Narrativa italiana Romanzi storici Il mio nome è Nessuno. Il ritorno
 

Il mio nome è Nessuno. Il ritorno Il mio nome è Nessuno. Il ritorno

Il mio nome è Nessuno. Il ritorno

Letteratura italiana

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Ci sono voluti dieci anni ininterrotti di guerra, di sangue e di strazio per sconfiggere i Troiani. Ora Odysseo deve rimettersi in viaggio con i suoi uomini per far ritorno a Itaca. E riprende la lotta, la sua sfida a tutto e a tutti. Ad attenderlo, imprese spaventose, prove sovrumane, nemici insidiosissimi come il ciclope Polifemo, i mangiatori di loto, il fiore che dà l'oblio, e poi la maga incantatrice che trasforma gli uomini in porci, i mostri dello Stretto, le Sirene dal canto che uccide.



Recensione della Redazione QLibri

 
Il mio nome è Nessuno. Il ritorno 2013-10-01 08:56:44 Maso
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Maso Opinione inserita da Maso    01 Ottobre, 2013
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La storia senza oblio

Il fatto che il signor Manfredi abiti a cinque minuti di strada da casa mia non si è mai rivelato un incentivo sufficiente per approfondire il nutrito corpus di opere da lui scritte. Dopo aver letto, anni fa, “L’ultima legione” con moderata soddisfazione avevo chiuso il capitolo con la sensazione di aver compiuto un piccolo atto doveroso nei confronti di uno scrittore celebre e generalmente apprezzato a livello internazionale.
Mi sono sempre un po’ smarrito tra trilogie, romanzi storici, saggi e racconti senza farmi un’idea definitiva e ordinata delle caratteristiche generali dell’opera dell’autore, senza indagarne punti deboli e punti di forza, senza coinvolgermi a sufficienza per essere spinto ad approfondire il vastissimo repertorio letterario che in poco meno di trent’anni ha visto la pubblicazione di decine di romanzi.
“Il mio nome è Nessuno” è un’opera suddivisa in due volumi che si prefigge di raccontare la storia di Odysseo, il celebre eroe omerico le cui gesta sono scolpite da più di duemilacinquecento anni nell’eredità culturale più ancestrale del mondo occidentale, e in seguito di tutta l’umanità. Ciò che salta immediatamente all’occhio leggendo questa tipologia di opera letteraria, nonostante le mie basi per un confronto siano tutt’altro che solide, è sicuramente l’attenzione necessaria, a livello filologico, iconografico, storico e linguistico, da porre durante tutto il percorso di ricerca e di stesura del romanzo. Tentare una rivisitazione, un sunto o un racconto ispirato ad una così altisonante pietra miliare della cultura mondiale è sempre un’impresa che merita un piccolo plauso qualora si intendano l’impegno e la competenza profusi nello studio accurato dei testi originali. E da questo punto di vista, indipendentemente dal livello di gradimento del romanzo, sento di potermi fidare della professionalità accademica accertata dello scrittore.
Per il resto la storia è sempre quella. L’Odissea con tutti i crismi. Fedele ma non pignola, accurata ma non così nitida da evocare l’ora di greco al liceo, epica ma con un occhio puntato alla modernità sintattico/narrativa. Un racconto fluente che ci porta in mezzo alla guerra di Troia, nel primo volume, e in mezzo alle tumultuose vicende di Odysseo e del suo ritorno a Itaca, nel secondo. In questo grande secondo capitolo, come nel primo, c’è tutto ciò che vogliamo sapere, tutto quello nella memoria di chiunque abbia sentito parlare dell’Odissea, i mangiatori di loto, Circe, Eolo, la discesa nell’Ade, l’isola di Calypso, le sirene ingannatrici, Scilla e Cariddi, le tempeste fragorose, l’isola felice di re Alcinoo e dei discendenti di Poseidone. Ma prima di tutto questo, prima degli attributi canonici di questo pezzo imprescindibile di epica greca, c’è il sentimento umano più reale, nostalgico e commovente, quello legato agli affetti, al proprio piccolo mondo disperso in un oceano di avversità che ci spaventano. E se anche si è favolosi, invincibili regnanti, guerrieri impavidi rivestiti di bronzo, il cimiero al vento e la lancia tesa alla brezza dell’Egeo, si è sempre piccoli uomini al cospetto di un Fato inesorabile. La piccolezza del volere singolo traspare dalle pagine di questo romanzo come quelle del testo originale, ci appare con evidenza e tenta di spiegarci anche come la forza, la tenacia fisica e mentale riescano a vincere qualsiasi tipo di ostacolo. Poco importa che queste avversità siano create da Poseidone, il dio supremo dei mari, invidioso di un uomo dalle infinite qualità, che porta un nome, Odysseo, che ispira l’odio altrui. Importa l’insegnamento cruciale del “non arrendersi” in ogni più cruda circostanza atta a metterci alla prova. E’ questo che un grande viaggio, forse IL grande viaggio, mira a trasmettere. E lo fa, in questo romanzo piacevole privo di inutili anacronismi, con il grande fascino che solo le ombre di un passato ancora più leggendario possono avere. Un trascorso mitologico che gli stessi protagonisti, successivi alla generazione dei grandi Argonauti, sentono gravare come una incedente eredità sulle proprie spalle, nel tentativo ultimo di emulare la nobiltà e il coraggio dei padri che costruirono il loro mondo a fianco degli dei. E anche questa velata malinconia che racconta la fine degli eroi supremi e invincibili come Eracle e Achille, questa amarezza che vede finire nella cenere quelli che furono gli astri splendenti di imprese senza oblio, partecipa all’architettura pregevole che regge la rievocazione di Manfredi. Tutto contribuisce a rendere questo volume e quello precedente dei romanzi godibili, in cui la terminologia garbata e “in stile” si mescola con grazia agli spezzoni tratti dai testi omerici, paletti storici che come occhi benevoli fanno spaziare lo sguardo sul nostro mondo e sul nostro modo di raccontare una vicenda che rimarrà nelle nostre memorie.
Il valore potenziale dell’opera in questione, indipendentemente dalla qualità, dalla godibilità e dall’accuratezza, è particolarmente importante. Il merito di queste trasposizioni è infatti cruciale a livello divulgativo, nel suo recondito tentativo di portare ad un pubblico meno accademico, meno sofisticato, la bellezza senza fine di una storia che altrimenti rimarrebbe inesplorata a causa della complessità del testo greco e delle sue traduzioni. E’ uno di quei romanzi che fa leggere, e, nonostante tutto, in tempi come questi non c’è libro che abbia più valore di quello che instilla nel lettore, o in chi lo diventerà, la voglia di imparare, conoscere, appassionarsi e infine ringraziare chi è stato tanto benevolo da indirizzarci sulla giusta via per la nostra Itaca del sapere.

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Il mio nome è Nessuno. Il ritorno 2016-12-07 22:32:25 Mane
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Mane Opinione inserita da Mane    08 Dicembre, 2016
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Nelle mani degli Dei

“Il mio nome è Nessuno” è un opera che si compone di due romanzi, “Il giuramento” e “Il ritorno”, dove il primo rivisita le gesta dell’Iliade mentre il secondo quelle dell’Odissea, tenendo in entrambi i casi al centro della scena la figura dell’eroe dal multiforme ingegno Ulisse (Odysseo) corrispondente inoltre con il narratore in prima persona.
“Il ritorno” narra delle peripezie e dei travagli di Ulisse al suo viaggio di rientro ad Itaca al termine della Guerra di Troia, e lo fa trascinandoci dentro un affascinante universo di divinità bizzose più che soffermandosi sugli aspetti quasi stereotipati degli episodi meglio conosciuti.
Scritto dall’autore con la stessa efficace semplicità del primo capitolo perde forse un po’ in termini di presa sul lettore rispetto al suo predecessore, benché il fatto potrebbe benissimo essere ascrivibile alla personale inclinazione di ciascuno: più propensi ad apprezzare il percorso formativo del giovane Ulisse o piuttosto il dedalo di avventure irte di insidie dell’uomo ormai maturo e provato dalla guerra?
Senz’altro sul finale la nebbia che si infittisce d’improvviso rischia di disorientare eccessivamente e di inghiottire l’entusiasmo generato dalle pagine precedenti cariche della forza centripeta del desiderio di tornare ad Itaca insieme al suo Wanax Odysseo.
Non necessariamente richiede la previa lettura de “Il giuramento”, pur tenendo presente che senza il primo capitolo si perde una gran parte del passato del giovane eroe e concordemente possono sfuggire alcune dinamiche e riferimenti.

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Il mio nome è Nessuno. Il ritorno 2014-07-15 07:47:36 farma70
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farma70 Opinione inserita da farma70    15 Luglio, 2014
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Di nuovo Ulisse.....

Ho terminato ieri questo splendido libro sull'avventuroso viaggio di ritorno a Itaca del mitico Odysseo...Viaggio costellato da avversità, mostri sanguinari, personaggi fiabeschi, splendide dee.....dove il nostro Ulisse, armato di una fervida intelligenza e curiosità, riesce sempre e comunque ad uscirne vittorioso e indefesso......Poi lo sbarco a Itaca e la vendetta atroce nei confronti dei principi arroganti che per lunghi anni avevano insidiato il suo regno e la sua sposa. Insomma un capolavoro!
Stile scorrevole e mai pesante, Manfredi è riuscito a far apprezzare "a tutti" un "tomo" della letteratura classica, in maniera romanzata sì, ma di effetto.Splendide le figure di Penelope e Laerte, due amori limpidi e sinceri che hanno saputo resistere con la stessa intensità negli anni, che struggevolezza! Consigliatissimo.

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Il mio nome è Nessuna: il giuramento
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Il mio nome è Nessuno. Il ritorno 2013-11-14 12:43:06 Raffa73
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Raffa73 Opinione inserita da Raffa73    14 Novembre, 2013
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Colpa degli dei

Ho letto questo romanzo più di un mese fa, in pochissimi giorni. Volevo subito recensirlo, ma qualcosa mi tratteneva, non sapevo cosa, volevo pensarci, elaborare, capire cosa scrivere.
Ho indugiato troppo e alla fine ho capito cosa mi ha lasciato perplessa: lo stesso Ulisse.
Partiamo per gradi. Questo romanzo è da leggere. La grandezza di Manfredi è che rende accessibile a tutti un'opera che, a meno che non sei un "addetto ai lavori", sei costretto a conoscere tramite le varie trasposizioni cinematografiche.
Nel primo volume (Il mio nome è nessuno - il giuramento), Manfredi ci ha fatto conoscere il mondo omerico sotto una luce nuova: il protagonista è un Odysseo umano, con dei sentimenti profondi, che ci parla di sè, cancellando lo stereotipato eroe furbo e calcolatore.
Nel secondo volume questo personaggio un po' si perde ai miei occhi, almeno nella prima parte del libro, quella in cui si narra delle più belle avventure di tutti i tempi (Polifemo, la maga Cyrce, i mangiatori di loto, le sirene, Calypso....), perchè Manfredi le narra con un ritmo talmente serrato che si perde un po' il fascino che nei tuoi ricordi le stesse evocano. Certo ogni tanto Odysseo ricorda, piange, soffre e lotta, ma sempre all'interno dello stesso ritmo incalzante, quasi fosse una mera cronaca dei fatti narrati, che sì da un lato ti tiene incollato alle pagine, dall'altro non ti fa entrare nel vivo del racconto, oserei dire che non ti fa guardare l'anima dei personaggi (cosa ben riuscita nel giuramento).
La seconda parte del racconto è dedicata alla vendetta sui pretendenti, che insidiano la sua casa e la sua sposa. Questa parte è più ricca di dialoghi e di pensieri. Odysseo fa una strage di coloro che hanno offeso la sua casa, uccide le schiave traditrici, non risparmia nessuno. Questo è ciò che un buon re fa? Il cantore Femio gli sottopone questo quesito. Spesso la parola giustizia è usata in realtà per dar sfogo alla rabbia, alla vendetta personale. Non tutti i pretendenti erano colpevoli, c'è chi ha chiesto perdono al legittimo re proponendo un risarcimento, dichiarandosi pentito e semplicemente innamorato di Penelope. Un buon re è capace di perdonare e riportare la pace tra la gente, se lo chiede così anche lo stesso Odysseo. Tanto da esaminare le sue gesta con uno spirito talmente critico che forse neanche lui stesso riuscirà a perdonarsi
Un grande merito di Manfredi è quello di aver narrato una seconda Odissea, il continuo vagare del nostro protagonista non più per mare, ma attraverso terre straniere, ai confini del mondo. In tutto il romanzo si parla del volere insindacabile degli dei, ostili e prepotenti. Anche questo nuovo viaggio viene imputato a loro. Ma sarà vero? Forse ciò che Odysseo vuole è questo: vivere al limite, sentirsi vivo sfidando la morte, rendendo immortale il suo nome infausto per sentirsi vicino alla sua dea.

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Il mio nome è nessuno - il giuramento
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