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Letteratura italiana

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Italiana. Una donna italiana. Maria Oliverio, altrimenti conosciuta come Ciccilla, nasce a Casole, nella Sila calabrese, da famiglia poverissima. Dalle strade del paese si sale sulla montagna che è selvaggia, a volte oscura, a volte generosa come una madre. Quelle strade, quei sentieri li imbocca ragazzina quando la sorella maggiore Teresa, tornata a vivere in famiglia, le toglie il letto e il tetto. E quelli sono i sentieri che Maria prende per combattere al fianco di Pietro, brigante e ribelle, diventando presto la prima e unica donna a guidare una banda contro la ferocia dell'esercito regio. Se da una parte Teresa trama contro di lei una incomprensibile tela di odio, dall'altra Pietro la guida dentro l'amore senza risparmiarle la violenza che talora ai maschi piace incidere sul corpo delle donne. Ciccilla passa la giovinezza nei boschi, apprende la grammatica della libertà, legge la natura, impara a conoscere la montagna, a distinguere il giusto dall'ingiusto, e non teme di battersi, sia quando sono in gioco i sentimenti, sia quando è in gioco l'orizzonte ben più ampio di una nuova umanità. Il volo del nibbio, la muta complicità di una lupa, la maestà ferita di un larice, tutto le insegna che si può ricominciare ogni volta daccapo, per conquistarsi un futuro come donna, come rivoluzionaria, come italiana di una nazione che ancora non esiste ma che forse sta nascendo con lei. Giuseppe Catozzella ricostruisce le vicende di Maria Oliverio in un romanzo vivo, mescola documenti e leggenda, rovescia la sua immaginazione nella nostra, disegna dramma famigliare e dramma storico ed evoca l'epica grandezza di una guerra quasi ignorata, una guerra civile combattuta in un mulinare di passione, sangue e speranza, come nella tradizione dei poemi cavallereschi, del melodramma e del cinema americano.



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Italiana 2021-07-30 05:00:39 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    30 Luglio, 2021
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Amore e morte sulla Sila

“Sono Maria Oliverio, fu Biaggio, di anni ventidue. Nata e domiciliata a Casole, Cosenza, senza prole di Pietro Monaco. Tessitrice, cattolica, illetterata.” Così, con queste precise parole, la famigerata brigantessa Ciccilla si presentò davanti al giudice che avrebbe deciso la sua condanna. Condanna per cosa? Qual era la sua colpa? Difficile dare una risposta se non si conosce la sua storia e non la si guarda dalla giusta angolazione. Una storia di fame, di soprusi, di violenza. Una storia di  ribellione, di riscatto, di grandi speranze e di cocenti delusioni, di tradimenti e di grande dignità. Maria nasce in una famiglia come tante. Genitori consumati da lavori usuranti, prole numerosa da sfamare e destinata dalle circostanze a seguire le orme dei genitori, in un circolo vizioso di povertà, sfruttamento, disperazione da cui sembra impossibile riscattarsi. Eppure siamo in un momento storico di grande fermento. In un'Italia ancora divisa soffiano venti di unità nazionale che preannunciano importanti cambiamenti. Il regno Borbonico con le sue arcaiche gerarchie sociali, la sua oppressiva presenza, la sua insormontabile arretratezza, sembra avere ormai i giorni contati. Redistribuzione delle terre, abolizione di tasse, abbassamento dei prezzi, riconoscimento dell'uso civico dei beni demaniali sono le promesse che arrivano dal nord, impersonificate dalla figura carismatica del generale Giuseppe Garibaldi. Venti che smuovono acque chete che stagnavano da troppo tempo. Come spesso accade però, purtroppo anche quando le intenzioni sono le migliori, i risultati delle rivoluzioni non rispettano i presupposti iniziali e la caduta dei Borboni e l'unità d'Italia deluderanno le speranze di riscatto degli ultimi. In questo clima cresce, vive, cade, si rialza, si trasforma la nostra eroina. La piccola Maria impara troppo presto quanta amarezza può riservare l'esistenza umana. Osteggiata dalla sorella maggiore, costretta a rinunciare agli studi e a rimboccarsi le maniche, sottomessa e sfruttata, vede nell'amore di Pietro l'unico modo per dare una svolta alla sua vita. Il ragazzo è bello, brillante, affascinante, è arso da un fuoco rivoluzionario che lo spinge a grandi imprese. Il matrimonio è inevitabile ma Pietro cambia, la sua fiamma interiore si spegne man mano che la rivoluzione dimostra di andare in tutt'altra direzione rispetto ai suoi presupposti, lasciando il posto alle braci della delusione, del risentimento, del senso di fallimento. Arrivano violenza domestica, tradimenti, insulti, finché l'uomo non è costretto a darsi alla macchia diventando brigante. L'ennesima delusione tuttavia non abbatte la piccola Oliviero che, stanca di subire, spinta da un'innata voglia di libertà che per troppo tempo è stata costretta a reprimere, perseguitata dalla giustizia, decide di abbandonare la società e salire sui monti per unirsi ai briganti, finendo addirittura per mettersi al loro comando e facendo nascere il mito della brigantessa Ciccilla. "Improvvisamente i difensori della conservazione imbracciavano i fucili della rivoluzione. Eccola l’Italia, pensavo io davanti a quei disinibiti svolazzi, ecco perché siamo condannati a una guerra perenne per la vita, il fratello contro il fratello, il padre contro il figlio, l’uno contro l’altro, tutti contro tutti. Stava nascendo, lo vedevo io come lo vedevamo tutti, un popolo di civette e quel popolo sarebbe stato l’italiano. Eravamo uccelli che si mimetizzavano, che sopravvivevano imparando l’arte di colpire alle spalle, di sorprendere nell’ombra, di rubare agli altri un seppur minimo vantaggio. Eravamo approfittatori e spergiuri, negavamo l’evidenza. Niente per una civetta vale un giuramento, neppure Dio, e anche il papa lasciava che gli italiani si scannassero tra loro piegando la croce e gli altari ai suoi interessi. Cosa vale il Signore senza la terra su cui esercitare la signoria?" Siamo di fronte ad una lettura appassionante che unisce l'azione, i sentimenti, la varietà dei personaggi all'aspetto storico, alla ricostruzione socioculturale di un'intera epoca, in quello che possiamo a ragione definire un romanzo storico, nato da un'accurata ricerca dell'autore tra documenti, atti processuali, fotografie. Prove vecchie di secoli, a cui Catozzella affianca parti prettamente letterarie per dare al libro, oltre al giusto interesse per l'aspetto storico, anche la verve del romanzo. Abbellimenti necessari per creare la giusta empatia e per riempire gli immancabili vuoti, frutto più che della pura fantasia, della capacità di giungere, attraverso un'immaginazione incanalata su una strada ben precisa, a ricostruire i fatti come verosimilmente si sono svolti, a riportare i sentimenti per come plausibilmente possono generarsi, a trarre conclusioni che, per il contesto, l'esperienza umana, la sensibilità dell'autore, non possono che risultare convincenti. "L’amore per noi è qualcosa a cui dai voce solo quando sei in pericolo, perché in tempi normali non c’è. Era comparso, veloce, in fondo alle lettere di Pietro, quando era andato militare, come saluto, con amore, Pietro , e così l’ho sempre preso per quello che era: un messaggio di pericolo. Nessuno mi ha mai spiegato l’amore, le regole non le ho mai sapute. «Mazzi e panelle fannu i figghiuli belli» diceva mamma per giustificare le botte, e questo era quanto. Soltanto alcune vecchie, quando si passava davanti alle porte aperte delle loro case, ogni tanto nominavano l’amore: l’amore e la morte, da noi nella Sila, sono parenti stretti".


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