Autobiografia erotica di Aristide Gambía
Letteratura italiana
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Autobiografia erotica di Aristide Gambia
Questo romanzo sorprendente e fuori dalle righe (per questo mi è piaciuto) propone di raccontare la vita di un uomo attraverso le tappe della sua vita sessuale e lo fa utilizzando un linguaggio vivo, carnale, diretto, depravato. Ma, come afferma Starnone in un'intervista sul romanzo stesso, l'oscenità è data dall'effetto pruriginoso che l'argomento ci rimanda. Se, invece, noi affrontassimo questo linguaggio solo come lingua, considerando le parole oscene alla stregua di tutte le altre, toglieremmo loro quest'aura di lascivia. Le parole che ci sembrano così volgari, sono solo parole alle quali capita la sfortuna di dover portare pesi che noi siamo in grado solo di pensare, ma non di "parlare". Il sesso ha una sua lingua, che fin da piccoli ci insegnano a pensare e a non parlare e, dopo una vita in cui ci imponiamo di imparare questa lezione, non è cosa da poco vedere lo sforzo di un altro che usa le parole appropriate, talvolta volgari, per descrivere l’incontro di due corpi. Poiché il sesso talvolta sembra volgare, gli odori non li racconta mai nessuno; nessuno tranne Aristide Gambia, che utilizza le parole più crude del proprio dialetto (fessa, pucchiacchia, pesce, sfaccimm, ...) per renderle vive, carnali, vere.
Starnone non trascende, non usa volontariamente un linguaggio triviale al solo scopo di destare un interesse morboso. Usa il dizionario dei corpi e dell’esperienza, attingendo dalla vita reale di chiunque, compiendo in questo modo un gesto rivoluzionario.
Il romanzo è diviso in quattro parti: le prime due, che sono il romanzo stesso (quelle che ho preferito e che mi hanno maggiormente coinvolta), le altre due sono delle parti a sé, che sinceramente mi hanno interessata meno (soprattutto l'ultima, che spiega la genesi del romanzo).
Nella prima parte è descritto l’incontro con Mariella Ruiz, che costringere il protagonista a un percorso a ritroso attraverso le memorie della propria vita erotica.
La seconda parte del romanzo vede l’ormai settantenne editore compilare dei quaderni destinati alla donna incontrata più di dieci anni prima, nei quali appunta le sue memorie, dal linguaggio dialettale osceno imparato nell’infanzia, all’adolescenza con i suoi riti di iniziazione, al passaggio all’età adulta, con due matrimoni, tre figli, e una libertà sessuale conquistata dopo una prima fase di castrazione borghese, durante la quale le parole del sesso erano parte di un linguaggio impronunciabile.
Starnone, nelle prime due parti, attraverso descrizioni prepotenti e sboccate, ci fa vedere il tentativo di mostrare gli uomini e le donne nella loro nudità - non soltanto fisica - costeggiando, senza mai oltrepassarlo, il limite dell’osceno.
Mentre nella la terza e nella quarta parte «Mia madre» e «Le irrintracciabili» parla di sé e della creazione del suo romanzo, ma anche del nostro presente (con pagine indignate e ironiche su «questo Silvio Berlusconi», il grande seduttore), che districano molti nodi ma ne creano magicamente altri. Segni di un’opera mai chiusa, come l’irrinunciabile speranza di vita della vita.
Autobiografia erotica di Aristide Gambía è la storia della dimensione più intima della nostra esistenza (quella sessuale, che tutti tendiamo pudicamente a nascondere) e insieme quella di un’Italia che cambia nei sentimenti e nei costumi (dagli anni cinquanta ad oggi).
Mi piace integrare questo con altri romanzi "erotici" scritti da uomini da me precedentemente letti, quali "La separazione del maschio" di Francesco Piccolo, "Atti osceni in luogo privato" di Marco Missiroli, "Vacche amiche" di Busi e anche "Pene d"amore" scritto da sette scrittori uomini conosciuti. Mi interessa l'argomento sessuale-erotico, visto dall'altra metà del mondo e vorrei approfondirlo con qualsiasi lettura che lo rimandi (accetto suggerimenti).
Anche se a questo romanzo ho preferito il suo romanzo successivo "Lacci", riconosco le doti letterarie di questo profondo e acuto scrittore napoletano, che sicuramente continuerò ad approfondire.