Dai tuoi occhi solamente
Letteratura italiana
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Vivian e la fotografia
uno dei tre libri finalisti al premio Mastronardi città di Vigevano
E' la storia di una bambinaia a New York, ma è soprattutto la storia di Vivian Maier, una delle più grandi fotografe del Novecento. Il libro si sviluppa su due piani narrativi, Vivian da adulta e Vivian bambina e le sue forti incomprensioni con la mamma e il fratello. Quello che è mi piaciuto di più di questo sono le digressioni sulla fotografia
""Una fotografia, non di quelle scattate quando il soggetto è in posa, cattura un attimo, il frammento di una vita che non avrà replica. Sono quegli istanti che catturava Vivian, in modo quasi maniacale, ossessivo, cogliendone l’importanza mentre chi li vive li tratta con noncuranza. “Questi istanti io li rubo. Custodisco le storie che le persone non sanno di vivere”, . E ancora: “Le persone sono distratte, gettano via con noncuranza i loro momenti migliori. Forse sono convinte che torneranno, ma i momenti non tornano”"".
E poi questo spaccato sul talento, uno scrittore di successo chiede un parere a Vivien su una bozza di romanzo
""....aveva scritto libri di successo, questo era indubbio, ma non si era trattato di fare a brandelli la propria anima e ricucirla sulla pagina. Aveva addomesticato la sua creatività per far contento l'editore....e ora voleva che lei gli dicesse se era in grado , o meno, di scrivere qualcosa che fosse autentico, sincero. Qualcosa che arrivasse dalle viscere, dall'abisso, dal sangue ..."""
Bello
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Vivian Maier
Negli ultimi mesi sono fioccate le biografie romanzate di talentuose fotografe, ed anche “Dai tuoi occhi solamente” racconta una parte della vita di Vivian Maier, eccezionale fotografa morta nel 2009, delle cui opere straordinarie siamo venuti a conoscenza soltanto da poco tempo.
Francesca Diotallevi, rimasta affascinata dalla figura di questa donna così fuori dall'ordinario, che per tutta la vita non ha mai cercato la notorietà, ha deciso di scrivere un romanzo-biografia, nel quale racconta, attraverso dei salti temporali, sia l'infanzia e l'adolescenza di Vivian, sia il 1954-55, periodo di cui si conosce poco o nulla della reale vita della fotografa, durante il quale l'autrice immagina che la Maier abbia lavorato come bambinaia a New York, presso la famiglia Warren.
Il personaggio di Vivian Maier è sicuramente interessante e non sorprende che abbia catturato l'attenzione di una scrittrice. (Fra l'altro Diotallevi non è l'unica ad aver avuto questa idea, perché ad ottobre 2018 è uscito anche “Vivian” di Christina Hasselholdt, sempre una biografia romanzata della Maier.)
Vivian Maier infatti era una fotografa dal talento eccezionale, che però per tutta la sua vita si è sempre tenuta per sé la sua arte: ha tirato avanti svolgendo dei lavori umili e poco retribuiti, come la bambinaia. Ha vissuto abbracciando la solitudine: non si è mai sposata né ha avuto figli, rimanendo al servizio di questa o quell'altra famiglia. Di solito non sviluppava nemmeno i suoi rullini, scattava fotografie meravigliose rubando alcuni attimi della vita degli altri, attimi che da quel momento sono diventati eterni. La Maier aveva stipato tutte le sue cose in un magazzino: questi oggetti, dal momento in cui lei non si curò più di pagare l'affitto, vennero prima acquistati da un banditore d'aste e in seguito da John Maloof, il figlio di un rigattiere, che comprò per 380 dollari circa tutti i beni della fotografa, fra cui i suoi tremila negativi e moltissimi rullini di pellicola non sviluppata. Da quel momento John Maloof si è reso conto del talento della fotografa che aveva scattato quelle fotografie ed ha fatto una ricerca fino a scoprire che erano di Vivian Maier, una donna che ha sempre vissuto nel più completo anonimato. Si rimane come minimo incuriositi: è possibile, nella società attuale, imbattersi in una persona del genere? E cosa l'avrà spinta a rimanere sempre sola e a non mostrare mai la sua arte? Capisco quindi la scelta della scrittrice di costruirvi su una storia.
Francesca Diotallevi ha ricostruito l'infanzia e l'adolescenza di Vivian Maier documentandosi accuratamente, ha poi inserito una parte romanzata (gli anni del 1954-55 a New York) e sopratutto, si è interrogata in maniera credibile ed interessante sulla natura dell'arte. Attraverso il confronto fra scrittura e fotografia, rappresentati dai personaggi del signor Warren e di Vivian, l'autrice ha fatto una interessante riflessione sul talento, il successo, l'arte e l'artista. Il romanzo quindi costituisce senza dubbio una lettura di qualità, uno scritto pregevole e consigliato, anche se, secondo il mio modesto parere, non particolarmente avvincente e coinvolgente.
Infatti possiamo entrare nella psicologia di Vivian, interrogarci sull'arte, cogliere ed apprezzare le belle citazioni letterarie ma ciò che manca a questo libro è una forte e definita personalità: non è una biografia, perché mancano le fonti per poterne scrivere una completa, non è un romanzo, perché al momento che iniziamo la lettura già sappiamo tutto quello che accadrà e soprattutto non accadrà. Si tratta di una forma troppo ibrida per il mio gusto personale, ma che sicuramente può essere letto con piacere ed apprezzato.