Colosseum. Arena di sangue
Letteratura italiana
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Opinioni inserite: 4
Direi piuttosto Scolosseum
ATTENZIONE: leggeri spoiler che comunque non influiscono sulla lettura del libro
Mai un libro era riuscito a ingannarmi in modo simile. L'autore si propone di romanzare la storia della costruzione dell'Anfiteatro Flavio seguendo le vicende di due uomini realmente esistiti, Verus e Priscus, gladiatori che combatterono nei giochi inaugurali del Colosseo nell'anno 80 d.C. come narrato dal poeta Marziale.
L'inizio parte bene, un po' banale, ma tutto sommato godibile, uno dei tanti emuli del successo di Scarrow. Ma con un dettaglio di quel "nomen omen" dato al protagonista che avrebbe dovuto mettermi in guardia su quello che stava per arrivare. I problemi iniziano all'incirca ad un terzo del libro, con, ed esattamente come, la Peste (che nella realtà era più probabilmente febbre tifoide e non Peste bubbonica): si nota l'insistenza delle descrizioni gratuitamente grafiche, una pornografia verbale del sordido che inizia a farsi prepotente a discapito della narrazione (e della verosimiglianza, quando descrive una latrina che mai un romano avrebbe tollerato esistere, men che meno in una scuola gladiatoria).
Inoltre diventa sempre più pesante lo stile di scrittura, con continui tentativi di frasi ad effetto, di chiose salomoniche e di frasi fatte degne del peggiore filmaccio noir poliziesco. Frasi tipo: "la lupa(Roma) dormiva dopo il pasto di sangue, benvenuto a Roma, bastardo!", vengono ripetute alla nausea, siamo a metà libro e praticamente ogni paragrafo finisce in questo modo.
Poi il "colpo di genio" dell'autore, inserire un triangolo amoroso forzato all'inverosimile in quello che poteva benissimo essere la storia di due uomini, e che anzi avrebbe beneficiato dell'essere unicamente incentrato sui due personaggi storici romanzati, simili e contrapposti, fratelli e tuttavia costretti a lottare fino alla morte, senza dover per forza inserire il solito love interest per cui il protagonista si strugge, non ricambiato, nel suo amore impossibile, fino a quando ovviamente non salverà la damigella in pericolo dai cattivi che vogliono abusare di lei.
Siamo al culmine del libro, l'originalità ha ormai abbandonato la scena da un pezzo, e fra l'uso sempre più pesante e palloso di aggettivi inutili e forzati per descrivere ogni cosa, come: "...l'elmo disegnò un arco saccente (un arco saccente?!?) nell'aria...", l'autore spinge al massimo sulla caratterizzazione molto sottilmente inculcata a martellate dei due personaggi: Verus, il toro scatenato, guerriero di fuoco, contro Priscus, il texano dagli occhi di ghiaccio, fino a descrivere minuziosamente come le armature dei due ricalchino il loro stereotipo. Non manca poi la descrizione fantasiosa dei giochi inaugurali del Colosseo, con assurdità incomprensibili (coccodrilli ammaestrati, ippopotami che nuotano sul dorso in figure improponibili e vele gonfiate dal vento che soffia dentro lo spazio chiuso del Colosseo) e descrizioni cruente e crude.
Quello che é importante é che questo libro ha anche un finale, e ovviamente il finale é il più scontato possibile, in cui la pietà e la forza dell'amore smuovono il cuore peccaminoso della giovane patrizia viziata, e in cui i due amici, dopo aver tentato senza esitazione di ammazzarsi con ogni mezzo, anche inverosimile (ridicolo inserire pugni di ferro e coltelli nello stivale in un combattimento fra gladiatori, che avevano arbitri e regole ferree), come nel più classico film di Hollywood, ritrovano la loro profonda unione, per poi sparire nelle trame della Storia.
Concludendo si può dire che senza dubbio gli elementi più pesanti di questo libro siano lo stile, troppo pesante, ridondante nella ricerca della frase ad effetto, pedantemente infarcito di allegorie, e troppo gratuitamente scabroso, tanto che a tratti sembra quasi l'autore ne trovi godimento, e davvero penso che di più sordido ci sia soltanto J.N. Schifano nelle sue Cronache Napoletane, e ho detto tutto.
Appare inoltre chiaro che per quanto l'autore si sia evidentemente documentato sugli avvenimenti e sui dettagli storici, non é riuscito a comprenderli a pieno, mostrando spesso una comprensione sommaria, o abbia preferito reinterpretarli, piegandoli alla narrazione invece di incentrare la narrazione su di essi, una mancanza che risalta agli occhi del lettore, soprattutto a quelli del lettore di romanzi storici.
Ma il suo maggior peccato a mio parere é quello di non aver saputo sfruttare neppure l'unica felice intuizione avuta, il complesso rapporto fra i due protagonisti, che poteva reggere da solo la trama del libro, e con maggiore rilevanza di un banale triangolo amoroso. Ma d'altronde, se l'autore stesso nei ringraziamenti parla della sua come di una "fantasia Hollywoodiana"...
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Buono lo spunto... Ma...
Leggibile, senza infamia e senza lode.
Parte fortissimo, lasciando presagire grandi cose... Ma...
Ma si arena presto in un normale, normale, normale romanzo storico scritto benino.
Le prime cinque pagine sono il meglio che il libro riesce a dare!
Dopo averle lette si ha come l'ansia di poter finalmente assistere a combattimenti mozzafiato del campionissimo Vero... Ma... Si aspetta per tutto il libro....
Peccato. Peccato davvero speravo meglio.
E' la storia di Vero il gladiatore, di come è diventato schiavo e poi, appunto, gladiatore di Roma.
Tratto da un episodio reale e storicamente provato, narrato originariamente da Marziale, dove ai giochi inaugurali dell'anfiteatro Flavio, due gladiatori, Vero e Prisco, combatterono talmente valorosamente da...(Il finale lo lascio leggere a chi vuole leggere il libro).
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Leggetelo...
CONTIENE SPOILER
Assolutamente fantastico.
Protagonista Vero un ragazzo di umili origini che riuscirà a diventare uno degli dei dell'Arena, un gladiatore che sarà costretto anche a combattere contro il suo migliore amico. Sarasso è fenomenale nel descrivere la Roma di quei tempi, e lo fa con un linguaggio moderno, diretto e schietto. Ho apprezzato molto il fatto che Vero è descritto con tutti i suoi difetti, le sue debolezze. Non è il protagonista perfetto, è sbandato, è immaturo. Cresce durante la storia. Questa perfezione la incarna invece Prisco, il migliore amico di Vero, che non commette mai uno sbaglio, è molto ponderato e sembra capire delle cose che vanno oltre alla sempilce evidenza. Tutto di questo libro mi ha entusiasmato... Ci sono anche molti riferimenti che fanno capire al lettore com'era veramente Roma, come vivevano schiavi, gente comune. Com'erano le abitudini dell'epoca e soprattutto cos'era in realtà il Colosseo e come i giochi di sangue fossero acclamati proprio per la loro crudeltà, per quello che mettevano in scena.
Insomma che dire di più? Libro da leggere assolutamente.
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Colosseum
Non sono uno storico, ma un appassionato di storia è questo libro ha contribuito a saziare la mia voglia di conoscere e sapere. Non il solito libro sulle conquiste dell’antica Roma, ma un’attenta ricostruzione di 3 anni di storia, che vanno dal 77 al 80 d.c., che hanno visto il susseguirsi di due eventi molto importanti. L’eruzione del Vesuvio, con la conseguente scomparsa di Pompei e l’inaugurazione del più grande Anfiteatro della storia antica; quello che poi dopo il medioevo venne chiamato Colosseo.
Simone Sarasso ha sapientemente incastonato questi eventi all’interno di una storia di amicizia e di amore fra due schiavi realmente esistiti, un gallo ed un britanno, che per ritornare ad essere uomini liberi, decisero di intraprendere la difficile vita del gladiatore. Le loro eroiche gesta sono però arrivate fino ai giorni nostri e hanno ispirato questo libro. Chiaramente tutta la vicenda raccontata nel libro, ruota attorno all’attesa per l’inaugurazione del Colosseo, che l’imperatore Tito, figlio di Vespasiano vuole rendere grandiosa e ricordata per sempre.
Gli ultimi capitoli sono i più spettacolari, ma allo stesso tempo anche i più agghiaccianti , in quanto descrivono in modo molto crudo e violento, il modo in cui venivano uccisi uomini ed animali all’interno dell’arena. Un crescendo di morte, ma anche di eccitazione da parte del pubblico, che nel libro è raccontato in maniera molto coinvolgente, quasi in presa diretta.
L’autore dopo aver ricreato, suo malgrado, questa atmosfera di violenza e pazzia da parte degli spettatori, ci porta alla sfida finale; la più apprezzata perché combattuta da veri professionisti della morte come i gladiatori.
La prima di cento giornate si sta per concludere, ma non prima del combattimento fra i due “gladiatori amici” più famosi di Roma. Il problema è che sarà un scontro dove potrà esserci un unico superstite. Vivere o morire!