Narrativa italiana Romanzi storici La compagnia delle anime finte
 

La compagnia delle anime finte La compagnia delle anime finte

La compagnia delle anime finte

Letteratura italiana

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Dalla collina di Capodimonte, la «Posillipo povera», Rosa guarda Napoli e parla al corpo di Vincenzina, la madre morta. Le parla per riparare al guasto che le ha unite oltre il legame di sangue e ha marchiato irrimediabilmente la vita di entrambe. Immergendosi «nelle viscere di un purgatorio pubblico e privato», Rosa rivive la storia di sua madre: l’infanzia povera in un’arida campagna alle porte della città; l’incontro, tra le macerie del dopoguerra, con Rafele, il suo futuro padre, erede di un casato recluso nella cupa vastità di un grande appartamento in via Duomo; il prestito a usura praticato nel formicolante intrico dei vicoli, dove il rumore dei mercati e della violenza sembra appartenere a un furore cosmico. È una narrazione di soprusi subìti e inferti, di fragilità e di ferocia. Ed è la messinscena corale di molte altre storie, di «anime finte» che popolano i vicoli e, come attori di un medesimo dramma, entrano sulla ribalta della memoria: Annarella, amica e demone dell’infanzia e dell’adolescenza, Emilia, la ragazzina che «ride a scroscio» e torna un giorno dal bosco con le gambe insanguinate, il maestro Nunziata, utopico e incandescente, Mariomaria, «la creatura che ha dentro di sé una preghiera rovesciata», Iolanda, la sorella «bella e stupetiata»… «Anime finte» che, nelle profondità ipogee di una città millenaria, attendono, come Vincenzina e come la stessa Rosa, una riparazione. Arriverà, sorprendente e inaspettata, nelle pagine finali del libro ad accomunare madre e figlia in un medesimo destino.



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La compagnia delle anime finte 2017-09-12 13:44:44 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    12 Settembre, 2017
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eccessi e recessi nei ricordi di Wanda Marasco

"La compagnia delle anime finte di Wanda Marasco è un libro finalista al premio Strega 2017. Non è affatto un libro facile, di lettura gradevole nel senso di agevole e rassicurante da un lato, bensì un vero e proprio cimento per il lettore che si ritrova, il più delle volte, come impantanato tra le pieghe dell’artigliata vicenda della madre di Rosa: nonostante spiri quasi all’inizio del romanzo, lei è viva, vivissima nelle pagine/ricordo della figlia. Eppure proprio per questo il libro si configura come un libro, anzi come una storia che, in maniera un po’ misteriosa, non lascia al lettore possibilità di staccarsi dai vari capitoli.
Si è quasi trascinati in un gorgo nero fatto di vita piccola e miserevole, di mezzucci e mezzacci per tirare a campare in una Napoli, squillante come la luce meridiana e abissale come la profondità dell’oceano. Marasco mette così in piedi una grande commedia della società italiana dal Dopoguerra in avanti e non la rende accessibile, con una scrittura ora arcaica ora piena di picchi ma ricca di fascino. Forse proprio per questo il testo non è un libro, indistintamente, per tutti, ma è un libro destinato, personalmente, ad ognuno di noi. Una sorta, per usare un linguaggio più corretto, siamo di fronte ad un vero e proprio dungeon, un’area chiusa, ma di grandi dimensioni, piena zeppa di pericoli, trabocchetti e insidie varie: ma se la sapremo superare allora la soddisfazione sarà enorme. Ma come è possibile ciò? Come può essere un romanzo al tempo stesso di massa e per pochi? L’autrice per raccontare le cose prende sempre la via più impervia e difficile, l’inquadratura e il punto di vista più ricercato ma questa scelta rende affascinante ogni sua pagina, con plurimi rimandi alla tradizione letteraria italiana, non soltanto Malaparte, con uno slancio inedito verso innovative forme di narrazione. Un romanzo che è frutto di una visione e di un canto corale soprattutto di matrice femminile, con una città, Napoli, colta nella sua intima essenza di “femminino sacro”, quindi con tutti i golfi, gli anfratti e i recessi più nascosti che l’animo umano, segnatamente quello femminile, può avere. Se i maschi stanno un po’ sullo sfondo, anzi si nascondono in piena luce, sono le donne le regine dei vicoli stretti che stanno giù di basso e che sono il motore e la matrice di tutto. L’azione, come del resto la vita, nasce e scaturisce da loro e alla stregua di una fiamma primordiale che fa scoppiare l’esistenza, le donne de La compagnia delle anime finte non sono né buone né cattive, ma semplicemente recitano la loro parte, donando al mondo quella insostituibile parte drammatica senza la quale non ci sarebbe né la trama né l’ordito delle cose.
E’ necessario lasciarsi immergere all’interno delle spire delle vie di questa città, Napoli, e alla fine riusciremo a ritrovare la luce e le stelle ma dovremo mettere in conto una buona dose di fatica. Ma ne vale la pena.".

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Per chi ama Wanda Marasco, consiglio Il genio dell'abbandono. Bellissimo
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