Bandiere rosse, aquile nere
Letteratura italiana
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Senza retorica, solo pietà
E’ passato ormai ben più di mezzo secolo da quei quasi 4 anni (1942 – 1945) così gravidi di eventi e di sofferenze per il nostro paese, in pratica dalla sconfitta delle truppe dell’Asse a El Alamein, all’invasione della Sicilia, alla defenestrazione di Mussolini nel corso della seduta del Gran Consiglio del 25 luglio 1943, all’armistizio dell’8 settembre 1943 con con conseguente occupazione tedesca del nostro suolo, alla nascita della Repubblica Sociale Italiana, ai lunghi mesi di una guerra civile che finì solo con la liberazione degli alleati il 25 aprile 1945. Più trascorre il tempo da un periodo storico, più si raffreddano gli animi, più il raziocinio prende il sopravvento sulla passione e quindi meno difficile, ma ancora tutt’altro che facile, è imbastire un romanzo storico ambientato in un periodo così travagliato. Guido Cervo ha voluto cimentarsi in proposito e mi sento di dire che il risultato è ampiamente positivo. Questo narratore ha capacità di profonde analisi storiche, sa sapientemente accostare personaggi realmente esistiti a frutti della sua creatività, è in grado sempre di trasmettere al lettore la sensazione che quanto scritto sia una cronaca reale, e questo grazie a uno stile non ridondante e all’abilità di descrivere i protagonisti con pochi e sicuri tratti di penna. Bandiere rosse, aquile nere si riallaccia, idealmente, a I ponti della Delizia, stupendo romanzo di Cervo sulla ritirata di Caporetto nella Grande Guerra. Infatti troviamo tre dei protagonisti di quell’opera, la maestra Ersilia che si è sposata con l’ex tenente degli arditi Ferruccio Martinelli, pure lui presente e diventato seniore della milizia fascista, nonché l’allora piccola Anna, dagli stessi adottata, ma cresciuta con idee politiche totalmente contrapposte a quelle dei genitori, fuggita da casa seguendo il sogno comunista. La famiglia Martinelli è composta anche dai figli avuti dopo il matrimonio, un’altra femmina, molto giovane e che nel romanzo è quasi una comparsa, due maschi, Alberto tenente dei bersaglieri che ritornerà dall’Africa gravemente ferito e menomato ed Eugenio, impulsivo, desideroso di battersi e che aderirà fra i primi alla X Mas. Il lungo e tormentato periodo dalla guerra darà luogo a tante vicende in cui oltre a vedere come attori principali i membri della famiglia Martinelli registrerà la partecipazione di tanti personaggi, alcuni dei quali di grande spessore, come il terrorista dei Gap Stefano Zanderighi, una figura apparentemente minore, ma a cui viene demandato il compito, non certo facile, di precipitare nella disumanizzazione per poi tentare con fatica di riemergere, di cercare una vita propria lontana da tensioni adrenaliniche e da ogni violenza.
Ci siamo sempre chiesti il perché, dopo l’8 settembre 1943, ci siano state scelte così contrastanti e che portarono alla guerra civile. Indubbiamente, in un frangente come quello dell’improvviso armistizio, non fu facile prendere una decisione, anche se fu certamente più difficile quella di prendere la via della montagna per combattere gli occupanti tedeschi e poco dopo anche i Repubblichini. Privi di organizzazione all’inizio, quasi disarmati, con pochi viveri non fu certamente una scelta a cuor leggero quella di diventare partigiani, anche perché si trattava di sconvolgere un modo di vita instillato da anni di dittatura, in un regime progressivamente inviso con il progredire di una guerra sanguinosa. Dall’altro lato, posso capire chi accampò motivi di onore, di coerenza di comportamenti, decisioni forse rispettabili, tanto più che ben si sapeva, o comunque si intuiva, che la guerra era persa. Questi dilemmi, queste lacerazioni interiori sono parte della narrazione e non potrebbe essere diversamente, perché a parte i fanatici, gli approfittatori, coloro che vedevano una possibilità per esprimere il loro animo criminale, gli altri si trovarono di fronte a una scelta assai difficile. Il romanzo non fa sconti a nessuno, né alle violenze della Guardia Nazionale Repubblicana, né a quelle dei partigiani che soprattutto a guerra finita insanguinarono il paese. Cervo però ha un pregio, racconta, non prende le parti di nessuno, ci mostra così come è stato un lungo orrore e lo fa senza enfasi, così come da cronista attento e indipendente descrive con grande abilità i bombardamenti aerei su Milano, con una prosa talmente realistica che si avverte la tensione, sembra di udire il suono della sirena d’allarme, si avverte il crescente sibilo delle bombe che cadono, si assiste impotenti alle distruzioni. Devo dire che francamente questo romanzo mi ha stupito per la capacità di comprendere e di far comprendere le opposte motivazioni, perché non c’è odio, ma solo tanta pietà per un dolore immenso che ha sconvolto l’Italia più di mezzo secolo fa.
Da ultimo, ho ritratto l’impressione che giunto all’ultima pagina sia rimasta una certa sospensione, quasi che possa essere sottesa l’ipotesi di un terzo romanzo, che credo potrebbe andare dal dopo guerra fino al termine del secolo scorso, un periodo di estremo interesse per tutti, ma soprattutto per chi come me l’ha vissuto.
Da leggere, mi sembra ovvio.
Indicazioni utili
La guerra e gli uomini
Attraverso le privazioni e le sofferenze della seconda guerra mondiale, Guido Cervo, l'autore racconta in modo preciso e sottile la storia dei membri della famiglia Martinelli. Nata al termine del precedente romanzo, "Via dalla trincea", ritroviamo Ersilia e Ferruccio alle prese con figli già grandi, protagonisti di scelte opposte che influenzeranno in modo profondo le azioni di tutti i protagonisti. Io credo che questo romanzo sia uno dei migliori scritti dall'autore, sia per la capacità di scavare nei sentimenti dei personaggi sia per la grande ricerca storica che si nasconde dietro il semplice racconto. Ho ammirato davvero molto l'equilibrio nella trama che non ha mai un cedimento, nè una sbavatura. L'autore racconta sì della guerra e della morte, ma anche e soprattutto di uomini e donne che affrontano enormi difficoltà, la paura della morte e la cattiveria umana. Non ci sono vincitori nè vinti, sono tutti accomunati dall'essere profondamente umani. Unici punti di riferimento nel turbinare degli eventi: l'onore e la fedeltà alla parola data uniti al desiderio di ritornare alla pace e alla serentià di un tempo. Davvero da leggere, non solo per gli amanti del periodo storico, ma anche per chi apprezza lo sviluppo psicologico e umano dei personaggi.