Un cuore pensante Un cuore pensante

Un cuore pensante

Letteratura italiana

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Un cuore pensante è la storia del cammino spirituale di una bambina diversa dalle altre che amava la solitudine e che si faceva molte domande; una bambina che coglieva il sacro nel dettaglio quotidiano, che sapeva sorprendersi della natura, delle sue leggi e delle sue meraviglie. Susanna Tamaro continua il percorso iniziato con Ogni angelo è tremendo offrendo ai suoi lettori un personalissimo diario dell’anima che si legge come un romanzo e che mette a nudo, come mai aveva fatto sinora, la sua spiritualità concretissima, che non sacrifica la realtà al mistero ma coglie il mistero nella realtà.



Recensione della Redazione QLibri

 
Un cuore pensante 2015-06-09 12:38:51 C.U.B.
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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    09 Giugno, 2015
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Susanna

Se in linea di massima le  biografie esaltano il percorso di una vita unendo l'evolversi dei fatti all'incedere della personalita', nell'ultimo lavoro di Susanna Tamaro troviamo prevalente la biografia di un'anima, di un carattere, di un cuore, di una mente.
In brevissimi capitoli, che mediamente si collocano in un paio di pagine, afferriamo l'individualita' di Susanna, quel suo modo di essere che fin da piccola l'ha caratterizzata e che oggi sceglie di condividere con il grande pubblico. 
Così la bambina amava pantaloni e magliette invece che le piu' consone gonnelline, preferiva giochi piu' maschili alle bambole. E poi i lunghi silenzi o i pianti ingiustificati, tratti che la unsero come soggetto anomalo e problematico . Invece la diversita' non era tanto un segno di sottrazione quanto una addizione di attributi che la rendevano piu' se stessa che mai. 
Il tempo sereno trascorso nell'oblio della contemplazione della natura, una spiccata sensibilita' che la portava a recepire come sua la sofferenza altrui: un malato, un gattino morente, una carota calpestata. 
Il racconto si dipana in riflessioni frequenti sull'evolversi di questa societa' bulimica di assenteismo, dove il sociale diviene network, dove le linee guida si chiamano media, dove i sensi sono sempre piu' otturati da auricolari e display. L'umano filtrato da uno schermo perde umanita' mentre l'omologazione affonda il secchio nel pozzo dei desideri.
 E ancora il viaggio spirituale della scrittrice in una fede che cerca il supporto dell'assoluto ovunque esso sia , nella religione come nella natura.
Bella e scorrevole la scrittura, il libro non e'un lavoro indimenticabile ma si legge velocemente e piacevolmente, a maggior ragione per chi condivide  una buona fetta del cuore pensante di Susanna. Buona lettura.

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Un cuore pensante 2015-09-23 17:27:55 ant
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ant Opinione inserita da ant    23 Settembre, 2015
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Pensieri e riflessioni

Mi ha colpito subito questa descrizione(pag 38)
...""La mitezza, la profondità dell'animo attirano le attenzioni perverse di chi quelle qualità è privo, come la calamita il ferro. Il mondo dei forti desidera sempre cancellare il sospetto che esista un modo diverso di porsi in relazione con l'altro. La gerarchia del branco è geneticamente e onnipresentemente viva""....
Interessante autobiografia della scrittrice Tamaro che mette nero su bianco quelle che sono state, e che in fondo sono, le sue digressioni interiori, i suoi stati d'animo, le sua angosce , le sue paure, i suoi pianti. Tanti i temi trattati, dalla descrizione iniziale di bambina solitaria e taciturna, con la terribile frase che una(pseudo) maestra osò dire a sua mamma "questa bimba se continua così andrà in manicomio"; si parla poi d'identità sessuale, dell'incontro con la morte e soprattutto del cammino di fede intrapreso dalla protagonista. Molto accattivante, a mio avviso, proprio quest'ultimo passaggio, con narrazioni e relazioni a riguardo del non facile percorso religioso, delle crisi e della ricerca continua di verità nonostante tutto. Voglio concludere estrapolando un passaggio dove si parla proprio di questo(pag 95)
...""anche se non so cos'è, anche se non so come la troverò, voglio andare incontro alla Verità che abbraccia e sostiene ogni cosa. Non è il mondo degli uomini che ci parla di lei, ma piuttosto il mondo dove gli uomini sono assenti-il mormorio di un bosco di conifere sfiorato dal vento, lo sguardo luminoso di un vitello appena venuto al mondo, la fragilità splendente di una farfalla, il volo di un gheppio sospeso lassù contro le nubi del cielo. La voce del mio cuore non avrebbe potuto parlarmi così profondamente se non mi avesse dato il dono dello stupore. Stupore per la bellezza, stupore per l'armonia che, comunque, vedevo- e vedo-intorno a me. E' stato sicuramente questo senso di percezione del bene e del bello a salvarmi nei momenti più oscuri della mia vita"""....
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Un cuore pensante 2015-07-27 02:39:47 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    27 Luglio, 2015
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Una tigre costretta a essere una bambola

“Un cuore pensante” sospinge Susanna Tamaro nella dolorosa, affannata ricerca di una spiritualità che la società ostacola in ogni modo.

Nella prima parte (Tentativi di volo) la scrittrice cerca nella propria infanzia la matrice di questa estenuante disamina che talvolta è motivo d’orgoglio (“Una tigre costretta a essere una bambola!”), più spesso di sofferenza. La matrice sembra essere una personalità che si manifesta prestissimo, attraverso tendenze (“Il circo mi faceva piangere”) e preferenze (“Tra i sentimenti, il mio prediletto era la gentilezza”) che segmentano la bimba dagli altri (“Passare inosservata, l’aspirazione suprema”). Secondo me, questa è la parte più interessante del romanzo-diario: in essa la confessione retrospettiva (“La forzata genitalizzazione della realtà umana ci sta spingendo verso risacche di desolata tristezza”) individua già nei giochi (“Amavo le cose neutre: pattinare, pedalare, giocare a nascondino, raccogliere sassi”) l’aspirazione all’autenticità (“Diversità, il più delle volte, non è nell’identità sessuale, ma piuttosto nella dolcezza dell’anima”), il rifiuto delle imposizioni, l’esigenza di trovare risposte emotivamente e intellettualmente appaganti (“Veniamo da un’oscurità e ci dirigiamo verso un’altra oscurità”).

Nella seconda parte (La parte non misurabile), l’insoddisfazione e il dolore si razionalizzano nei quesiti vitali (“Chi aveva creato la vita aveva anche creato la morte? E per quale ragione?”) che sembrano non trovare risposta alcuna nella religione tradizionale (“La fede è l’esatto opposto dell’oppio”), troppo radicata nei meccanismi di una società che contrappone l’individuo al creato (“L’autismo elettronico ci rinchiude tutti in invisibili scafandri…”), l’apparenza all’essenza, l’artificialità alla realtà (“Bulimia di incontri virtuali che, in realtà, non sono altro che una carestia di incontri”).

Nella terza parte (Un faro nella notte) un incontro casuale (“Mi capitò di vedere il film di Zeffirelli su san Francesco… Quel ragazzo parlava con gli animali, come facevo sempre io quando mi trovavo sola nella pace dei boschi”) imprime una svolta decisiva (“Prendo solo la vita da voi, non altro”), favorita dal fatto che la ricerca assidua e pertinace ha l’effetto di produrre spirito critico (“L’arte… diventa convulsa esibizione di un narcisismo nichilista, innamorato dei suoi fantasmi de del degrado che possono generare”) grazie al quale è forse possibile riconoscersi (“Noi siamo partecipi della natura di Dio”) nella spiritualità che attraversa il mondo: “Quando questo spirito di maternità tornerà sulla terra, potremo finalmente sollevare lo sguardo verso il cielo e accorgerci che Dio non è un re, ma un nido”.

Una ricerca apprezzabile, un risultato sicuramente da comunicare e condividere, nonostante qualche eccesso dell’ego-riferimento (“Se così non fosse stato, il grande successo mediatico, la popolarità avrebbe travolto la mia vita, trasformandola nella pietosa rappresentazione di un personaggio”), che in una confessione – ad onor del vero - è forse inevitabile…

Bruno Elpis

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