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Diario di Matteuccia Diario di Matteuccia

Diario di Matteuccia

Letteratura italiana

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Il 20 marzo 1428 a Todi viene arsa sul rogo con l'accusa di stregoneria Matteuccia di Francesco. Di lei parlano solo gli atti del processo, trenta capi di imputazione pretestuosi e tragicamente ridicoli. Il processo a Matteuccia Francisci è, in questo romanzo, un omicidio commissionato per motivi politici, nel momento in cui si ridefiniscono le unità territoriali e lo Stato della Chiesa riafferma con forza la propria presenza nell'Italia centrale, minacciata dalle conquiste militari del capitano di ventura Braccio da Montone, al cui entourage Matteuccia di Francesco è senz'altro fortemente legata. La storia di quel periodo, da San Bernardino da Siena a Papa Martino V, è la cornice entro la quale lo stigma delle streghe ha lo stesso colore e gli stessi simboli usati contro l'ebraismo e l'eresia. Il silenzio delle tante vite, che la Storia ha cancellato, si infrange nelle immagini dei volti dei protagonisti che Sabrina Brunetti ha immaginato e che sono parte integrante dell'opera.



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Diario di Matteuccia 2020-02-19 18:35:31 Laura V.
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Laura V. Opinione inserita da Laura V.    19 Febbraio, 2020
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Streghe e capri espiatori

Todi, anno Domini 1428. Con l'accusa di stregoneria viene condannata al rogo Matteuccia di Francesco, dedita, secondo i ridicoli e pretestuosi atti del processo, a malefici e pratiche diaboliche di vario genere. Ma chi era costei?
Anzitutto, un personaggio realmente esistito di cui rimane ignota la data di nascita, da collocare con buona probabilità prima del 1400, mentre è certa quella della morte (20 marzo 1428). Il suo è stato un volto tra i tanti di quella infinita moltitudine di donne dimenticate dalla Storia che dell'altra metà del cielo ha conservato traccia – come sottolinea l'autrice nella sua prefazione – preferibilmente nel caso di regine, sante e consorti di uomini potenti. Un originale ed emozionante romanzo, questo di Barbara Cucini, la quale, attraverso pagine basate su un'accurata ricerca storica degna di nota e sorprendenti brandelli di tradizione orale, restituisce voce e dignità a una donna che, come all'epoca tutte quelle a conoscenza delle proprietà delle erbe e di qualche cura di tipo medico, non poteva non essere additata come strega e, di conseguenza, bruciata viva. Tuttavia, nel suo caso vi è qualcosa di più a condannarla al rogo: sullo sfondo della vicenda narrata, infatti, non mancano intrighi e lotte per il potere nell'ambito di un contesto politico piuttosto instabile in cui la stessa Matteuccia, donna acculturata e volutamente al di fuori dei misogini schemi sociali, dava in un certo qual modo fastidio a qualcuno in quanto legata all'entourage di un condottiero del tempo noto come Braccio da Montone, anch'egli realmente vissuto e morto in battaglia circa un paio d'anni prima del processo alla “strega”. Anche lui trova spazio in queste pagine, così come altri personaggi che, seppur di fantasia, traggono credibilità da fatti e circostanze a cui la Storia consente di appigliarsi; tra questi ultimi, molto ben inserita la saggia figura di Maestro Isaac, il medico ebreo cui viene riservata una fine terribile a riprova dell'antisemitismo imperante, e persino quella di Bernardo, l'amante di Matteuccia.
Nel complesso, complice una scrittura coinvolgente e a tratti particolarmente introspettiva, emerge il ritratto di una donna molto affascinante che, nonostante tutto, non piega la propria innocente fierezza nemmeno sul carro del boia, mentre si compie l'atroce e assurdo destino condiviso da chissà quante vittime del loro tempo.

“Quante volte dovrò morire di questa morte dolorosa e continua, ogni volta sempre uguale? Ogni volta fa sempre più male, sapete? Mi chiamano strega, questo è il nome che mi danno. Che mi date voi. […] Lo sapete bene che Matteuccia di Francesco non ha fatto male a nessuno. Ma avete ragione, io riesco a togliere via il dolore degli altri. Di chi si merita la pietà di Dio. Prendo il dolore degli altri su di me, degli altri che hanno un'anima speciale che un dolore grande ha spento. Morti che si muovono, perché devono continuare a stare nel mondo. Perché qualcuno qui ha bisogno di loro. Ancora. Io vivo il loro dolore, lo vivo mille volte, lo sento fino in fondo mille volte, finché non li lascia in pace. Finché non nascono di nuovo. Il mio è un amore di madre. […]”

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