Evelina e le fate
Letteratura italiana
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Pesaro e provincia tra i tedeschi e le bombe degli
Una bella storia, con un inizio spettacolare, tra la neve e l'arrivo degli sfollati (visto con gli occhi di una bambina piena di fantasia) in un casolare nelle campagne di Candelara (PU).
Subito dopo la storia si affloscia un po' e molte pagine sono dedicate a rispolverare usi, tradizioni, modi di dire e soprattutto di cucinare dei nostri nonni/bisnonni con tanto di descrizione di piatti tipici e modalità di loro preparazione un po' noiosi per chi non ama questi argomenti. Poi la storia, dopo un terzo del libro in cui bisogna tenere duro, si fa molto interessante, con la comparsa dei tedeschi, della bambina ebrea, dei dissapori tra gli sfollati. Sapere alla fine che il libro è ispirato a una storia vera è addirittura commovente e spiega come mai le cose non si risolvono tutte felicemente come in una bella favola, anche se, in un certo senso, Evelina riesce a mettere ogni fatto al posto giusto, con la sua rara capacità di vedere attraverso le cose e le persone in modo infantile ma profondo. I dialoghi che all'inizio erano noiosi e un po' stantii diventano vivi e vibranti, commoventi e i bambini della storia escono quasi dal libro lasciando al lettore un'incredibile sensazione di vivacità e di freschezza. Anche la famiglia di Evelina, ruvida e tenera al tempo stesso entra nel cuore.
Il libro ha un'inizio lento ma poi, superata la fase più culinaria e descrittiva delle tradizioni, si legge in un lampo.
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Evelina, la Scépa e la Nera
L'orrore e la miseria della guerra visti con la leggerezza e la magia di cui può essere capace solo una bambina di cinque anni. Ricordi, realtà e sogni si fondono in un bel racconto, che odoroa di storie raccontate dai nonni intorno al fuoco.
Evelina è un personaggio da amare, forte e temeraria, piccola ed incosciente.
Un unico appunto: ho trovato sgradevole l'uso del dialetto fonetico nelle frasi, pur se simile al mio. L'ho trovato di difficile lettura e non intuitivo, come può essere invece l'uso del siciliano in Camilleri.
Ma si tratta di un peccato veniale, il libro è comunque molto interessante e merita di essere letto.
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Evelina e le fate
Tanto si è detto e si è scritto a proposito degli orrori della guerra che ha percorso e lacerato il nostro paese.
Simona Baldelli esordisce con un romanzo dal taglio singolare, dedicando una particolare attenzione al rapporto tra la guerra ed i bambini.
Tra le pieghe di queste pagine si materializza la piccola Evelina, una bimba di cinque anni figlia di una famiglia contadina, il cui casale diviene rifugio di numerosi sfollati in cerca di un luogo più sicuro rispetto alla città, bersaglio certo di incursione aeree e rastrellamenti.
La narrazione fluisce tutta attraverso gli occhi e la sensibiltà della piccola, incapace di capire fino in fondo la situazione attorno a lei, pur cogliendo segnali di disagio e di pericolo.
Evelina è piccola eppure è già grande, è spensierata eppure a tratti è preoccupata, avrebbe bisogno di tanto affetto e attenzioni, quelle stesse che in un momento di tale tragicità la famiglia non può donarle.
Un'infanzia rubata, segnata; un'infanzia che tanti bambini dell'epoca videro strappata.
In guerra non c'è spazio per le coccole, gli abbracci, il giogo; ecco che la nostra piccola protagonista si costruisce un suo mondo in cui può evadere quando le situazioni attorno a lei si fanno critiche o troppo complesse, un mondo di fiaba, un mondo dove esistono le fate con cui parlare, un mondo in cui le immagini brutte cambiano pelle assumendo significati diversi.
Veramente intensa la figura di Evelina, cui la penna dell'autrice è riuscita a infondere una vitalità abbagliante e commovente; impossibile staccarsi dal racconto, per la forza trascinante, per l'esplosione di emozioni, per la nitidezza delle immagini che propone.
Immagini di un paese che deve fare i conti con il passaggio inesorabile della guerra; una guerra che spezza le famiglie, che svuota le dispense, che ferma il naturale corso della quotidianità, che capovolge i ritmi di vita, che fa pagare un dazio crudele a degli innocenti.
Un esordio che denota la capacità di raccontare una storia e di coinvolgere il pubblico, la capacità di costruire il personaggio ponendo la dovuta cura ai particolari e la giusta dose di sensibilità per scavare nel cuore e nella mente dello stesso; oltre alla coraggiosa scelta stilistica di infondere veracità al narrazione mediante l'utilizzo del dialetto dei luoghi che fanno da sfondo alla storia.
Simona Baldelli con questo romanzo ci regala un lavoro importante, in cui l'elemento tragico si scontra e si fonde con il sogno, con la fantasia, con la necessità dei più piccoli di fuggire da una realtà dolorosa e cruenta come la guerra.
Anche questo significa raccontare la storia.