I ponti della delizia
Letteratura italiana
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Non tutto è perduto
Nelle ultime pagine del libro c’è una nota dell’autore, unitamente ai ringraziamenti, che a mio parere meriterebbe di essere visionata prima di procedere alla lettura del romanzo vero e proprio. Cosa dice in pratica Guido Cervo? Parla delle difficoltà di scrivere un’opera avente per tema la tragica vicenda di Caporetto, il che giustifica la poca narrativa al riguardo, mentre invece, pur non molta, ma comunque di discreta entità sono la saggistica e la memorialistica; in effetti la ritirata dell’esercito italiano dalle posizioni dell’Isonzo, avvenuta per la quasi totalità dell’evento in modo disordinato, perché si trattò di una vera e propria rotta, si è concretizzata in un numero piuttosto rilevante di episodi, di atti di eroismo, in alcuni casi di viltà che non potendo essere descritti tutti possono falsare la visione d’insieme. Aggiungo poi, e questa è una mia opinione, che c’è una naturale ritrosia ad affondare il bisturi in una ferita che, a distanza di un secolo, se non ancora viva, risulta però sempre bruciante. Al di là delle difficoltà oggettive e soggettive Cervo, con questa sua opera, è riuscito nell’intento di far conoscere al lettore quel tragico evento, con una prosa asciutta, per nulla retorica e scegliendo di privilegiare, pur senza trascurarne altre, due vicende con dei protagonisti azzeccati che destano immediata simpatia. Troviamo così la giovane e graziosa maestra Ersilia, vedova di guerra, che nella fuga da Udine prossima a essere occupata dagli austriaci si lega e si accompagna ad Anita, una bimba del locale brefotrofio. E’ una vera e propria odissea, sotto la pioggia incessante, con presente sempre la fame e in cui si fanno tanti incontri, fra cui uno con un tenente degli arditi che lascia sperare che possa aver un seguito di natura sentimentale. L’altro protagonista è un sergente, Tarcisio, un contadino bergamasco, pure lui in fuga con alcuni soldati del suo reparto. Anche qui pioggia a catinelle e tanta fame, a cui si aggiungono frequenti scontri con un nemico incalzante (a proposito, molto belle sono le pagine in cui si descrivono i fatti bellici). L’obiettivo per i soldati in rotta e per i civili in fuga è il fiume Tagliamento e i suoi ponti, per passare dall’altra parte, certi che il corso d’acqua sarà una difesa naturale (sappiamo che poi invece si dovette arretrare fino al Piave, peraltro meglio difendibile). E in prossimità di uno di questi ponti le vicende di Ersilia e di Tarcisio si incroceranno, anche se per pochissimo tempo in quelle che sono le pagine più toccanti del romanzo, che stempera la tensione del lettore in vera e propria commozione. Non aggiungo altro, il libro mi è piaciuto molto perché l’autore non si limita alle sole vicende vere e proprie, ma tenacemente, pagina dopo pagina, lancia un sincero messaggio di pace, che senza essere urlato, entra piano piano nei nostri cuori, perché in fondo le storie di Ersilia e di Tarcisio, due persone del tutto normali, ma nel loro piccolo autentici eroi, sono la ragione e l’amore che prevalgono sull’insensatezza e sulla ferocia.
Da leggere, pertanto.
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4 novembre 1918.
Ho voluto titolare così, con questa data che molti hanno dimenticato, lo spessore di questo libro spettacolare.
Ma guarda che roba...io, che sono discendente di chi avete combattuto per colpa di un pirla di re, vi devo ricordare questa data...
E' che proprio riguardando alcune foto degli alpini con gli sci a tracolla, mi viene spontaneo accostarli a tanti uomini che salgono sulla neve con la croce sulle spalle.
Avevo al ginnasio una professoressa molto simpatica.
Contava sul fatto che non padroneggiavo bene la lingua.
Non come ora, intendo.
E mi chiedeva apposta : i tuoi avi, diceva così, i tuoi avi per chi combattevano?
E io pronto: "Per Sua Maestà l'imperator d'Astrungària", dicevo proprio così.
E i compagni ridevano, e io pure.
Che bella cosa la pace.
Vi abbraccio tutti, amici italiani.
Onorate col ricordo i vostri Cristi con la croce a tracolla.
Sono morti perché erano poveri. Solo i poveri combattono le guerre.
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una nuova avventura...
Quando ho visto in libreria questo romanzo sono rimasta perplessa. Eppure, l'ho acquistato comunque curiosa di vedere come l'autore se la sarebbe cavata con un periodo storico e con tematiche completamente differenti da quelle del mondo romano a cui mi ero abituata. Mano a mano che procedevo nella lettura, però mi sono ricreduta. Credo sia una delle opere più belle di Guido Cervo non solo per il modo in cui viene affrontata la disfatta di Caporetto ma anche anche per lo stile e il paziente lavoro di ricerca che si intravede nel romanzo. La grande storia fa da sfondo alle piccole storie di Erminia, di Tarcisio, della piccola Anita e di tutti gli altri uomini e donne disperati in fuga verso i ponti della Delizia.
Anche lo stile è particolare: la scelta di far parlare i persoanggi nel loro dialetto d'origine tradisce la volontà di rendere più chiaro cosa siginificasse la difficoltà di comprensione tra italiani stessi. Con questo tocco di verismo, l'utore spinge a riflettere sulla "necessità" di una guerra non voluta dalla popolazione, ma subìta e di cui l'Italia finge di non accorgersene fino alla tragedia di Caporetto.
Da leggere assolutamente.