I Medici. Decadenza di una famiglia
Letteratura italiana
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Potere supremo della frase fatta: vieni a me!
Con "Decadenza di una famiglia" viene (finalmente!) completata la tetralogia I Medici di Matteo Strukul, che questa volta si concentra sulla figura di Maria de' Medici.
Come al solito non seguiamo la vita di Maria in modo continuativo, bensì attraverso delle istantanee che propongono una serie limitata di eventi; ad esempio non sappiamo nulla della sua giovinezza, perché il romanzo comincia quando lei ha ormai trent’anni, e vediamo molto poco anche della sua vita adulta. Per contro ottengono molto spazio i coprotagonisti, in primis i coniugi Concini e il cardinale Richelieu, ma anche il personaggio fittizio di turno ossia Matteo Laforgia -o Mathieu Laforge, come si fa chiamare oltralpe- una spia al soldo del miglior offerente.
I problemi presenti nei capitoli precedenti ritornano più o meno tutti, sebbene questo libro sia stato pubblicato (e quindi scritto?) un anno dopo gli altri. In particolare qui mi hanno esasperato le innumerevoli scene dimenticate: in un capitolo si parla della peste che infesta Parigi e poi l’argomento non viene più ripreso, in un altro Henriette d’Entragues giura vendetta contro Laforge e poi non se ne fa più alcun accenno, in un altro ancora Maria annuncia al marito Enrico IV di essere incita e poi i lettori non vedono neppure il bambino (il futuro Luigi XIII) fino a quando ha ormai cinque anni... per tacere della nascita di Luigi XIV che, dopo tanti accenni ai problemi coniugali tra Luigi ed Anna d’Austria, non viene nemmeno nominato!
Poco azzeccata anche la scelta di inserire per la prima volta dei personaggi -più o meno apertamente- omosessuali tratteggiandoli come vigliacchi, pronti al tradimento per il proprio tornaconto. Sono invece contenta che le scene esplicite siano notevolmente diminuite; si confermano del tutto inutili e con una prosa da Harmony, ma apprezzo comunque lo sforzo.
Di seguito, vado ad analizzare (con SPOILER) i dieci motivi per i quali sconsiglio questa serie.
1. “UN GRANDE ROMANZO STORICO”
Premettendo che ogni singolo romanzo storico pubblicato dalla Newton Compton viene pubblicizzato in copertina con la scritta “un grande romanzo storico” (così come ogni thriller diventa per loro “un grande thriller”), in molte recensioni questa serie è stata definita come storicamente inesatta e, pur non essendo affatto un'esperta, devo ammettere di aver riscontrato anch'io alcune incongruenze.
Ad esempio in “Una regina al potere” viene descritto il matrimonio tra Maria Stuarda e il futuro Francesco II dicendo che:
«-Ma se accadesse qualcosa al nostro buon sovrano, egli [Francesco di Guisa] potrebbe con gran facilità controllare un re imberbe e una regina straniera che ha appena diciott’anni.»
peccato che Maria Stuarda avesse solo quindici anni all’epoca delle nozze, nell'aprile 1558.
Un'altra situazione parecchio bizzarra è quella della Reine Margot; non pago di aver riportato diverse dicerie infondate su questo personaggio storico, in “Decadenza di una famiglia” Strukul le fa dire questa battuta riferendosi a sua madre, Caterina de’ Medici:
«-[...] non si può dar loro sempre torno, considerando quanto ha compiuto fino a pochi anni fa VOSTRA CUGINA. Anche se, gliene va dato atto, CATERINA DE’ MEDICI ha retto il regno con il pugno di ferro quando altri non ne sarebbero stati in grado. Ma come potete ben capire, c’è un odio atavico nei confronti della REGINA MALEDETTA e dunque dei suoi parenti e di tutti i fiorentini.»
Verrebbe da pensare che l'autore sia all'oscuro della parentela tra le due donne, anche perché nell'albero genealogico ad inizio volume non vengono indicati i figli di Caterina tra i quali appunto Margot.
2. ROMANZO AD EPISODI
Tutti i romanzi della serie non presentano una trama continuativa, bensì si focalizzano su un numero limitato di episodi, spesso non collegati troppo bene tra loro. Questo è un problema, dal momento che l'autore si prefigge di scrivere le biografie dei suoi protagonisti, dei quali i lettori ottengono purtroppo solo un quadro parziale.
A volte ci sono anche dei salti temporali molto lunghi, che oscurano perfino decenni interi, e ai quali Strukul mettere una pezza come può,
«Gli anni erano passati.
[Polignac] Non se n’era nemmeno reso conto, eppure era stato proprio così: un mese dopo l’altro, e si era ritrovato più vecchio di un lustro.»
È una scelta che potrebbe anche piacere a chi legge in maniera non continuativa, ma personalmente trovo renda soltanto la lettura più confusa.
3. I MEDICI
Se c'è un obiettivo che Strukul ha centrato in pieno è quello di elevare a divinità scese in terra i membri della famiglia Medici. Costoro presentano un tasso di MarySueaggine altissimo: sono personificazione di tutte le migliori qualità, e al contempo vengono tormentati da una schiera di malvagi che li detestano per il solo fatto di essere dei ricchi banchieri (o dei fiorenti, negli ultimi due volumi).
Per non smentire la perfezione dei Medici, l'autore si ritrova a partorire delle assurdità come questa:
«[Lorenzo] Non aveva intenzione di fare della Repubblica qualcosa di diverso, non l’avrebbe trasformata apertamente in una Signoria, ma tutti dovevano sapere che uno solo era l’uomo che poteva decidere.»
facendo così sembrare i suoi personaggi affetti da disturbo bipolare, soprattutto nel caso di Caterina che viene giustificata perfino per il massacro della Notte di San Bartolomeo.
È anche curioso notare come, da un volume al successivo, sia sempre presente una totale ammirazione del protagonista per i suoi predecessori, dimenticando totalmente le azioni discutibili che hanno commesso.
4. AMANTI E REGINE
Ho citato la raccolta di biografie scritta da Benedetta Craveri perché questi libri me ne hanno fatto sentire davvero la mancanza.
In generale, le donne in questa serie ricevono un pessimo trattamento, anche in aspetti marginali: ad esempio, nelle scene ambientate in strada viene detto che sono SEMPRE presenti non delle prostitute, che già sarebbe ridicolo (non si facevano altri mestieri?), ma delle puttane.
La faccenda si fa ben più problematica quando le donne sono protagoniste e non comparse. Caterina è il caso più eclatante, perché Strukul non perde occasione per sottolineare l'odio tra lei e Diana de Poitiers,
«Diana aveva fatto del proprio corpo un’arma: per sedurre il re e incarnare, attraverso la propria femminilità, la magnificenza stessa del dominio. [...] Caterina le avrebbe cavato gli occhi se avesse potuto.»
come se Enrico II non avesse avuto altre amanti! Credo che al giorno d'oggi anche nei romanzi storici non bisognerebbe sottolineare l'astio tra donne, specie se si va a sfociare nello slut-shaming.
Dall'altro lato abbiamo Maria, che per lo meno non piagnucola per il suo aspetto come Caterina, anche perché ci pensa l'autore a descriverla con uno dei più fastidiosi stereotipi (del romance!):
«E quanto intelligente era, Maria. NON COME LE ALTRE DONNE: occhi grandi e zigomi alti, la pelle [...].»
E anche lei ovviamente ci regala delle perle per quanto riguarda l'antagonismo tra donne:
«Maria avrebbe voluto prendere Anna per quel faccino corrucciato e cavarle gli occhi. Si limitò a una spietata risposta. -Vi ci abituerete. E se non lo farete, allora potreste pensare di DARGLI UN FIGLIO, così, per ricordare a tutti di ESSERE UNA DONNA.»
Mi ripeto: nel 2017, certe frasi non andrebbero neppure pensate! No, neanche in un romanzo storico.
5. LAURA RICCI E GLI ALTRI OC
Laura Ricci, Reinhardt Schwartz, Raymond De Polignac e Mathieu Laforge, chi sono costoro? si chiederebbe il manzoniano Don Abbondio. E se lo sono sicuramente chiesto anche i lettori di Strukul, visto che nella tetralogia vengono inseriti questi personaggi del tutto fittizi.
Premettendo che, essendo delle biografie, non ci sarebbe bisogno di inventare dei personaggi, soprattutto perché questi OC vanno a ricoprire dei ruoli molto importanti all'interno dei romanzi, diventando praticamente dei coprotagonisti.
Ci sarebbe parecchio da scrivere su tutti loro, ma in questo spazio mi voglio concentrare su Laura Ricci e sul suo ruolo in “Una dinastia al potere”, accantonando con sollievo il disagiante rapporto incestuoso tra lei e il figlio nel secondo libro.
Laura detesta la famiglia Medici perché, anni addietro, è stata stuprata da un uomo che indossava una divisa con il loro stemma. E già qui siamo all'assurdo: è come se una odiasse Berlusconi per essere stata violentata da un cameraman di Mediaset! ma andiamo avanti. Scopriamo poi che il suo aggressore era Schwartz (ovvio, anche i servi dei Medici sono tutti santi!), ossia il suo partner-in-crime e non solo; dopo questa rivelazione, lei non solo lo perdona per la violenza e gli anni di menzogne, ma continua ostinatamente ad odiare i Medici senza motivo!
Allucinante è l'unica parola che mi viene in mente.
6. DIALOGHI
Durante la lettura ho avuto spesso la sensazione che l'autore tentasse in ogni modo di allungare il testo. Questo dettaglio diventa molto evidente se ci si focalizza sui dialoghi, spesso del tutto vuoti di contenuto, con i personaggi che ribadiscono gli stessi concetti o pongono domande delle quali già conoscono le risposte.
Vi riporto di seguito alcuni esempi, tratti da volumi diversi, che illustrano la problematica direttamente:
«-Parla con Giovanni de’ Diotisalvi Neroni.
-L’arcivescovo di Firenze, mio signore?
-Chi altri?
-Naturalmente. Ma, se posso [...].»
«-[...] il grande orafo pazzo decise di rimanere a casa per via di una malattia.
-Ed era vero?
-Che cosa?
-Che era malato?»
«-Devo dunque dedurre che avete dimenticato un prezioso dettaglio.
-Non capisco.
-Mi pare evidente.
-Vi chiedo dunque di spiegarvi.»
«-E, tuttavia, credo di conoscere quel qualcuno: una persona che corrisponde alle vostre richieste, vostra maestà.
-Davvero?
Leonora annuì.
-Vi ascolto-, la incoraggiò Maria.»
Dall'altro lato abbiamo dei dialoghi estremamente prolissi ed artificiosi (spesso in situazioni del tutto irrealistiche) oppure che inseriscono forzatamente degli infodub, facendo però sembrare i personaggi dei completi mentecatti perché si scambiano informazioni delle quali sono entrambi perfettamente al corrente.
7. SCENE ESPLICITE
Per motivi del tutto oscuri (vi prego, non ditemi che è puro fanservice!), Strukul ha farcito i suoi romanzi con un gran numero di scene esplicite, specialmente nei primi volumi della serie.
Di per sé, non ci sarebbe nulla di problematico, non fosse che si tratta di scene del tutto inutili nella gran parte dei casi. Ad esempio, vediamo Laura Ricci (sì, di nuovo lei) intenta a convincere con le sue doti amatorie Rinaldo degli Albizzi a muovere contro Cosimo e Lorenzo... peccato che lui già li odi a morte, quindi non era necessario persuaderlo con una fellatio descritta fin nei minimi dettagli.
Per gli affezionati follower del Signor Distruggere abbiamo anche delle descrizioni che renderebbero davvero orgogliosa la Vate Ornella,
«-Ora-, disse [Enrico]. -Il fatto che aspettiamo un figlio non significa che dobbiamo rinunciare ai piaceri dell’alcova-, e, senz’aggiungere altro, prese una mano della sua sposa e la condusse LÀ DOVE IL SUO PIACERE SI STAVA FACENDO PIÙ INTENSO.»
o, in alternativa, gli autori dei libri Harmony!
8. METAFORE
Questo è un aspetto che mi ha dato da pensare specialmente in “Un uomo al potere”, ma che caratterizza in generale la prosa di Strukul; infatti sono spesso presenti delle metafore del tutto sbagliate. Vediamo qualche esempio.
«Lei [Lucrezia] non gli concesse più di un istante ma in quel SOSPIRO infinito che fu il suo sguardo, Lorenzo ANNEGÒ e capì.»
Descrivendo lo sguardo di Lucrezia come un sospiro, dire poi che Lorenzo annega in esso è illogico. Avrebbe dovuto definire lo sguardo come un mare o qualcosa di simile.
«Il pomeriggio invernale SCOLORAVA nelle tinte D’INCHIOSTRO della sera.»
Avete mai visto l'inchiostro scolorire qualcosa? In questo caso, il pomeriggio avrebbe dovuto incupirsi, con l'arrivo della sera.
«Una luce pallida, malata filtrava debole, una LAMA DI SOLE che AVVOLGEVA la scena come una febbre.»
Se la luce viene descritta come una lama, poi non può certo avvolgere: una lama taglia, ferisce, colpisce, ma di certo non avvolge!
9. RIPETIZIONI
Sempre con l'intenzione di allungare al più possibile questi romanzi, troviamo delle ripetizioni continue di nomi, titoli nobiliari e parentele dei vari personaggi. Ma non basta!
In alcuni casi vengono impiegati tre sinonimi di fila per descrivere lo stesso personaggio, o ancora ci sono delle nette ripetizioni di concetti già illustrati o di determinate scene,
«E così fece. NON SI SEDETTE nemmeno. RIMASE IN PIEDI, sputando fuori le parole, [...].»
Eccovi un'altra piccola perla della ripetizione compulsiva, che occupa impunemente ben tre righe:
«[...] Girolamo Riario non riusciva più a farne a meno.
Ne voleva ancora, e ancora, e ancora.
Non gli bastava mai.»
In alcuni casi i personaggi stessi sembrano seccati da questa pratica, tanto che Lorenzo il Magrifico in persona arriva a dire:
«-Questa parte della storia la conosco. [...] Questo lo avevo capito. Dimmi qualcosa di nuovo, che ancora non so, qualcosa per cui ha avuto senso andare laggiù.»
10. LA FIERA DELLE BANALITÀ
Come avrete ormai capito, ci sono parecchie cose che mi hanno irritata durante la lettura di questa tetralogia, ma un aspetto davvero imperdonabile per uno scrittore è la banalità. In particolare in un romanzo storico: bisogna renderlo interessante, oppure tanto vale che compri un libro di testo o vada su Wikipedia!
Strukul non si cura di queste sottigliezze, tanto da descrivere i personaggi con i più collaudati cliché:
«[...] l’aiutante storpio del carnefice. Gobbo e zoppo da una gamba, lo sgorbio [...].»
Igor sei tu?
Non mancano poi moltissime frasi fatte che condiscono il testo di sciapa banalità. Concludiamo quindi con una battuta del caro Enrico IV, storicamente famoso per delle citazioni davvero brillanti (controllate su Wikiquote!), che qui si esibisce invece in una vera e propria combo di frasi fatte:
«-Invece voi continuate a SCHERZARE CON IL FUOCO. Fate attenzione a non TIRARE TROPPO LA CORDA, Henriette.»