Alabama
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Parlami della guerra soldato
Adagiato sulla sedia a dondolo all'ombra del suo portico, il vecchio veterano è pronto ad affrontare un viaggio nel passato stimolato da una giovane ricercatrice per ripercorrere alcuni degli episodi più cruenti e controversi della sanguinosa guerra civile americana.
Mentre le mani tremanti sorreggono un bicchiere di limonata per smorzare la calura degli stati del sud, la memoria di Dick pur vacillando sul presente, comincia a ricordare con lucidità le decine di compagni d'armi, le avanzate nei boschi, i guadi nelle paludi melmose, la fame, la malattie e le ferite, insomma tutti i volti di un conflitto che ha portato solo morte e disperazione nella totalità delle case.
I ricordi del veterano sono un fiume in piena, pronto ad abbandonare gli argini e a travolgere colei che ascolta alla ricerca di uno scoop giornalistico ed in secondo luogo il lettore.
Si tratta di un racconto fatto di immagini forti, per nulla edulcorate dalle nebbie del tempo.
Le violenze legate al razzismo e alla resa in schiavitù di esseri umani si legano a filo doppio allo scempio della guerra.
Nefandezze, soprusi e bestialità predominano su umanità, fratellanza e giustizia.
A cavallo tra verità storica e romanzo, lo scritto di Barbero è strutturato come un minuzioso flusso di coscienza, per contenuto e veste stilistica. Discorso diretto e indiretto si fondono in un unicum inestricabile che ingoia il lettore costringendolo ad una maratona di lettura dai ritmi serrati.
Una folla di nomi e visi equiparabile ad un intero reggimento viene riesumata dalla memoria del reduce e prende vita attraverso la penna di Barbero.
Uno scritto dal carattere stilistico marcato, frutto di una scelta dell'autore ponderata e voluta; intenso senza dubbio ma a tratti straniante.
Per chi saprà seguire la voce del vecchio combattente fino all'epilogo, le sembianze dell'odio prenderanno forma davanti agli occhi.
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Sembra fermarsi il tempo.
Sembra fermarsi il tempo, dopo aver corso indietro fino all'inizo del secolo scorso.
Immobile come solo i vecchi sanno renderlo, il tempo si riposa e si cura le ferite, guardando, quasi inerme ciò che ha accolto.
Dal basso, come una forza sconosciuta e paranormale, sembrano uscire odori, colori, immagini ignote ai più, ma non ad Alessandro Barbero che deve aver studiato così a fondo le fonti disponibili da riuscire ad immaginare un passato così lontano, presente negli occhi di alcuni, forse dei più, solo attraverso le immagini di “Gone with the wind”, rese sopportabili dal famoso film del '39 di Fleming.
Il disagio rimane appiccicato addosso come pece, attraverso lessico e stile Barbero ci apre gli occhi, con violenza e ci obbliga a vedere, stimola i sensi per costringerci a capire e noi inermi non possiamo che vivere quella esperienza, attraverso i ricordi di un veterano della Guerra di Secessione Americana.
Le radici del razzismo non sono coperte, sono i fatti a parlare, attraverso dei dialoghi in forma indiretta che sono il miglior modo di sputarci in faccia la realtà.
Razzismo, violenza, indecenza, ma tanta povertà, fame indigenza, sono i veri protagonisti di questo libro una finestra su un mondo che non dovrebbe essere esistito, ma che a cercarlo, tra le pieghe della vita esiste ancora e Barbero ancora una volta ci obbliga a guardarlo e a cercarlo, ancora prima che nella realtà che ci circonda in noi, che non vogliamo, come l'ascoltatrice del racconto, ma che siamo scrigno di quell'immondo seme che a forza, quando ancora privi di coscienza, ci hanno ficcato nelle viscere: essere, per nascita, migliore degli altri.
Sono le parole che scorrono come un fiume in piena che portano, in un flusso disorientato di coscienza, a guardare ciò che non si vuol vedere, senza difese ci troviamo di fronte a barbarie e a quotidianità che spiegano, a voler capire, la realtà di oggi.
Barbero è uno storico e riesce attraverso questo titolo, a farci vedere la storia non solo a studiarla, ci trasporta dentro e così ci emoziona e ci appassiona.