La rivoluzione, forse domani
Letteratura italiana
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Un gioiellino letterario
In tempi di scritture piegate alle logiche del marketing, di fascette menzognere e di pubblicazioni sfornate in serie inseguendo la tendenza del momento, è confortante imbattersi in una casa editrice che cura non solo la qualità dei testi pubblicati ma anche quella dell'oggetto-libro. Nel caso dell'opera della Mangini, il merito della casa editrice sta anche nell'aver dato luce a pagine che prefigurano la Resistenza, che alternano la concretezza del dialetto al lirismo di valori, di ideali da riscoprire. Al termine della lettura del libro della Mangini, un autentico gioiellino letterario che dovrebbe essere letto nelle scuole, si resta sospesi tra lo stupore e la speranza: lo stupore di quanto fosse diversa l'Italia rurale di qualche decennio fa e la speranza di poter recuperare ideali di libertà e democrazia tuttora fragili ma imprescindibili.
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Simplex munditiis
Il manoscritto di questo romanzo breve è stato ritrovato per puro caso nascosto in una cartellina che l’Editore ha acquistato e che invece ha rivelato all’interno un testo notevole per acume, eleganza e capacità profetica. Purtroppo poco è dato sapere di Rosa Mangini, autrice sfuggente di quest’opera datata 1941 e probabilmente insegnante, vista la presenza di temi scolastici da lei corretti insieme al manoscritto. Rosa Mangini doveva essere una donna sicuramente colta: la conoscenza di almeno quattro lingue e la profonda e precisa percezione degli eventi storici, fanno pensare se non a un’intellettuale, almeno a una erudita pensatrice.
La prima difficoltà da superare per apprezzare questo libro è la lingua, che fedele ad una rappresentazione quanto più viva e realistica del mondo, ricorre spesso al dialetto della Bassa Padania, con precisa cognizione di modi di dire e luoghi ora conservati, ora scomparsi e divorati dalla fame del tempo. Eppure nel fiume apparentemente semplice e popolare di questo stile, si aprono improvvisi squarci di quieto lirismo, riflessioni insospettatamente profonde, scritte in un italiano di straordinaria scioltezza e che ricordano continuamente al lettore di non sottovalutare le pagine, ma di seguire con cura la storia. “Simplex munditiis”, semplice nell’eleganze, è il motto della poetica oraziana; ma potremmo dire altrettanto di Rosa Mangini. Ecco la scrittrice ci ricorda il gusto puro del raccontare, la grazia di un linguaggio che rifiuta evoluzioni artificiose o contorte spirali del pensiero, per approdare al tono fiabesco e pure crudo di una narrazione che, nella denuncia storica del fascismo, non rifiuta la calma di un paesaggio in collina in un giorno di sole.
La trama è semplice: un gruppo di giovani adolescenti affronta le giubbe nere di un fascismo sempre più colluso con i tedeschi, nel tentativo di proteggere la propria terra e la propria libertà da questa minaccia scura che, dapprima sfumata, si fa sempre più densa. E lo fa con la semplicità incisiva dei ragazzi, con uno scherzo che pure nutre in sé più coraggio della livida connivenza degli adulti. Nel mentre si intreccia una delicata storia d’amore, quella di due giovani che fioriscono sull’orlo della storia.
A voler sintetizzare il libro, quello di Rosa Mangini è un libro sulla Resistenza prima della Resistenza (che si svilupperà solo a partire dal 1943) e in questo si fa quasi profetico, come anche le intuizioni sul Partito d’Azione (che nascerò solo dopo la fine della scrittura del manoscritto e che invece viene già prefigurato) e soprattuto nella previsione delle nefande conseguenze dell’alleanza italo-tedesca. Eppure la piacevole sinfonia di questo libro è anche nei racconti del nonno di una dei protagonisti, nei suoi ricordi, nella memoria che si sedimenta e che con elegiaca malinconia sa ammantare il presente di una speranza mai vinta. Un libro dalla grazia delicata, tanto puro e limpido da sembrare, oggi, una rarità.
[Plauso finale all’editore che ha recuperato il libro, dotandolo anche di una prefazione e di una postfazione adeguate, nonché di un apparato di note che guida il lettore nell’intricato periodo storico e nelle insidie di un dialetto che talora è recalcitrante alla decifrazione]