Tutto d'un fiato
Letteratura italiana
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Una vita difficile
Un romanzo autobiografico sui generis, scritto dall’autrice in forma di un’autoanalisi riferita a voce, dove attraverso continui flashback senza nessuna coordinata temporale, la Jatosti rievoca la sua vita divisa fra politica, scrittura, viaggi e l’amore per lo scrittore Luciano Bianciardi, mai nominato direttamente.
“Ecco, 28 gennaio 1973, Maria Jatosti, dilettante della penna, anzi della macchina da scrivere, da oggi è a spasso. Disoccupata. Non provo né preoccupazione né pena né sollievo. Sono soltanto davanti a un problema da affrontare, l’eterno problema: ridurre al minimo le spese, andare a vivere in una camera di pensione a trentamila massimo, vestirmi alla fiera di Senigallia, non comprare libri, giornali, dischi, cosmetici e mettermi a lavorare per conto mio.”
Senza alcun dubbio è uno strano romanzo Tutto d’un fiato di Maria Jatosti. Non esiste una trama, mancano totalmente i dialoghi, l’ordine temporale è sconvolto da continui salti in avanti e all’indietro. Eppure basta leggerne alcune pagine e vi si ritrova tutta la struttura di una classica opera narrativa, ma con quel qualcosa in più che la rende unica: il suo solido impianto autobiografico che fa di questo scritto un romanzo a tutto tondo. Un’autobiografia sui generis, però, quella composta dalla Jatosti, poiché essa è il risultato di una complessa autoanalisi del proprio vissuto, successivamente riadattata per mezzo di una elaborata scrittura, che dona al testo la sensazione di una intensa narrazione orale, fuoriuscita “tutta d’un fiato”. La vissuta, quanto a volte sofferta, cronaca di un ventennio della propria esistenza che la scrittrice indirizza, e dedica, a Marcello, il suo unico figlio fortemente voluto. Due decenni - quelli a cavallo tra gli anni ’50 e gli anni ’70 - trascorsi fra estenuanti dibattiti, lotte politiche e intellettuali, fra mortificazioni ed esaltazioni - soprattutto economiche -, fra a soggiorni all’estero che, seppur prolungati, sembravano durare un attimo, e lunghe giornate senza fine trascorse all’ombra della “Madonnina” a Milano. La cronaca di un ventennio di una giovane intellettuale comunista trascorso, ed in parte condiviso, con Luciano Bianciardi, di cui Maria Jatosti è stata la fedele compagna. Un lungo periodo temporale, quello riportato dall’autrice, nel quale il grande scrittore, pur essendo a volte il protagonista delle vicende narrate, è nominato solo tramite il pronome “lui”, quasi a proteggerne l’immane personalità. Un rapporto, il loro, piuttosto tormentato, ma intenso sia dal punto di vista intellettuale sia, soprattutto, da quello sentimentale. “Lui” e Maria lavoravano assieme a lunghe e sofferte traduzioni letterarie. Lei, quando “lui” batteva freneticamente sui tasti della macchina da scrivere, sapeva ritirarsi in disparte conoscendo la sua sofferenza nel comporre un testo. Lei si alzava presto la mattina per andare a lavorare in qualità di semplice impiegata, mentre “lui” dormiva per ritemprare il corpo e lo spirito dalle proprie fatiche creative. Ma questo è solo un aspetto della Jatosti, quello, oseremmo dire, più intimistico, poiché la sua esistenza in quel ventennio fu fortemente quanto duramente vissuta in un continuo connubio politico-intellettuale. Avvenimenti da lei a volte narrati a fil di voce, altre volte gridati a squarciagola a seconda delle vicende in cui si ritrovò protagonista fin da ragazza nella sua città natale, Roma. Una Roma periferica, quella del quartiere Garbatella, una delle zone più “rosse” dell’Urbe. Borgata popolare, nella quale trascorse la sua infanzia prima e il suo apprendistato politico poi, col nome di battaglia di “Maria della Garbatella”. Agli inizi furono solo volantinaggi e vendita porta a porta dell’Unità, poi vennero le prime riunioni di “cellule” cui Maria doveva sovrintendere. In seguito fu la volta della sua fase sindacale alla CGIL con Di Vittorio, intercalata con le sue passioni: la letteratura, la scrittura, il cinema, l’incontro fatale con “lui”, i loro primi appuntamenti clandestini. Poi la Jatosti decise, a metà degli anni ’50, di tentare la fortuna a Milano. Tutto ciò, ed altro ancora, è da lei raccontato per mezzo di una scrittura diretta e coinvolgente, in un concatenarsi di rievocazioni che a volte si accavallano con altri eventi, presentati dalla scrittrice senza un’apparente continuità, come se fossero da lei narrati Tutto d’un fiato.