Io, Partenope
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Ultima tappa: Napoli-Roma
La letteratura italiana contemporanea è rimasta orfana di un suo autore: Sebastiano Vassali ci ha lasciato recentemente, riuscendoci a fare un ultimo dono, il racconto di un altro pezzo di Storia del nostro paese.
Ricostruendo la vicenda umana di Giulia Di Marco, etichettata come eretica dai testi redatti dall'Inquisizione, Vassalli si addentra tra le tenebre fitte del Seicento italiano, dominato dal potere di una Chiesa poco spirituale.
La voce dell'autore si fonde con quella della protagonista, dando la stura ad una narrazione in prima persona di suor Partenope, intensa e convincente, esente da cali di tensione anzi calamita vigorosa per l'attenzione del lettore.
La Storia di Giulia è una delle tante storie tramandate fino a noi, scritte da uomini di parte, cristallizzate nella memoria documentale; ripescando tra quei carteggi, il periodo a cavallo tra 1500-1600 appare costellato di eretici e di streghe, di infedeli e sovversivi.
Vassalli utilizza la figura di suor Giulia, depurandola da tutte le etichette poste per convenienza religiosa e politica, azzerandone preconcetti ed esasperazioni, per ricavarne un simbolo.
Giulia, derubata della giovinezza, venduta dalla madre ad un anziano signore, finisce per rifugiarsi a Napoli, dove si avvicina a Dio, venerandolo in una forma del tutto personale che devia dai canoni imposti dalla Chiesa. E' scandalo, la donna va fermata perché si vocifera che gli incontri di preghiera assumano la veste orgiastica.
La lunga mano dell'Inquisizione è pronta a stritolare chiunque possa divenire un ostacolo, chiunque osi contrastare i dogmi ecclesiastici.
Attraverso le sofferenze di Giulia, Vassalli canta la Storia di un'epoca, canta le zone d'ombra del potere religioso, canta la vita del popolo tra le strade di Napoli e di Roma, canta la difficoltà di nascere donna.
Per Vassalli questa suora partenopea è un simbolo di quella modernità che tentava di farsi breccia, nuova forma di vita e di pensiero che minacciava di sovvertire le regole del tempo, destabilizzando una forma di potere assoluto e intransigente.
Ottima performance, una penna essenziale meno raffinata di quella de “La chimera”, ma lucida e diretta, una rappresentazione ben inserita nel contesto storico ed una definizione psicologica dei personaggi suggestiva e piena.
Ultima tappa del viaggio in Italia insieme a Sebastiano Vassalli.
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le estasi di suor Giulia
IO, PARTENOPE di S. Vassalli (2015, l’anno della morte dell’autore)
Nel Congedo, che fa pendant alla Premessa, in cui l’autore incontra i suoi personaggi e … si mette in ascolto di quel che loro gli narrano, così come peraltro nella Premessa di “Un infinito numero”, Vassalli scrive: “Io, Partenope” è l’ultima tappa di un viaggio che mi ha portato a vedere il mio paese, l’Italia, dalla parte delle radici. In cinque storie del passato che servono a capire il presente, e che si svolgono in cinque regioni diverse. L’Italia è un patchwork di popoli e di culture (...)”.
Preciso, per chi volesse leggerle in sequenza, che le cinque storie sono quelle dei romanzi seguenti: La chimera (1990): la Lombardia della fine del ‘500; Marco e Mattio (1992): la Venezia ormai moribonda del ‘700; La notte della cometa (1984): Dino Campana e la Firenze della belle époque italiana; Il cigno (1993): la Sicilia del primo maxiprocesso di mafia; Io, Partenope (2015): Napoli (insomma il regno delle Due Sicilie o l’Italia dei Viceré) e Roma nel primo ‘600. Di queste opere io ho letto la prima, la seconda e l’ultima, e posso perciò dire che tutte e tre affrontano il tema della religione e/o della Chiesa: la fede folle di Mattio in “Marco e Mattio”, la paura della donna da parte della Chiesa nel caso de La chimera e di Io, Partenope.
Ora, Vassalli è un abile NARRATORE/PITTORE: punta il suo binocolo su un luogo così come è in una certa epoca (non per niente l’incipit è : “Questa storia comincia in un paesaggio di quattro secoli fa e ci accompagnerà fino ai nostri giorni. Comincia con una veduta di Roma in bianco e nero (...)”), poi sceglie gli individui da mettere in primo piano, attraverso i quali quel quadro può più efficacemente prendere vita, e li racconta mettendoli originalmente in relazione fra loro. Come in “Marco e Mattio” dipinge con la penna mercati veneziani che sembrano trasposti pari pari dai quadri fiamminghi, così in “Io, Partenope” Vassalli dipinge la Napoli e poi la Roma del primo ‘600, quella della Controriforma, e per dar loro vita sceglie una quasi forse santa, Suor Giulia-Partenope, nonchè colui che dà forma marmorea al sogno di potenza universale della Roma di allora, Gian Lorenzo Bernini, e li collega immaginando che nell’Estasi di Santa Teresa egli abbia ritratto Suor Partenope sulla base dei disegni che suo padre Pietro ne aveva fatto.
Come sempre, il punto di partenza è la vita di un personaggio attestato storicamente; in questo caso Vassalli racconta LA STORIA DI SUOR GIULIA DI MARCO (nata a Sepino, in Molise, fra il 1570 e il 1580, e morta nel 16…, fortunatamente non arsa sulla pubblica piazza come la povera Antonia, “la strega di Zardino”), chiamata anche suor Partenope fin dal suo soggiorno napoletano. Su di lei ho letto quel che se ne dice nel sito della Treccani, e ho appreso che esistono ben pochi documenti d’epoca, per cui ritengo che Vassalli sia dovuto arrivare ad una sua verità storica interpretando quei documenti sulla base delle sue conoscenze storiche e di archivista e molto con la sua immaginazione di romanziere.
Cosa rende speciale la storia di questa suora terziaria? Beh, intanto, pur nata da famiglia poverissima, suor Giulia-Partenope nel giro di pochi anni crea a Napoli, che naturalmente sotto la penna/pennello di Vassalli si anima come in un quadro di Murillo, una Comunità di Preghiera organizzatissima che conta tra i suoi adepti innumerevoli personaggi illustri, fra cui persino la moglie del viceré di Napoli. Una comunità che predica una religiosità intima, non formalistica, e insegna una modalità di preghiera così intima da suscitare una condizione di estasi che coinvolge il corpo fino ad assumere una connotazione erotica. Tutto questo fa paura alla Chiesa, tanto più che si tratta di una religiosità “femminile”, e da sempre la Chiesa vede in Eva un pericolo, scrive Vassalli ripetutamente. In questi decenni che seguono lo scisma ormai irreversibile fra Chiesa Riformata e Chiesa cattolica, quest’ultima, sostenuta in particolare dalla Spagna e quindi anche dal Regno di Napoli, tenta con la Controriforma un rilancio della propria immagine e della propria potenza nel mondo attraverso le missioni e lo sfarzo della liturgia e delle chiese. La recente santificazione della spagnola Teresa di Avila rientra in questa politica di seduzione degli spiriti, ma la preghiera diretta con Dio, peraltro tipica della Riforma luterana, non può essere tollerata da una Chiesa fortemente centralizzatrice. Suor Giulia-Partenope viene perciò processata per aver pregato e insegnato a pregare accompagnando la preghiera - questa è l’accusa - con atti lascivi ecc. ecc. e, essendo stata ammessa all’abiura, ammette tutto senza esitare, stando alla narrazione di Vassalli, vivendo poi a Roma una vita fin troppo normale rispetto a questi accadimenti. La cosa più importante della vita di suor Giulia dopo il processo, quantomeno nel romanzo, è l’amicizia con Gian Lorenzo Bernini, nella cui Santa Teresa d’Avila lei riconoscerà il proprio volto, essendo stata ritratta dal padre dello scultore quando questi frequentava la Comunità di preghiera di Napoli. Qua finisce il racconto di Giulia.
QUALCHE RISERVA. Dal punto di vista dello stile, Vassalli è sempre un maestro di chiarezza, ma in questo libro la lingua è persino troppo scorrevole e pertanto meno suggestiva che in altre opere, e, a partire dalla narrazione del processo, persino un po’ … come dire? troppo moderna per essere quella di una vecchia suora del primo ‘600 che era stata così intima di Dio (però anche così debole nella carne da abiurare prontamente, come detto sopra). Poi, a dispetto della scorrevolezza, l’estasi rimane un mistero assoluto fino in fondo all’ultima pagina perché probabilmente non è facile neanche per un Vassalli capirne e spiegarne la natura, però, estasi o non estasi, come mai - mi chiedo -, se questa donna aveva un rapporto così intimo con Dio, quando il destino le diventa avverso ‘sto Dio sparisce praticamente dalla sua vita? la quale vita oltretutto tornerà a svolgersi nei palazzi dei potenti della terra! Infine, mi sembra un po’ forzoso quel concetto del “puttanesimo” (parola di Suor Giulia!) come esito di un’emancipazione femminile distorta in quanto ostacolata dalla Chiesa e dalla “religione dei papi”, che consisterebbe nel dominare gli uomini sessualmente essendo ostracizzate dalla vita pubblica, a causa anche se non soprattutto di una Chiesa maschilista. Le parole del Congedo citate in alto: “questa storia (…) ci accompagnerà fino ai nostri giorni”si riferiscono a questo? Al maschilismo della Chiesa cattolica e della società italiana? Nonchè al “puttanesimo”? Ma cosa pensava Vassalli veramente delle estasi di Suor Partenope? Insomma, ho delle domande senza risposta.
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Un addio minore
‘Io, Partenope’ è l’ultima opera firmata del suo autore, uscita postumo e in maniera affrettata: non si sa se diano più fastidio la moltiplicazione delle pagine attraverso il carattere grande e i margini esagerati o gli errori nel testo che vanno dai banali refusi ortografici a ripetizioni di concetti a distanza di pochi capitoli che una rilettura attenta avrebbe di certo evitato. Ciò detto, si tratta pur sempre di un libro di Vassalli: ci sono il suo stile nel raccontare, semplice eppure coinvolgente, nonché la capacità di illustrare il presente degli italiani nello specchio di una storia di quattro secoli fa. Entrando in scena di persona durante il prologo, lo scrittore piemontese narra la vita di Giulia di Marco, povera contadina molisana che, dopo un’infanzia e un’adolescenza difficili (viene venduta dalla madre a un anziano mercante), giunta a Napoli si fa terziaria francescana scoprendo per caso un nuovo modo di pregare che implica l’estasi mentale e fisica. Il successo crescente ingrossa le fila degli adepti, ma mette in movimento i meccanismi repressivi della Chiesa controriformista: la donna e i suoi più stretti collaboratori vengono trascinati davanti al tribunale dell’Inquisizione, che si mostra interessato soprattutto al ruolo che, nella faccenda, riguarda il corpo fino all’inevitabile abiura pubblica. A questo punto la narrazione si stacca dalla realtà storica e, al contempo, si conclude la sezione più interessante che può essere considerata una sorta de ‘La chimera’ in tono minore e con meno sfumature, ad esempio i toni anticlericali sono più netti, ma efficace nel descrivere le piccolezze degli uomini che perseguono i propri interessi. La vera Giulia passò il resto dei suoi giorni a Castel Sant’Angelo, quella del romanzo viene invece ripescata dal cardinal Carafa, vescovo partenopeo, che la inserisce fra i suoi dipendenti il che le consente di fare la conoscenza con Gian Lorenzo Bernini, l’autore della nuova Roma e pure di quell’’Estasi di santa Teresa’ che pare ispirarsi assai alla comunione con Dio della protagonista. Malgrado ci sia una bella rievocazione della città barocca che fa il paio con la Napoli della prima parte e siano vari gli spunti che si riflettono sull’attualità – dal ‘puttanesimo’ impersonato da Costanza Bonarelli allo stesso Bernini che esce pulito da un brutto affare di ricatti e violenze grazie alle protezioni altolocate – il racconto perde mordente non riuscendo davvero a incidere in profondità.
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Giulia Napoli e Roma
La storia di Giulia Di Marco, donna realmente esistita nel Seicento,della quale Vassalli fa un resoconto molto interessante, dalla nascita in Molise ai voti da suora presi a Napoli, in cui diverrà Suor Partenope, fino alla condanna di eresia e agli ultimi anni vissuti a Roma, dove stringerà una forte amicizia con l'artista Bernini . Libro dolce-amaro e riflessivo, con la prima parte gioiosa e brillante, con le descrizioni delle capacità di Suor Partenope di attirare consensi e di dedicarsi alla preghiera in modo intenso e totale.Allo stesso tempo questo impeto e nuovo slancio di fede non venne per niente apprezzato dalla Curia Romana e con l'accusa di eresia e le condanne e le torture inflitte in modo feroce alla povera malcapitata si entra nella parte del libro più cupa. Il testo si chiude con le digressioni a riguardo del forte legame tra Lorenzo Bernini e la suora,secondo l'autore il famoso artista, attento osservatore dell'animo femminile , prese spunto dalle chiacchierate con Giulia per dare vita a celeberrime statue come L'Estasi di Santa Teresa etc.
Concludo estrapolando un passaggio a riguardo proprio dei dialoghi tra Bernini e Suor Partenope, la suora si racconta e parla di Napoli e Roma
«Napoli è una città femmina e perciò gli uomini, più che altrove, sono ossessionati dalla virilità.... e Roma invece non è né maschio, né femmina: è la città dei papi, centro mondiale di una religione che si illude di avere un'immagine e una forma, ma non ha né l'una, né l'altra»
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Il congedo di Sebastiano Vassalli
“Ho raccontato l’Italia” così termina l’ultimo romanzo di Sebastiano Vassalli, scritto quando era già consapevole dell’inesorabile progredire del male che l’aveva colpito e che poi l’ha condotto al trapasso il 26 luglio 2015. Questa breve frase, che sintetizza l’intento di tutte le sue opere, ha il sapore di un commiato, un saluto definitivo ai lettori che tanto hanno avuto modo di apprezzarlo. A volte, al termine di un libro l’autore riporta delle note conclusive a maggior chiarimento del testo, ma in questo caso Vassalli ha posto come oggetto di quelle poche paginette un vocabolo che non lascia dubbi: congedo. Per quanto non spinga sulla vena della commozione, quel suo voler giustificare il perché di tutta la sua attività letteraria, con un sottofondo di tenue malinconia, non può non toccare chi legge, non può fargli dimenticare le tante piacevoli e costruttive ore trascorse con la lettura dei suoi libri e sapere che quello sarà l’ultimo, perché il fato ha voluto così, porta a un senso di mestizia e stempera in fondo la tensione emotiva che è cresciuta dentro nel leggere Io, Partenope, che non è forse la sua migliore opera, ma che chiude egregiamente un ciclo destinato appunto a spiegare a noi stessi, gli italiani, chi siamo.
La vicenda di Io, Partenope, in cui la protagonista suor Giulia Di Marco, meglio conosciuta come suor Partenope, è esistita veramente, non è di quelle che possono attrarre come la trama della Chimera, ma Vassalli con opportuni accorgimenti narrativi ripropone un antico conflitto fra potere spirituale e potere temporale, con una Chiesa incline al totale dominio dei suoi fedeli, a cui non è lasciata la benché minima possibilità di un credo autonomo; tutto quello che è al di fuori del comandato diventa eretico, nel concetto dell’infallibilità del papa. Che suor Partenope sia una religiosa che crede in Dio con tutta la sua anima e il suo corpo è fuor di dubbio, che lei attraverso la preghiera raggiunga un punto di contatto con il Creatore è palese e che ritragga, raggiungendo l’estasi, un beneficio spirituale e fisico è inoppugnabile, ma è pratica che si discosta dalle rigide regole della Chiesa e soprattutto è esercitata da una donna, da sempre vista dagli ecclesiastici come un essere inferiore e impuro. Poco conta che raccolga intorno a sé un crescente numero di fedeli, anzi ciò viene visto come un pericolo per il potere di una istituzione religiosa che non solo da sempre predica bene e razzola male, ma che ha come politica principale l’assoggettamento dei suoi fedeli. In poche parole, la Chiesa dell’epoca - ma anche delle precedenti e delle successive - è composta da religiosi che, invece di cercare l’unione con Dio, vuole esclusivamente dominare. E le conseguenze per un’eretica come suor Partenope ( e sono tutti eretici quelli che cercano veramente di vivere da cristiani ) sarà tragica, anche se a lei sarà risparmiata la vita, a differenza della protagonista della Chimera. Le pagine che parlano di questa donna, dei suoi trascorsi miseri, della sua fede genuina e delle angherie a cui viene sottoposta sono per me le migliori del libro, mentre l’ultima parte, in cui si narra della sua amicizia con il noto architetto e scultore Gian Lorenzo Bernini mi è sembrata meno interessante, per quanto la descrizione di una Roma travolta dal “puttanesimo” sia quanto mai efficace e paragonabile, proprio per il vuoto morale che permea la città pontificia, al mondo attuale. Peraltro, come l’opera termina come detto con il Congedo, inizia con un Prologo, on cui rifulge il genio creativo di Vassalli, perché l’autore torna indietro nel tempo, nel ‘600 e segue un’anziana signora fin dentro una chiesa e lì la convince a raccontare la sua vita. La donna è suor Giulia Di Marco, terziaria francescana, che poi in una sorta di narrazione in prima persona, come in un’autobiografia, spiegherà il perché verrà meglio conosciuta come suor Partenope. Vassalli deve avere molto amato questo personaggio, come di certo amava la vita che avvertiva ogni giorno spegnersi e forse quell’invenzione di tornare indietro nel tempo, come se questo non esistesse, non è solo letteraria, ma nasconde l’inconscio desiderio di trovarsi poi in un altro mondo dal tempo immobile, una vaga speranza a cui aggrapparsi prima ancora di chiudere per sempre gli occhi.
Leggetelo, perché lo merita.
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Nea Polis… città nuova
“Io, Partenope”, Premio Fondazione Il Campiello, è l’ultima opera di Sebastiano Vassalli, e – come riferito nella postfazione dall’autore stesso – si colloca armoniosamente in una produzione letteraria che ha voluto esplorare l’Italia nello spazio e nel tempo.
Dopo un’infanzia difficile, Giulia Di Marco trova la propria strada e la propria identità (“Una suora di strada: una terziaria, cioè una suora laica dell’ordine francescano”) a Napoli (“Il Vesuvio… è la fabbrica del fuoco, che di tanto in tanto dilaga verso le case degli uomini con i suoi fiumi di lava… Il colera, invece, viene ogni anno”), ove fonda una Comunità religiosa (“Il mio primo grande amore fu Teresa di Avila”) che pone l’estasi al centro dell’esperienza mistica.
Questo modo originale di interpretare la religione, però, confligge con il potere maschilista del Papato (“Una religione di soli uomini non può andare lontano”), che ben presto perseguita Suor Partenope. Deportata a Roma (“A Roma vivono due generi di persone: i preti e i non preti”), incarcerata, seviziata e inquisita, è costretta alla pubblica abiura in una cerimonia che suscita curiosità morbosa e crudele.
Nella sua seconda vita, pur nella corruzione della città eterna (“Il puttanesimo è una sorta di marciume morale che nasce da una società dimezzata e dall’esclusione delle donne dalla loro Chiesa e dalla loro fede”) suor Partenope conosce Gian Lorenzo Bernini (“Gian Lorenzo non crede nella religione dei papi: come me. Crede nell’arte che è la sua religione”), grande protagonista del senso religioso espresso con originalità e perfezione nell’arte. Interessato all’esperienza mistica di Giulia (“Si entra in Dio sapendo che si affronteranno esperienze a volte piacevoli a volte paurose”), Bernini ne comprende talmente bene l’essenza (“Dio… è un’avventura: ci si perde. Entrare in lui significa entrare nelle ragioni prime e ultime, nei grandi perché”) da rappresentarla in un’opera meravigliosa, sì, ma a quei tempi giudicata peccaminosa (“Estasi di Santa Teresa nella cappella Cornaro della chiesa di Santa Maria della Vittoria a Roma”).
Giudizio finale: ecumenico, scultoreo, transverberante.
Bruno Elpis
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La vera religione
Il romanzo è un affresco sull’oscurantismo nella Chiesa romana, cattolica, del periodo tra il cinquecento e il seicento con l’operato dell’Inquisizione attraverso il Santo Uffizio contro chiunque si macchiasse di eresia. Sono secoli in cui la Chiesa trionfa con il suo potere e praticamente gli alti prelati gareggiano alla pari in intrighi di palazzo con la nobiltà non solo italiana ma europea. In queste lotte dove dominano l’ambizione, il prestigio e il denaro, la Chiesa non può permettersi di essere minata dalle eresie che contestano i dogmi ecclesiastici.
Suor Giulia Di Marco, terziaria dell’Ordine delle Francescane di strada, emerge con la sua nuova spiritualità dal marciume in cui affonda la Chiesa e si fa portavoce con il suo esempio di un nuovo modo di pregare, di entrare in comunione con Dio con tutta se stessa, anima e corpo, fino a giungere all’estasi. Nella Napoli in cui cresce e opera, suor Partenope, come viene chiamata, fa ben presto proseliti e apre prima una e poi una seconda Casa di Preghiera dove accorre gente del popolo ma anche della nobiltà.
Suor Partenope è ricevuta nelle case dei potenti del Regno di Napoli, parla con loro alla pari, insegna a pregare.
Ma la Chiesa dei papi, che la teneva da tempo sott’occhio, non può tollerare oltre. Suor Partenope viene imprigionata dal Santo Uffizio assieme ai suoi collaboratori più vicini, viene processata e torturata e, alla fine, per salvarsi la vita, costretta all’abiura.
Su di lei viene imbastita una congiura perchè la sua eresia non tiene conto della Chiesa e delle sue gerarchie ma soprattutto perchè tutto questo pericolo è fomentato da una donna, che ha osato uscire dal ruolo tradizionalmente affidato alle donne. Ovviamente , essendo donna, la sua eresia non può che essere centrata sul sesso: come giustificare altrimenti il suo successo? E’ costretta a giurare di aver compiuto gli atti più volgari e immondi: la Chiesa mette in mostra tutta la sua misoginia e la paura del sesso, che peraltro è praticato in maniera sfrenata dai più poveri preti ai più alti prelati.
Sarà un importante uomo di Chiesa del Regno di Napoli a salvarla dalla cella dove era stata relegata, un uomo che aveva sentito parlare di lei al tempo della sua fama e che è incuriosito dalla sua personalità e vuole approfondirne la conoscenza.
Il romanzo scorre con una prosa fluida e accattivante e i personaggi sono delineati con molta accuratezza: un ultimo grande dono di Sebastiano Vassalli.