La casa sull'argine. La saga della famiglia Casadio
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
SENZA INFAMIA SENZA LODE
"Troppi di loro non erano felici, tutti persi dietro qualche sogno impossibile... e poi... Dio santo, quello che ho visto è stato terribile..."
Inizio così la mia recensione con una frase che a mio avviso è molto significativa, al suo interno racchiude alcuni dei punti più importanti del libro: l'infelicità, il raggiungimento di un sogno e il soprannaturale e il leggere il futuro nelle carte.
Partiamo però dall'inizio, la famiglia è il punto cardine della storia, i Casadio sono particolari, stravaganti, bizzarri e a volte talmente strani da sembrare quasi irreali.
Il libro ripercorre le vicende di questa famiglia dal 1800 al 1970 circa, quasi duecento anni di vita condensati in un piccolo volume; la storia si svolge a Stellata un paese che incrocia il Veneto, la Lombardia e l'Emilia, nel cuore della Pianura Padana e vicino al Po.
Sì, probabilmente le pagine sono troppo poche per descrivere al meglio tutti i personaggi che l'autrice ci presenta, alcune storie si esauriscono in poche pagine mentre altre prendono più spazio. Non c'è una vera e propria trama principale ma una serie di subplots, dove ci viene raccontata la vita di alcuni dei discendenti di Giacomo Casadio e Viollca Toska.
Tutto parte da loro, dall'incontro del solitario e taciturno Giacomo con la zingara Viollca, il loro matrimonio farà partire la storia di questo libro e divideranno i Casadio in due categorie: i sognatori quelli con gli occhi e i capelli chiari e i sensitivi quelli con dei tratti del viso più scuri.
Viollca è molto diversa da Giacomo, ha delle tradizioni e una cultura molto lontana da quella del marito, radicata in anni di storia del suo popolo che oggi chiamiamo semplicemente Rom. La donna, va contro la sua famiglia per aver sposato un gagè ( in lingua romanì sta a indicare "gli altri") però, durante il matrimonio, non cambia se stessa o le proprie convinzioni. Lei prepara degli intrugli con erbe e radici e si dedica ad alcuni rituali per togliere il contaminato marhime; come se l'ordine e la pulizia della casa fossero responsabili dei problemi o dell'infelicità del matrimonio con Giacomo. Pertanto, tutto doveva essere pulito con accuratezza, come se ci fosse una netta divisione tra l'interno puro e simbolo di unione famigliare e l'esterno contaminato, sporco e pieno di insidie. Viollca aveva una vera e propria paura dell'impurità e per questo non toccava i rifiuti o non lavorava nei campi. La donna leggeva i tarocchi e vedeva delle cose spaventose nel futuro dei Casadio. Su questo ultimo punto, non sono del tutto sicura che i rom leggessero il futuro, sono andata ad approfondire e ho trovato degli articoli contrastanti a riguardo; quindi rimango perplessa su questo punto.
In realtà l'elemento del realismo magico è presente in questa storia, la stessa autrice lo dice, lei stessa ammette di essere stata influenzata dagli autori latino-americani che conosce bene, anche se sinceramente nel nord Italia non ne avevo mai sentito parlare. Io sono veneta e non mi sono riconosciuta, se non in parte, nelle storie di questa famiglia, tutto quello che mi è stato raccontato dai parenti più anziani mi ha dato una visione differente del passato. Posso trovarmi d'accordo con la parte in cui l'autrice ci parla delle travagliate storie d'amore, di matrimoni infelici, di amanti e di tradimenti anche tra persone insospettabili, molti segreti sono rimasti sepolti per anni, per evitare uno scandalo. Nei piccoli paesi si parla molto e le malelingue sono sempre in agguato e possono anche raccontare delle dicerie che alla fine non si rivelano veritiere. Ma era lavoratori umili e instancabili, dove non c'era possibilità di studiare, dove si viveva di quello che la terra riusciva a donare, dove lo spazio per i sogni era impossibile.
Per rendere l'idea dell'epoca e delle tradizioni trovo che sia stata vincente l'idea di inserire delle frasi in dialetto, che oggi in famiglia si parla ancora, almeno in Veneto è di uso comune.
Ho apprezzato l'enorme lavoro di ricerca che l'autrice ha fatto per inserire questi personaggi in un contesto storico credibile, attraverso le storie di alcuni componenti della famiglia ripercorriamo anche una parte della storia italiana. Sono andata a verificare alcuni fatti e date per capire se effettivamente corrispondevano. Inoltre, la Raimondi introduce alcuni argomenti importanti che non vengono sempre approfonditi: l'istruzione infantile, l'emigrazione verso le Americhe, la fede religiosa e l'aborto.
La cosa che più mi ha colpito e per la quale sono arrivata a dare una valutazione media è stata l'ambientazione, Stellata, un piccolo borgo situato a ridosso del fiume Po, fin dal Medioevo punto strategico di difesa contro i tentativi di conquista di Venezia e di Milano. Stellata non è un paese di fantasia ma esiste veramente ed è situato in provincia di Ferrara. Questo luogo viene descritto in maniera vivida e verosimile, è il posto dove vediamo e leggiamo la storia di tutti i Casadio fino ai giorni nostri.
Posso dire che sia la famiglia, che Stellata sono i due punti cardine della narrazione.
Il punto debole del romanzo sono i moltissimi personaggi, vuoi per i quasi duecento anni che ci vengono raccontati, vuoi perché è impossibile provare empatia per tutte queste persone. Sono davvero tanti anche per una saga famigliare. Le storie che mi hanno coinvolto di più sono state quelle di Achille e Angelica, quella di Adele e quella di Neve. L'autrice riesce però a trovare il giusto equilibrio, non fa confusione tra le varie vicende, questo denota un grande lavoro di anni e anni di scrittura e revisione, che io non posso negare o non considerare.
In realtà qui stiamo parlando di un romanzo con una storia completamente inventata, la stessa autrice lo ha detto in un'intervista, Viollca è un personaggio che la Raimondi inserisce nel libro ma non ha prove certe della presenza dei rom nelle famiglie del nord Italia. Sappiamo che nella Pianura Padana sono passati alcuni zingari, precisamente tra il 1417 e il 1430, infatti in quel periodo, dall’Italia all’Olanda, ci furono molte compagnie di pellegrini che si chiamavano“egiziani” e che transitarono e si stabilirono nel nostro paese.
Un'altra cosa che non mi ha convinta è il prologo, a mio avviso troppo lungo e poco coinvolgente, se avessi letto questa parte iniziale in libreria o in qualsiasi sito, non avrei preso in considerazione la lettura del romanzo, essendo un biglietto da visita importante mi sarei aspettata qualcosa di più.
Lo stile dell'autrice è semplice, pulito e lineare, la narrazione è molto scorrevole ma l'ho trovata piatta senza grandi colpi di scena; la Raimondi scrive bene, lo si percepisce tra le pagine però manca qualcosa per riuscire a consigliare questo libro.
Il realismo magico che dicevo all'inizio non è troppo marcato, ripeto io non l'ho mai sentito qui al nord Italia, mi sembra molto lontano dalle nostre tradizioni che non credono ai tarocchi o agli indovini, quindi su questo punto continuo a rimanere perplessa.
Possiamo dire che questo libro è "Senza infamia e senza lode", non mi sento di consigliarlo come ho spiegato sopra, sono cosciente delle molte recensioni positive ma non posso negare i mille dubbi e perplessità che ho avuto durante la lettura di questo romanzo. In realtà, a mio avviso, non basta dire che il romanzo è poetico e indimenticabile bisognerebbe spiegare bene il perché, sono aperta al confronto con chi la pensa diversamente da me.