La notte dell'oblio
Letteratura italiana
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La notte dell’oblio– Commento di Bruno Elpis
Oggi, 27 gennaio, è il giorno della memoria. Decido pertanto di commentare un romanzo di Lia Levi, autrice che nel 2012 ha vinto il Premio Pardès per la Letteratura Ebraica.
Per sfuggire alle persecuzioni ebraiche e alle atrocità conseguenti all’approvazione delle leggi razziali, due coniugi di origini ebree fuggono da Roma con le due figlie. La famiglia viene ospitata in un paesino di campagna da un parroco amico, don Gioacchino. Durante la clandestinità, il padre periodicamente e in incognito si reca nella capitale per incassare l’affitto del negozio. Ma, da una di queste trasferte, non fa più ritorno. Si scoprirà che è stato deportato per un vile tradimento.
Elsa, la madre, cerca di proteggere dal dolore le figlie Milena e Dora, tacendo su quanto è accaduto: “E ora il silenzio di tutti picchiava forte contro la scelta di silenzio che Elsa aveva compiuto per amore delle proprie figlie”.
Gli eventi successivi, tuttavia, stabiliranno che “Elsa aveva sbagliato tutto ed ecco ora le sue figlie diventare le sue vittime”.
“Non sarebbe stato meglio che in tutti questi anni tu avessi diviso con noi il dolore e anche il peso di quello che avevi scoperto?”
“Ma il male non è soltanto nel passato. Anche questo silenzio , questa aspirazione all’oblio è male”.
La coscienza dell’errore esplode nel dopoguerra, negli anni in cui “ripercorrere con la Vespa gli itinerari seguiti da Gregory Peck per far vedere Roma alla bella principessa”, quando si proietta “Aleksandr Nevskij di Ejzenstein”. ? il periodo della guerra delle Coree, dell’attentato a Togliatti e della Cassa per il Mezzogiorno. Intanto si fa largo il progetto sionista di costituzione di uno stato (“i giovani sopravvissuti o scampati alla grande strage non volevano più sentirsi gregge da condurre al macello”).
Il romanzo – che attraverso i fatti raccontati prende implicitamente posizione contro negazionismo e rimozione collettiva – è particolarmente efficace nel descrivere l’equilibrio artificiale e di facciata che si è creato tra le tre donne, tutte vittime.
Elsa : “E' riuscita a costruirsi un lavoro che va bene, ci mantiene, ci segue. Da noi in fondo chiede soltanto di vivere la vita che lei non vive.”
Milena: “Il suo vivere di riflesso la rendeva molto pronta a captare”. “Quella ragazza, della sua vita, dei suoi amori, della sua bellezza niente era riuscita a fare”.
Dora: “Si sentiva calamitata dal fascino della mediocrità come da qualcosa che in fondo aveva desiderato e cercato”.
Bruno Elpis