Una giovinezza inventata
Letteratura italiana
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Un fascino algido
Romanzo autobiografico di cui forse non ho colto tutta la bellezza. Un romanzo ben scritto, una donna che vorrebbe essere fuori dagli schemi ma .... Forse i romanzi autobiografici sono a doppio taglio nel senso che per apprezzarli pienamente bisogna trovarsi in sintonia e provare simpatia o attrazione per il narratore. Questo a me non è successo, anzi. Lalla mi sembra una donna fredda, sofisticata, intellettuale.Dalle sue pagine traspare un interesse soprattutto per se stessa (forse introspettivo ma anche narcisistico), mai un trasporto affettivo verso un'amica, un essere umano. Anche A. il suo innamorato dell'epoca sembra uno specchio attraverso il quale lei cerca di scoprire qualcosa di sé (il desiderio?). Di tutti gli uomini che attraversano le pagine e anche di tutte le donne non sembra amarne nessuno. Si salva solo Giovanni, l'unica persona vera tra quelle che incontra: boriosi, vanesi, mezze tacche, tutti in qualche modo adoranti. Non so, è una donna che apparentemente rifiuta le frivolezze della femminilità ma in realtà il suo approccio al mondo mi sembra freddamente superficiale. Forse scrive bene, ma la sua è una scrittura fredda, sobria. Io nei libri cerco un po' più di calore umano. Nella scrittura cerco empatia. Probabilmente se non ho questo tramite affettivo fatico a capire un romanzo. Certo, si coglie la ricercatezza linguistica e stilistica che isolate da un contenuto che faccia presa mi lasciano abbastanza indifferente.
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Riscoprire la giovinezza
" ... i personaggi sono tutti veri (...). Ma insieme si può dire che tutto è 'inventato' , nel senso che questa è la mia verità poetica (...). Del resto la verità dell'artista non è verità storica, ma la verità delle impressioni, e queste impressioni nel mio libro sono assolutamente autentiche " ( Lalla Romano ).
" Inventata " anche come colta oltre le apparenze, ad un livello più profondo.
Siamo con l'autrice più proustiana della nostra letteratura e, secondo me, forse la più grande fra gli scrittori italiani della seconda metà del '900.
Lalla Romano, in quest'opera, 'racconta' la propria formazione, come donna e come artista, nella Torino dei tardi anni '20 , dove arrivò dalla provincia (Cuneo) per gli studi universitari, dapprima ospite dello zio, il famoso matematico Peano, poi residente in un pensionato per signorine e signore sole.
Il libro è quindi autobiografico, non per il gusto di raccontare vicende personali, ma perché, secondo l'autrice, la sua vita è tutto quello che ha, è se stessa, e può esprimersi artisticamente solo "nell'eterno presente delle grandi emozioni segrete" e diventare specchio di un frammento universale.
Si tratta di un 'romanzo di formazione' di una ragazza che vuole realizzarsi fuori dagli schemi che all'epoca facilmente incasellavano una donna ; nello stesso tempo c'è un continuo disvelamento delle apparenze, per cogliere la realtà più autentica, anche se talvolta dolorosa.
Lei riponeva molta fiducia in se stessa ("nessuno avrebbe potuto aver ragione di me contro la mia volontà"). Era convinta "che le circostanze esteriori non avessero reale importanza", tanto che considerava "il fascismo soprattutto una buffonata". Ma di fronte a uno scherzo, afferma: "...non avrei mai immaginato che mi seccasse tanto: per la ragione, soprattutto, di doverlo ammettere".
Emergono poi una storia d'amore e una d'amicizia, con un finale di austera bellezza : una lezione di vita.
Lalla Romano fa propria l'idea di Joubert di "mettere un intero libro in una pagina, una pagina in una frase e quella frase in una parola". Per cui lo stile è di affascinante levatura, in armonia col contenuto, essenziale e antiretorico, come per l'Ermetismo, diretto e folgorante.