Narrativa italiana Romanzi storici Il sistema Vivacchia
 

Il sistema Vivacchia Il sistema Vivacchia

Il sistema Vivacchia

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Come segretario bellanese del Partito, Aurelio Trovatore non vale una cicca. Invece di dare lustro alla sezione, di dimostrare prontezza e ardimento, sembra dormire nella bambagia. Un due di picche, insomma. Ci vorrebbe qualcuno di più deciso, con gli attributi, pensa Caio Scafandro. Uno come lui, per dirla senza falsa modestia. Già, perché dopo la rimozione del Tartina – il segretario precedente –, lo Scafandro ci contava proprio su quella carica. Anzi, se la meritava, secondo lui. Invece il Federale era andato a pescare quella nullità. Ma ora che il cognato è accusato di un furto di carbone, Caio Scafandro ha l’occasione per riscattarsi. Perché il Graziato, su cui pende una denuncia sottoscritta da un testimone in data 11 ottobre 1928, è iscritto al fascio: se dovesse essere giudicato colpevole, la figuraccia la farebbe anche il Partito. E dato che l’Aurelio non ha alcuna intenzione di prendere un’iniziativa che sia una, allora Caio Scafandro fa da sé: spedisce un telegramma alla federazione di Como perché procurino un avvocato come si deve che cavi dall’impiccio l’affiliato, e quindi salvi la faccia al Partito intero. Intanto i carabinieri, che hanno preso in carico la denuncia e attendono l’esito della vicenda ora passata nelle mani della pretura locale, assistono non senza divertimento all’evolversi della situazione. Perché a Bellano le cose non vanno mai come ci si aspetta. C’è sempre l’imprevisto che cambia le carte in tavola, e stavolta ha un nome: è il sistema Vivacchia. Se non fosse per questo, infatti, di avvocati all’udienza non se ne presenterebbero addirittura due. In Il sistema Vivacchia, il maresciallo Ernesto Maccadò si gode qualche gustosa rivincita sugli sgangherati rappresentanti locali del regime.



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Il sistema Vivacchia 2024-11-06 18:23:25 cesare giardini
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    06 Novembre, 2024
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Un furto di carbone e due avvocati.

Siamo sempre a Bellano, lago di Como, dove Andrea Vitali ama ambientare le sue storie. Siamo anche negli anni '30 del secolo scorso, in piena era fascista. La trama è intrigante e piacevole, ben congegnata, con personaggi costruiti con la consueta ironia, pennellate che delineano un'epoca che ha segnato la nostra storia passata sottolineandone aspetti negativi e sussulti di speranza. Tutto inizia con un furto di carbone alla stazione ferroviaria: l'autore, accompagnato dal figlio Umilio, è tale Cincicato Graziano, marito di Giachina Scafandro. Si dà il caso che la Scafandro sia la sorella di un ben noto fascista del luogo, Caio, aspirante al posto di segretario del partito, occupato da un indolente e tiepido camerata, Aurelio Trovatore. E si dà pure il caso che il furto abbia un testimone, Pavanotti Ardengo, manovale delle ferrovie, che, prontamente farà debita denuncia all'autorità competente. Sconcerto del povero Caio: il cognato ladro, fervente fascista, deve essere salvato a tutti i costi : la Federazione di Como, interpellata, manderà a difenderlo in pretura un suo avvocato, ben nota camicia nera, con la speranza in un'improbabile assoluzione. Entra in gioco qui un altro personaggio: Valanga Mimmo, un giovane ricercato dalla polizia e in fuga con documenti falsi verso la vicina Svizzera, grazie all'aiuto di un tipografo (il Vivacchia del titolo!) e ad un suo ingegnoso sistema per eludere eventuali controlli.. Il Valanga diventa così l'avvocato Severo Notambulo, e, guarda caso, per una serie di fortuite coincidenze si trova inopinatamente a difendere il ladro di carbone. Riuscirà a farlo assolvere, ma l'arrivo del vero avvocato, quello inviato da Como, scompaginerà i piani dando luogo ad una serie di malintesi e di imprevisti.
Non manca naturalmente il maresciallo Maccadò, che vigila sempre su tutto e tutti, concedendosi qualche gustosa rivincita sui caporioni locali, presi bellamente in giro. Riuscirà anche ad accontentare la moglie Maristella, promettendole l'acquisto della novità tecnologica di quei tempi, la radio, già in possesso dell'appuntato Misfatti.
Il racconto fila via, sempre sul filo ironico che Andrea Vitali sa sfruttare magistralmente presentandoci personaggi credibili, costantemente in bilico tra l'ossequio al regime sgangherato dei tempi e la voglia impellente di farsi i propri affari.
C'è sempre lo spasso dei nomi, come in tanti altri romanzi di Vitali: qui abbiamo, tra i più sorprendenti, Beduina, Abatoio, Bigamo, Miserina, Velocina, Gesuetta, Gattarola e Purissima... Sono documentati e reali: sarò ripetitivo, ma, oltre a stupirmi, mi incantano sempre.

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