La battaglia La battaglia

La battaglia

Letteratura italiana

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11 giugno 1289: nella piana assolata di Campaldino, a valle del castello dei Conti guidi di Poppi, gli eserciti guelfi e ghibellini si affrontano in una battaglia decisiva per le sorti della Toscana e per i futuri equilibri politici ed economici della penisola. Ricchi mercanti, plebaglia armata di roncole e forconi, nobili cavalieri e contingenti di mercenari, si scontrano in Casentino dopo un viaggio periglioso. Una ricostruzione appassionata ed avvincente dei luoghi, dei fatti, dei personaggi, un romanzo storico dove nulla è stato tratto dalla fantasia, ma è frutto di una rigorosa ricerca.



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La battaglia 2012-11-18 20:57:00 rakovic
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rakovic Opinione inserita da rakovic    18 Novembre, 2012
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quando l'italia era un puzzle di stati

Sabato, 11 giugno 1289, San Barnaba. Nella piana di Campaldino, tra Arezzo e Firenze si affrontano gli eserciti di queste città, la prima Ghibellina e quindi fedele all’imperatore, Firenze perennemente Guelfa e quindi legata al papa. L’evento è narrato seguendo le vicissitudini di Bigio, un personaggio immaginario, ma comunque prototipo dell’uomo qualunque del XIII secolo che poco addestrato e ancora meno armato, si unisce alla moltitudine di braccianti che con falci e forconi seguono nelle retrovie l’esercito vero e proprio. Il racconto si sviluppa con la cronaca dettagliata della uscita dalla città, il cammino dell’esercito attraverso borghi, fattorie, osterie, gente comune, maniscalchi, contadini, cavalieri e disperati che le due fazioni incontrano; gli aretini marciando verso nord ed i fiorentini diretti verso sud fino all’inevitabile incontro-scontro.
Gli stati d’animo, l’attesa febbrile nei due accampamenti, le direttive dei comandanti; pronti via!
La lotta è all’ultimo sangue, ma si mostra comunque impari: i fiorentini sono meglio equipaggiati ed addestrati, mentre gli avversari sbandano. Muoiono 300 Guelfi contro 1700 ghibellini ed il loro comandante, Buonconte da Montefeltro sarà disperso nella lotta ed il suo corpo non verrà mai ritrovato. La storia è stata raccontata anche da Dante che partecipò in prima persona allo scontro e che incontra Buonconte nel purgatorio: “Qual forza o qual ventura/ ti traviò sì fuor da Campaldino/ che non si seppe mai tua sepoltura?” Buonconte narra di essere morto presso il punto in cui il torrente Archiano affluisce in Arno “..arrivai io forato nella gola/fuggendo a piedi e insanguinando il piano/quivi perdei la vista e la parola/ nel nome di Maria finì e quivi giacqui e rimase la mia carne sola/”. Quel raccomandarsi a Maria in punto di morte lo salvò dall’inferno, quindi le acque del fiume Archiano divennero la sua tomba.
In realtà tutti i morti, circa 2000 in totale, furono sepolti in una fossa comune presso il Convento del Certomondo
Narrazione viva e quasi contemporanea, descrizioni che fanno rivivere “a colori” eventi sepolti dalla polvere. Un bel romanzo storico che ci riporta a quando l’Italia era un puzzle di stati in perenne lotta tra loro. Altro che comunità europea….

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