A cercar la bella morte
Letteratura italiana
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a cercar la bella morte....
Quando mi sono accostato a questo libro non sapevo che l'autore fosse il padre di Margaret Mazzantini, nota scrittrice.
E' la storia dell'ultima grande tragedia italiana, trasformatasi da guerra mondiale a guerra civile, scritta questa volta dalla parte, diciamo ....sbagliata. La guerra partigiana è stata descritta da grandi autori (in primis Fenoglio) ma quasi sempre.....dall'altra parte. Qui invece Mazzantini ricostruisce quei tempi dal punto di vista di adolescenti idealisti di quell'epoca, che fanno del mito dell'onore e dell'amor di patria una ragione di vita (e di morte) e il titolo del libro è più che mai appropriato. Lo stile è sobrio, non ci sono voli pindarici, eroismi, crudeltà descritte con enfasi, ma solo la cronaca di fatti reali e la descrizione degli stati d'animo di giovani del tutto appartenenti alla normalità. Il libro ha anche, a mio avviso, un grande valore storico e di descrizione della realtà del tempo senza indulgere a facile retorica. Quello che però mi ha più colpito è il valore letterario dell'opera; qui, a mio modestissimo avviso, samo davanti ad una grande opera, probabilmente un capolavoro, scritto da un autore, non famosissimo (almeno per quello che è di mia conoscenza) ma senz'altro all'altezza dei grandi autori del suo tempo (Bassani, Berto, Fenoglio, Buzzati per citare i primo che mi vengono alla mente).
Veramente un 'opera che merita di essere conosciuta da tutti.
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Una storia dalla parte sbagliata...della Storia.
Carlo Mazzantini, padre di Margaret.
Confesso che mi dispiacque parecchio quando, or sono quattro anni, la radio mi parlò della sua scomparsa.
Mazzantini era il fascista per antonomasia, il repubblichino che in "A cercar la bella morte" aveva raccontato, o tentato di raccontare, il dramma di una parte di generazione.
Quella della cosiddetta "fazione sbagliata".
Così, leggendo le lodi tessute in onore della figlia, ho pensato di scrivere qualcosa su di lui.
Sul suo stile, morbido e schietto al tempo stesso.
Sulla fortuna che ho avuto a incontrare nella vita le sue opere.
Perché Mazzantini scriveva dannatamente bene.
E i temi che trattava non erano popolari per niente, anzi, sembrava volessero incitare la critica dominante a stroncarlo. Come si fa con il fuoco quando è troppo vecchio...e langue.
Mazzantini scriveva di storia dalla parte "sbagliata" della storia.
Ma era fascista, e possedeva la grande peculiarità di non avere nemmeno tentato il vizio classico dell'Italia postbellica: rifarsi ex novo una verginità politica.
Nelle sue opere si incontrano uomini semplici, ragazzi del '27 o del '26, catapultati in una realtà impietosa; soltanto aderendo alla repubblica, scriveva Mazzantini, avevamo il coraggio di sentirci in regola con noi stessi e con la vita.
Alta prosa e superbo narrato...nulla da dire.
Che peccato che "A cercar la bella morte" non sia conosciuto come dovrebbe!
Ora è edito da Marsilio.
Ed io che non la penso come la pensava lui, io che rabbrividisco al pensiero di un libello del ventennio, io, lo ammetto, talvolta rileggo questo meraviglioso romanzo.
E se avessi vent'anni, o di meno, metterei da parte le tante boiate dei tanti falsi miti letterari contemporanei.
E leggerei Mazzantini.
Imparerei molte cose.
Per esempio, tra le tante, a scrivere.
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Così legge un po' di verità, che non fa mai male...