Bambino Bambino

Bambino

Letteratura italiana

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Mattia nasce a Trieste nel 1900. La sua infanzia irrequieta, forse, è già un presagio: un fratello che parte per l'America, un amico che presto lo abbandona. Quando scopre che la donna che lo ha cresciuto non è la sua vera madre, dentro di lui qualcosa si spezza e nel petto divampa un fuoco freddo che non saprà mai domare. L'ingresso tra le file degli squadristi è una conseguenza quasi naturale. Nonostante il soprannome che gli hanno affibbiato per il suo viso da fanciullo, «Bambino», Mattia ostenta una ferocia da boia. Ma prima ancora dell'ideologia, prima della violenza e della brutalità antislava, il motivo per cui indossa la camicia nera e batte palmo a palmo le terre contese è la speranza di ritrovare quella madre senza nome né volto. La ricerca di una donna che non ha mai conosciuto diventa il senso di tutto. Suo padre, un vecchio orologiaio sicuro che le persone si possano riparare come gli ingranaggi, è l'unico a conoscere la verità ma la tiene sigillata in un silenzio blindato quanto una cassaforte. Nella frontiera d'Italia più dilaniata, la vita di Bambino scivola su un piano inclinato: ogni giorno una nuova spedizione, un nuovo assalto, una nuova rapina. E poi, tutto d'un fiato, lo scoppio della guerra, i nazisti in città, l'occupazione jugoslava di Trieste, le foibe. Un'esistenza vissuta da cane sciolto, scandita da un implacabile conto alla rovescia. Un romanzo palpitante in cui il giudizio - anche di fronte alle azioni più estreme - è sempre fuori scena. Con una scrittura trascinante e tagliente, Marco Balzano torna a indagare il rapporto tra individuo e collettività, tra le scelte personali e i grandi rivolgimenti della Storia. «La vita è aggredire o difendere, distruggere o prendersi cura».



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Bambino 2025-01-31 11:08:42 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    31 Gennaio, 2025
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Mattia

«Non ti interessa di procurarmi guai” gli ho chiesto con un filo di voce.
“A te interessa di procurarmene da quando sei nato?”»

Torna in libreria Marco Balzano con un nuovo titolo, con un nuovo romanzo dalle tinte storiche. Le opere dell’autore non sono mai scontate e sorprendono sempre e immancabilmente per la prospettiva con la quale si rivolgono al lettore. Nulla è cioè lasciato al caso o al dubbio.
Siamo a Triste, la città italiana che per definizione rappresenta il confine con il resto d’Europa, siamo negli anni del fascismo e della guerra. Rappresenta, ancora, un confine che è una distanza anche quando distanza non è (o non sarebbe).
Mattia Gregori nasce nel 1900 ed appare sin da subito ai lettori come un protagonista estremamente complesso. Diventa ben presto una camicia nera ma non tanto per spirito di aggregazione quanto per conferma della sua problematicità. È un giovane uomo irrisolto che desidera conoscere la verità, soprattutto su sua madre. In punto di morte la donna che lo ha cresciuto gli ha rivelato di non essere la madre naturale. Diventando fascista egli crede di poter intessere una rete che lo porti a scoprire del vero nome della donna, nome che il padre ostinatamente gli cela. Mattia cova tanta, tanta rabbia. Una rabbia sorda, che pulsa, che chiede di uscire. L’identità della madre è un chiodo fisso ma anche una questione ossessiva di cui deve venire a conoscenza. Ogni volta che pensa di averla trovata, la delusione è cocente perché poco dopo realizza di aver nuovamente fallito nella ricerca. Ed ecco ancora che torna la rabbia, una rabbia che per uscire si sfoga su chiunque gli è a tiro.
Se da un lato si lascia alla rabbia per scoprire della madre, dall’altro, vuole essere temuto. Quelle guance da “bambino” troppo a lungo lo hanno penalizzato. Adesso vuole rispetto come capomanipolo. Controverso anche il rapporto con il padre Nanni, orologiaio nonché uomo paziente e preciso. Dal suo canto, Nanni, è preoccupato per questo figlio che non ha freni e ancor meno controllo. Non si lascia intimidire dal ruolo di Mattia e ancor meno dal suo atteggiamento, lo conosce, conosce il figlio; eppure ne è al tempo stesso rammaricato.

«Negavo ogni cosa, eppure quando ero da solo nella penombra della camera m'impensierivo. Forse aveva ragione. Me lo leggeva in faccia che recitavo la parte del fascista convinto anche se convinto non lo ero affatto.»

Gli anni scorrono, il tempo passa. Se Nanni diventa preda di quegli squadristi che lo condannano e vessano per non aver fatto la tessera, Mattia persiste a non avere direzione e finirà con lo scegliere l’individualismo e, se innanzi a una scelta, la strada più conveniente. Deve sopravvivere a qualunque costo, senza possibilità di fallimento. Si auto-illude anche di poter provare amore, distorce se necessario la realtà con fantasie necessarie al sopravvivere.
Mattia è un personaggio che cela tante fragilità e paure ma che indossa perennemente una maschera (o più di una all’occorrenza). Il suo evolvere si ha poco alla volta, piano piano. Balzano arricchisce il personaggio con brevi frammenti in corsivo che interrompono la narrazione cronologica e che inducono a far pensare a una ipotetica sua situazione di pericolo che consente di mantenere vivo l’interesse. È un protagonista ben lontano dagli stereotipi e stratificato. Non è semplice da gestire e da delineare, ancor meno è semplice e facile farlo amare al conoscitore perché non suscita l’empatia spesso cercata nei personaggi principali.
In “Bambino” ritroviamo tutta la maestria di Marco Balzano. Non è un romanzo semplice, non è un romanzo immediato, non è un romanzo dove si può dare qualcosa per scontato, eppure è anche un romanzo che sa farsi amare e che conquista per il grande equilibrio che sa dimostrare. Ogni parola, frase, pensiero, riflessione è ben ponderata ed articolata. Niente è fuori posto.

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