizie, le atmosfere sono rese vivide e credibili.
In conclusione il libro è godibilissimo e fonte di piacevoli scoperte, anche storiche e letterarie, giacché lo stesso Villon si autocita spesso parlando con i versi che lo hanno reso famoso.
Indicazioni utili
Recensione Utenti
Opinioni inserite: 1
Questo è un romanzo storico
“ … nel corso della sua esistenza aveva visto commettere ogni sorta di turpitudine in nome dell’ira, ma quelle ispirate dall’avidità erano di gran lunga le peggiori … ”
In una Parigi misteriosa del gennaio 1463, il poeta François Villon, fissa la sommità del pozzo all’interno del quale è stato segregato dalla giustizia parigina. Fra qualche giorno il suo collo verrà posto in omaggio alla “Grande Impiccheria”, a causa dei reati da lui commessi. Ormai rassegnato, rivolge una preghiera alla Vergine Maria, quando all’improvviso la voce del guardiano interrompe la sua supplica “… Notizie importanti ho da comunicarvi …”. Villon è incredulo, ma dopo qualche ora, libero, è già in cammino verso oriente, lungo la “rive droite. Purtroppo per la sua libertà inaspettata c’è un “pegno” da pagare.
Il romanzo è ambientato nella Francia medievale della seconda metà del XV secolo, quando da due anni regna Luigi XI, successore di re Carlo VII. Si narrano, principalmente, i fatti accaduti dopo la pace anglo-franco-borgognona, quando le truppe francesi compirono gravi crimini nei confronti della povera gente che era sprofondata nella miseria.
La maggioranza dei personaggi citati sono realmente esistiti; l’autore ha apportato solo qualche modifica nei nomi propri di alcuni di loro, per non appesantire la lettura.
Il titolo del libro evoca inevitabilmente l’opera “Ballata degli impiccati” (1489) del poeta francese François Villon (Parigi 1431), e del quale dal 1463 non si ha alcuna notizia. Sono poche le citazioni ai testi del poeta, e il suo lato sensibile viene mostrato indirettamente, specialmente nella seconda parte del libro.
Leggere le prime cento pagine è stato impegnativo, a causa della scrittura complessa a tratti ripetitiva, ma risulta evidente che l’autore vuole rappresentare al meglio il periodo narrato, utilizzando una scrittura “intellettuale” e ricercata. Tuttavia sono i primi capitoli, che aiutano il lettore a prendere confidenza con i personaggi, i luoghi raccontati e il periodo storico di riferimento, introducendolo in una narrazione interessante fino alla fine. E’ un susseguirsi di figure e luoghi nuovi, apparentemente insignificanti, ma che dopo qualche pagina si manifestano come punti cruciali del racconto. È utile prendere nota dei nuovi riferimenti, ma non occorre uno sforzo eccessivo di concentrazione, in quanto la trama è avvincente e scorrevole.
Sono molteplici e interessanti gli elementi storici citati, e tutti collegati abilmente dall’autore. Si cita, per esempio, la caduta di Costantinopoli del 1453 ad opera degli Ottomani, l’Ordine degli ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, come anche Giovanna D’Arco, tutti spunti per letture successive.
Sono dunque evidenti le competenze storiche di Marcello Simoni, e nel romanzo emerge anche la familiarità con la città di Parigi, questo però va a scapito dell’approfondimento dei personaggi dal punto di vista psicologico.
Consiglierei “La selva degli impiccati” a coloro che amano questo particolare periodo storico, quando gli intrighi, le vendette, la barbarie erano consuetudine. Il finale riserva sorprendentemente una grande prova di umanità.