La leggenda del morto contento
Letteratura italiana
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Contento il morto, contento il lettore
Per Vitali aver abbandonato per la sua narrazione il periodo del “ventennio” per inventare una storia datata circa un secolo prima deve essere stato quasi un trauma, ma, ciò nonostante, i risultati sono stati più che positivi. Bellano in piena dominazione austriaca (ma del periodo asburgico si ha solo un vago sentore) è sempre il ridente paesino che si affaccia sul lago di Como, uno specchio d’acqua questa volta traditore, visto che imprudentemente vi si avventurano con una barca il figlio dell’uomo più ricco del paese in compagnia di un giovane milanese, unico rampollo di un ingegnere dell’Alto Adige. La giornata sembra propizia per una gita, vista la calma piatta, ma c’è chi, appassionato di meteorologia e presente al molo per caso, è quasi certo di un prossimo e improvviso cambiamento del tempo, con vento forte, anzi fortissimo. Cerca di dissuadere i due giovani, ma si sa che a quell’età poco si ascoltano quelli un poco più in là con gli anni e così partono per quello che sarà il loro ultimo viaggio. Questo potrebbe essere definito l’antefatto perché la storia vera, la trama avvincente comincia lì ed è una di quelle narrazioni in cui Andrea Vitali pare divertirsi, quasi fosse partecipe della vicenda e forse con la non recondita intenzione di rendere tale anche il lettore. Così ci troviamo di fronte a un campionario di varia umanità che finisce con il rappresentare gli emblemi della società, personaggi pennellati, descritti una volta tanto con dovizia, curando perfino una certa analisi psicologica. La descrizione del paesaggio e la riproduzione di certe atmosfere sono già qualità innegabili dell’autore e così poco a poco, pagina dopo pagina si sviluppa una storia allettante, perché con quel titolo si è desiderosi di sapere come andrà a finire, che sorprese ci saranno riservate. E Vitali non delude, è capace di far stare sulle corde chi ha gli occhi incollati alle pagine, strappando di tanto in tanto ben più di un sorriso.
Insomma, La leggenda del morto contento mi è piaciuto, anche perché, a differenza di altri romanzi dell’autore comasco, mi è rimasto dentro qualcosa, c’è una morale perseguita fin dall’inizio e che dimostra che passano i secoli, cambiano gli amministratori degli stati, ma l’animo umano è cristallizzato dalle origini e che la ricerca del proprio tornaconto prevale sempre su tutto.
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La leggenda del morto contento - commento di Bruno
Le descrizioni paesaggistiche di Andrea Vitali sono inconfondibili: fuggevoli e nitide, sono istantanee di paesi e atmosfere lacustri, più simili a dagherrotipi in bianco e nero che a foto digitali. Perché spesso i romanzi di Vitali sono ambientati nei decenni passati.
Come “La leggenda del morto contento”, che si svolge nell’ottocento: in piena dominazione austriaca.
Sulla storia narrata aleggia una nuvola che, a forma di cane, sembra governare dall’alto la tragica fine di due giovani, figli del potere economico locale e milanese.
Lepido, sarto-poeta dal naso rincagnato, assiste alla scena del naufragio mortale, nel corso del quale periscono due giovani di buona famiglia. Lepido ha cercato invano di dissuaderli, perché non prendessero il largo nell’imminenza di una tempesta.
I soccorritori recuperano un cadavere, quello del figlio del Gorgia, mentre risulta disperso il di lui amico, Emilio Spanzen.
I fatti successivi si innestano in una società ove la macchina della giustizia e dei personalismi cinicamente richiede che una vittima venga immolata: e, paradossalmente, questa dinamica rende felice il malcapitato innocente, al quale viene assegnato il ruolo di agnello sacrificale.
Verrebbe da chiedersi: è cambiato qualcosa da allora, in questa nostra Italia ove burocrazia e lentocrazia, collusioni di potere e connivenze a volte travolgono i destini di ignari e incolpevoli cittadini?
Andrea Vitali si riconferma autore molto “pop” e in un processo-sipario scolpisce un’impareggiabile “corte dei Miracoli”.
Ove pretore e podestà sono ridicole macchiette.
Ove sfilano umili e popolani, quasi fossero statuine di un immaginario presepe: artigiani, disoccupati, pescatori, comari (la “magnana” la Diomira, la Teresotta, la Cherchelina “piccola, scura, pelosa, con una collezione corallina di verruche sul naso …”, la Strascia che cammina come un’oca …).
Il linguaggio, come sempre, indulge a derivazioni dialettali, comprensibilissime anche a chi non è “del posto”.
E nel finale Vitali regala un’altra delle sue morali malinconiche, dispensata tra sorrisi e sberleffi: la morte azzera i conti, sebbene gli uomini trascorrano la vita in lotte fratricide e insensate! E, nell’equità inesorabile della Signora con la falce, l’umile “morto contento” è esattamente come il rampollo di una famiglia facoltosa. Perché quella legge, sì, quella legge è uguale per tutti!!!
Bruno Elpis
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Dai, sto scherzando! :)
Sempre all'altezza del suo genere
Il protagonista: un uomo umile e semplice che solo un giorno ha goduto della propria vita
La protagonista: un perfetto esempio di ignoranza come tante donne di una volta
Le comari: pettegole e bisbetiche come tante donne dei giorni nostri. E poi....che soprannomi!
Gli uomini del paese: sensibilità zero
Gli uomini di potere: meglio perderli che trovarli.
In un contesto estremamente gradevole come il lago di Como, Vitali sa immergere il lettore nell'ambiente in cui si svolge la storia, descrivendo con sensibilità o divertimento tutti i personaggi.
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Top 50 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Oggi come un secolo e mezzo fa...
Siamo a Bellano, lago di Como, alla metà dell’Ottocento. I personaggi di Andrea Vitali animano il paese e caratterizzano questo originale angolo di mondo con i soliti problemi : beghe tra padri e figli, pettegolezzi tra comari inviperite, litigi tra mogli indisponenti e mariti succubi, il cui unico sfogo resta il lavoro inframmezzato da solenni ubriacature… In questo contesto, cui fa da sfondo la magnificenza del lago, con l’intercalare di memorabili tempeste, si ambienta la storia di Lepido, un povero sarto sognatore e amante della natura, marito di una vera arpia ( la Diomira), che suo malgrado si lascia coinvolgere anche per dabbenaggine e scarse capacità comunicative in una tragica vicenda : l’annegamento di due ricchi figli di nobili famiglie, usciti in barca durante le avvisaglie di una tempesta. Il poveretto finisce inguaiato, si becca, pur innocente, sei mesi di galera (per di più in isolamento) e si lascia morire per inedia in carcere, solo come un cane e apparentemente contento (probabilmente per l’affrancamento da una moglie possessiva e arcigna e la conquista di un’agognata beata solitudine). Siamo nell’Ottocento, l’amministrazione è quella del Regio Imperial governo austriaco, con prefetti, podestà, preture e poliziotti dell’epoca : la tanto decantata organizzazione statale non si discosta molto da quanto accade oggigiorno. Potremmo dire : allora come oggi o oggi come allora . Le beghe di paese sono sempre quelle, la giustizia viene amministrata con occhi di riguardo per i facoltosi “padroni” del borgo, i poveri cristi sono guardati con alterigia se non con malcelato disprezzo. Nulla cambia, il mondo gira oggi come allora. Sorprende la ben nota capacità di Andrea Vitali nel renderci attuali le atmosfere di allora, con la descrizione accurata e divertente dei numerosi personaggi, talora scolpiti a tutto tondo, talora tratteggiati come vere e proprie macchiette della commedia dell’arte. Un altro bel romanzo dello scrittore di Bellano, che si può considerare tra i massimi esponenti attuali della narrativa italiana.
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Vitali un pò appannato
Adoro Vitali di cui ho letto tutti i libri ma quest'ultima opera denuncia un certo appannamento del nostro. Il libro racconta la storia di due rampolli di buona famiglia che scompaiono nelle acque del lago. Serve un colpevole ed il povero sarto Lepido, testimone involontario, diventa anche capro espiatorio... La storia stenta a decollare senza graffiare. Forse il libro sconta l'assenza di un protagonista vero e proprio ma soprattutto non vi è nessun personaggio secondario davvero memorabile come nelle precedenti opere di Vitali. Lo stile è sempre molto gradevole ma questa volta il contenuto lascia un pò a desiderare, la storia più che semplice - come le precedenti - è perfin banale. Ovviamente ciò nulla toglie al valore di uno dei migliori scrittori italiani degli ultimi dieci anni ma forse proprio le aspettative sempre alte portano a volte a qualche parziale delusione.