Vacche amiche Vacche amiche

Vacche amiche

Letteratura italiana

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Chi altri avrebbe osato scrivere la sua "autobiografia non autorizzata"? Aldo Busi compie qui un viaggio che riconduce al punto di partenza, secondo un percorso circolare nel quale nulla accade perché tutto è già accaduto e non resta che prendere atto della verità così come la scrittura la riconosce, la indaga e la costringe a uscire allo scoperto, attraverso lo smascheramento spietato dell'imperfetta menzogna coltivata per tutta una vita da personaggi della piccola, media e grande borghesia, ordinari incantatori che vorrebbero sottrarsi e restare misteriosi ma finiscono per venire centrifugati in questo potente caleidoscopio delle umane vanità, cui non sfugge nemmeno chi ne scrive per chiamarsene fuori. Ancora una volta lo scrittore ci coglie di sorpresa avventurandosi in zone fra le meno seriamente esplorate dei rapporti tra uomini e donne.



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Vacche amiche 2015-07-20 20:47:47 mia77
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mia77 Opinione inserita da mia77    20 Luglio, 2015
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Vacche amiche di Aldo Busi

Esilarante è la prima parola che penso, dopo aver letto il libro di Busi e ogni volta che vedo una sua intervista o un suo intervento (sempre più raro) in TV. È un personaggio unico e particolare, di cui non approvo in toto la filosofia, ma che ogni volta mi stupisce, in senso positivo. E poi quel suo modo unico di parlare e scrivere, vera letteratura, mi lascia senza parole.
Le vacche degli anni Novanta, sono raccontate da Aldo Busi con il senno di poi: dopo la sbornia, a volte post mortem. E senza moralismi, ma con la spietata lucidità che gli è propria.
Eccoci, cosi, alla critica più potente dello scientismo contemporaneo. Cosa può, nel mondo, un'umanità che non conosce né controlla sé stessa? L'universo della mente è l'unica via di fuga residua. Morte le vacche amiche, con loro se n'è andata anche l'ubriacatura, lasciando alle nuove generazioni un panorama depresso, dove il conformismo rituale non è più un vezzo, ma una forma di sopravvivenza per uomini che nascono "dalla cintola in giù".
Vacche amiche è una dissertazione sulle relazioni umane e sull’etica, quindi è anche un attraversamento della contemporaneità, completamente antireligioso ed anticlericale e feroce nei confronti dell'oligarchia politica e sociale.
Questo è un grande libro sulla solitudine, sulla malinconia di una vecchiaia da trascorrere da solo, senza una persona alla propria altezza che si possa chiamare amica. È un romanzo sulla propria ricercata, patita e continuamente messa in discussione diversità antropologica e politica: Busi è in polemica con tutti e su tutto, da sempre. I suoi testi sono complessi e vanno affrontati con mente aperta e libera da pregiudizi e leggere qualcosa di suo è sempre un esercizio di intelligenza e libertà: la propria e quella altrui, che lo scrittore invoca per sé e per gli altri.
Ora, però, preferisco lasciar parlare alcune delle sue frasi (scusandomi con chi, al contrario di me, si scandalizza se uno scrittore usa parolacce o espressioni volgari - anche se, avendovi avvisati, potete smettere di leggere in questo punto):
"Non lasciare alcuna traccia di niente in questo niente è pur sempre una consolazione";
"... che peccato per me che non so stare con gli unici amici possibili, i finti amici!";
"L'omofobo è un omosessuale represso o latente o occulto o socialmente pericoloso: capace dei peggiori crimini";
"Come c'è ben poco di carnale in un amore carnale, c'è ben poco di platonico in uno platonico";
"Chi non parla della propria sessualità, non può parlare che a vanvera e in piena malafede di politica, sia da governato che da governatore... Chi non parla della propria sessualità non parla di niente, parla per parlare per l'appunto delle topiche dei demagoghi più rispettati: di politica, di economia, di religione, di Dio e di altri tiramolla del genere di cui è a libro paga, spesso neppure sospettandolo, perché, senza inserirvi l'etica civile e l'improrogabilità di uno stato aconfessionale, di cui il primo esempio mirabile è inattaccabile devi essere tu che ne parli, costui può dire tutto e il contrario di tutto e resterà nella zona franca dell'ininfluente e dell'inconcludente pettegolezzo tra comari prescelte affinché non vengano al dunque: come l'hanno usata loro. La benzina non si abbasserà mai e nessuna corsa agli armamenti subirà un alt finché anche le cittadine e i cittadini meno anali non ammetteranno che anche loro si mettono un dito o un dildo nel culo per annusarselo in santa pace. Non ci sarà mai nessuna democrazia finché un Presidente degli Stati a uniti o un Visir degli Emirati Arabi non aprirà il suo discorso di fine anno dicendo che il suo sogno per il nuovo anno è di arrivare a farsi un pompino da sé senza farsi dovere togliere due costole e che è da quando è stato eletto che non pensa ad altro, sorry";
"Se riesci a sputtanare te in modo tale da favorire un autosputtanamento di massa via via sempre più universale, uniti potremo sputtanare chiunque al mondo e snidare e ammazzare il Leviatano della politica e delle religioni fatte non per noi ma sulla nostra pelle";
"Fino a che non sarà la sessualità umana a sterminare la politica e non la politica a determinare la sessualità umana, nessuna democrazia sarà mai possibile";
E infine: "Ognuno sarà orizzontale a chiunque altro e meglio ancora se diagonale a chiunque altro, basta vertici e scranni del Dio Cazzo dei cazzoni al potere, e stare sopra sarà una mera variante dello stare sotto e viceversa, nessun attivo, nessun passivo, nessuna vittima necessaria designata da nessuno: chi dà prende e chi prende dà, cominciando dalle risorse a disposizione. La rivoluzione sessuale o è una rivoluzione olistica permanente o non è - e mai è stata".
Che altro si può dire di Aldo Busi, se non esilarante?
Lasciando perdere queste parti, che a livello di linguaggio sono le più forti, è un libro che consiglio a tutti, soprattutto a quelli un po' "fuori dalle righe", come me.




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Vacche amiche 2015-07-06 03:57:15 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    06 Luglio, 2015
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L’amore, come la satira, ottunde

“Vacche amiche” è un’autobiografia che Aldo Busi scrive con la tecnica della vernice a spruzzo, disseminando episodi a singhiozzo in un terreno fertilizzato dallo spirito critico e dalla libertà stilistica.
Il titolo costituisce un ossimoro con la cover, affidata alla riproduzione di un’opera di Fabio Romano (Paesaggio 2008).

Durante il viaggio verso Davos, il racconto si snoda bizzoso, stizzito, a momenti nostalgico, con toni che oscillano tra il narcisismo creativo (“I neon che accecano ogni umano discernimento, il mio a parte”), la polemica sociale (“Il mio dolore era un dolore tutto sommato occidentale e ormai privilegiato, un dolore che non usciva da una guerra, da una fuga fortunosa da un paese martoriato…”), l’indifferibile solitudine (“Più si allungano le aspettative di vita, più si accorciano quelle di stare in compagnia”) che costringerebbe chiunque in un angolo: chiunque, non Aldo Busi.

Oltre alle memorie dell’infanzia e della gioventù, colpiscono le riflessioni sulla condizione dello scrittore contemporaneo (“La prima volta che andai in televisione… mi fu chiesto quanti erano secondo me in Italia i lettori che avrebbero potuto leggerlo – ndr: Vita standard di un venditore provvisorio di collant -… Risposi di getto, Diecimila… oggi… risponderei Seicentosessantasei, tanto per gradire e perché la televisione vuole le sue diavolerie di risposte un po’ d’effetto, ma anch’io come Manzoni penserei Venticinque, e non uno di più”) e sulla letteratura dei nostri giorni (“Morta è ogni cultura che non sia edibile all’istante, collettivamente partecipata e che non raggiunga il suo apice in un karaoke da social network o da saga del cartaceo con incontro d’autore transeunte…”). Con qualche buona parola sui romanzi d’intrattenimento (in particolare, Aldo Busi si scaglia – senza mai nominarla - contro Donna Leon, americana che vive a Venezia e che lì ha ambientato le gesta del commissario Brunetti: ben 17 romanzi, pubblicati in 23 lingue ma non in italiano, per precisa scelta dell’autrice).

La parte centrale è strutturata sull’analisi del rapporto con tre donne, quella finale vira verso una proposta vitale che vede, forse, una via d’uscita nel ritorno alle origini contadine ed essenziali.

Lo stile è dovizioso, esagitato, talvolta delirante, provocatorio, stimolante, con qualche immancabile aforisma: “L’amore, come la satira, ottunde. Il sesso, come la letteratura, affila”.

Bruno Elpis

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Vacche amiche 2015-05-17 16:08:50 cesare giardini
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    17 Mag, 2015
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Un'autobiografia anticonformista e irriverente

Che dire di Aldo Busi ? E’ indubbiamente uno dei pochi grandi scrittori italiani, uno scrittore che fa discutere, che suscita e divide pareri, che intriga, che si fa leggere d’un fiato, anche se a volte non si fa capire : ma non conta nulla, la sua scrittura è talmente anticonformista, solida, inclassificabile, al di fuori (o al di là) dei consueti canoni dei lettori (e non lettori) che la si gusta anche solo per il suono, le assonanze, le convergenze e le divergenze, il gusto esclusivo di leggere (non è obbligatorio capire o comunque essere o no d’accordo). In questa autobiografia (già nel “non autorizzata” c’è tutto l’Aldo Busi di Montichiari !) la scrittura, come sempre poco strutturata, appare intrigante e narcisistica, sferzante e crudele, dissacrante e anticonformista sempre : a Busi interessa la verità, non quella con la V maiuscola propagandata da profeti maldestri e ingannatori, ma quella che fa di ogni essere un tutt’uno integro e puro, inattaccabile da speculazioni mondane, fragile nei confronti di moralismi d’accatto, di fronte ai quali si sente straordinariamente superiore. Ed ecco la sua campagna feroce e convinta contro i nemici di sempre, vale a dire contro le religioni ed i loro capi, papi, imam o rabbini che siano, contro l’omofobia conclamata, per i cui sostenitori ( “L’omofobo è un omosessuale represso o latente o occulto socialmente pericoloso, capace dei peggiori crimini”) l’Autore si augura ogni male possibile sino all’eliminazione fisica (ma con guanti di plastica, neh !), salvo poi correggersi con un ghigno beffardo concedendo agli omofobi una tollerata sopravvivenza, contro l’ipocrisia su cui si reggono i rapporti umani e la maggior parte delle cosiddette amicizie. Aldo Busi preferisce la solitudine, una beata solitudine, ben più amata e desiderata dopo amicizie foriere solo di inganni ed incomprensioni. E ci parla di politica, dei trucchi della finanza, dei pescecani che divorano soldi e cervelli, di sesso giovanile travolgente, senza nulla sottendere, con semplicità e crudezza. E ancora non dimentica di sferzare i vizi del mondo, i ricchi senza cultura, i guerrafondai, i pacifisti a senso unico, i fascismi sempre in agguato, striscianti e mascherati. Momenti di tenerezza traspaiono nel nostalgico ricordo della sua terra contadina, dei nonni e degli zii, della mamma : la memoria è struggente, il debito che sente di avere nei loro confronti è grandissimo, e gli anni che passano non sanno cancellarlo. Non nasconde un profondo amore intellettuale per le tre donne della sua vita : spicca la relazione con una bellissima e ricchissima creola, amante della vita, dei gioielli e del lusso, moglie di un famoso imprenditore e amante del cognato, amorale e innocente, fatalista e colta. Per lei l’Autore coltiverà un profondo legame, che lo porterà ad assisterla fino agli ultimi giorni della grave malattia e della vita. Nel libro non mancano opinioni e riferimenti a celebri autori della letteratura mondiale : emerge Proust, con la sua Recherche (una tirata d’orecchie al traduttore Raboni !) ed i suoi personaggi così lontani dal normale tran tran di una vita lavorativa, beneficiari di ricchezze e beni inspiegabilmente acquisiti.
L’Autore è in viaggio per Davos, forse per motivi di lavoro. Lungo il percorso incontra alcune vacche che sollevano indolentemente il capo e lo guardano con occhi mesti e languidi, speranzose in qualcosa che attendono con ansia ma che non avviene ancora. Sarà quest’incontro il pretesto per il titolo del libro ? Oppure la frase che la mamma gli rivolgeva quando il figlio Aldo le raccontava delle sue amiche ? (“ Va che amiche ! … Troieee!!”). Un bel rebus ….
Va da sé che la mia opinione su “Vacche amiche” di Aldo Busi, a scanso di critiche, è “non autorizzata”.


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Le opere di Aldo Busi.
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